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Si scrive Zan ma si legge Quirinale? Le mosse di Renzi nella bussola di Ocone

Che l’asse fra i due Matteo sul ddl Zan preluda a qualcosa di ulteriore, in particolare a una alleanza forte fra i due per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica? Che Renzi voglia essere anche questa volta, seppure non in una condizione non favorevole come la precedente, il primo King player del Capo dello Stato? La bussola di Corrado Ocone

Strano destino quello di Matteo Renzi: è stato forse il principale deus ex machina nella nascita degli ultimi due governi, ma si trova praticamente a non poter giocare palla in questo attuale. In verità, nel secondo governo di Giuseppe Conte, forte del suo gruppetto parlamentare (che alla prova dei fatti si è mostrato sempre coeso), Renzi ha costituito una spina nel fianco della maggioranza. Oggi, invece, allargatasi la stessa con l’esecutivo guidato da Mario Draghi, quel ruolo è venuto meno: i voti di Italia Viva sono in genere ininfluenti sui provvedimenti patrocinati dal presidente del Consiglio.

Il fatto è che però l’insistenza del Pd e delle altre forze di sinistra sul ddl Zan, accentuatasi dopo l’intervento diplomatico della Santa Sede presso il governo italiano, il quale si è richiamato alla laicità dello Stato e si è affidato al Parlamento; quella insistenza, dicevo, ha dato un’accelerazione all’iter di una legge altamente simbolica che era ferma in Parlamento. Ciò ha posto le condizioni perché una dinamica del tipo di quella che aveva favorito precedentemente Italia Viva, aumentandone la forza contrattuale, si ricreasse anche ora. E Renzi ne ha approfittato alla grande.

In verità, nel caso del ddl Zan, non era facile farlo, essendo la battaglia sui diritti fortemente caratterizzante il suo partito. Ma, con un abile gioco dialettico, il senatore toscano si è presentato nelle vesti del mediatore teso ad evitare che il previsto voto al Senato, ove i rapporti di forza fra favorevoli e contrari sono quasi in equilibrio, possa riservare sorprese qualora si tengano fermi alcuni articoli che la destra contesta (in particolare quelli sulla libertà di espressione: l’1, il 4 e il 7). In sostanza, Renzi dice di parlare alla sua parte politica, ricordandole che il meglio è il nemico del bene e che forse quel bene col negoziato può essere raggiunto facilmente.

In verità, quel che sembra è che anche questa volta egli, machiavellico maestro di politica, abbia colto al volo un’occasione, segnando a proprio favore un importante punto politico. Anzi, due. Non solo si è differenziato dalla rigida posizione del Pd (“o così o niente”, “proposte irricevibili”, ecc. ecc.), mettendo in difficoltà ancora una volta Enrico Letta, che in qualche misura se l’è cercata, ma ha anche ridato una centralità al suo partito facendo fiorire nei corridoi romani più o meno fantasiose illazioni. Soprattutto dopo che la destra di governo, in primis Salvini, si è mostrata disponibile a trattare.

Che l’asse fra i due Matteo preluda a qualcosa di ulteriore, in particolare a una alleanza forte fra i due per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica? Che Renzi voglia essere anche questa volta, seppure non in una condizione non favorevole come la precedente, il primo King player del Capo dello Stato, conoscendo l’uomo non è dato dubitarlo. Che i giochi siano ormai iniziati, anche e soprattutto sotto traccia, è ugualmente assodato.

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