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La nuova economia dell’Europa post Covid. Le conclusioni di Villa Mondragone

Termina la trentaduesima edizione della Conferenza Internazionale di Villa Mondragone, intitolata quest’anno “Lessons from Covid-19. A stronger EU: Staying together in a new policy space”. Nella cornice della Farnesina, il professor Paganetto e gli altri accademici e rappresentanti delle istituzioni che hanno preso parte ai lavori tirano le somme della tre giorni a tema economico

Al Ministero degli Esteri si tirano le somme della Conferenza Internazionale di Villa Mondragone, evento sull’economia arrivato alla trentaduesima edizione e che quest’anno si è concentrato su un tema di strettissima attualità quale è il futuro strategico dell’Europa dopo lo shock economico del Covid-19. Lessons from Covid-19. A stronger EU: Staying together in a new policy space è il titolo della tre giorni, che ha visto la sua conclusione con un’ultima sessione di dibattito nella Sala delle Conferenze Internazionali della Farnesina.

Ad aprire il panel è stato il direttore generale per i Paesi dell’Europa presso il Ministero degli Affari Esteri Vincenzo Celeste, che ha fin da subito sottolineato come il Next Generation Eu – al centro delle questioni affrontate da Villa Mondragone – voglia essere una risposta espansiva ad una crisi straordinaria per colmare le debolezze strutturali di alcuni Stati membri. “Abbiamo una responsabilità nei confronti delle prossime generazioni e dei contribuenti” ha detto Celeste. “Il piano dovrebbe portare a una crescita tra l’1,5 e il 2,5% del Pil e alla creazione di 240mila posti di lavoro entro il 2026, considerando solo la componente investimenti; calcolando anche l’impatto delle riforme la crescita stimata del Pil è di addirittura 17 punti percentuali. Siamo di fronte a un primo grande tentativo di avviare una politica economica europea tarata sulle esigenze degli Stati membri, un aspetto fondamentale perché conferma la necessità di dotare l’Ue di uno strumento comune e permanente di investimento, di natura sovranazionale”.

Ha poi raccolto il testimone il presidente della Fondazione Economia Tor Vergata Luigi Paganetto, che dopo aver ribadito i temi cari alla Conferenza ha lasciato la parola al presidente di Villa Mondragone Development Association Pasquale Lucio Scandizzo per entrare nel dettaglio delle riflessioni finali della tre giorni. Il professor Scandizzo ha riportato alcuni dei punti cruciali della discussione, come la volontà di progettare un safe european asset attraverso la creazione di eurobond su base sistemica che assicurino la stabilità dell’euro – sostenuto però da un sistema di regole da integrare con una riscrittura del patto di stabilità – o come lo sviluppo economico in ottica sostenibilità, mettendo in guardia da processi globali spesso lasciati troppo in balia del meccanismo di mercato e che, in assenza di strumenti di governance adeguati, rischiano di naufragare.

In collegamento via Zoom è poi intervenuto il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, che ha fatto prima di tutto riferimento ad una anemia generale dell’Ue che ha portato a un ampliamento delle disuguaglianze, con particolare riguardo alla povertà educativa: “Se non si pone al centro di questa fase la capacità di adeguare le risorse umane alla sfida che abbiamo di fronte non potremo mai vincerla. Da una parte bisogna gestire politiche macro monetarie, finanziare e fiscali senza farsi prendere dall’ansia per il livello del debito, dall’altra svolgere politiche reali per delineare un contesto diverso di sviluppo”.

Questo adeguamento del capitale umano va portato avanti con azioni di riforma quotidiane e in ottica europea, guardando però al contempo anche ad attori globali diversi da quelli con cui siamo abituati a interagire: “Non possiamo accontentarci di essere schiacciati tra una sempre più ampia e arrogante presenza cinese e un ritorno non sempre spiegato di introflessione americana. Dobbiamo guardare con lucidità all’Africa, all’America Latina, ai paesi arabi e al sudest asiatico, compresi i nostri rapporti con la Russia. Trovare un ruolo in questo senso all’Europa serve a uscire da questa dimensione anemica in cui ci troviamo”.

Sempre da remoto è arrivato anche il contributo dell’economista Jean-Paul Fitoussi, che ha messo l’accento sul fatto che l’Europa ha messo negli ultimi anni al centro delle preoccupazioni il debito pubblico e la competitività, accantonando la crescita, l’occupazione e soprattutto il benessere della popolazione. La pandemia, però, ha ora imposto allo Stato di assumersi le sue responsabilità senza nascondersi dietro al debito pubblico, dimenticando competitività e concorrenza dei salari: secondo Fitoussi “serve un nuovo policy mix che metta come primo strumento la politica fiscale, un’espansione fiscale per far ripartire l’economia”. Bisogna riformare in maniera corretta, ad esempio dando allo Stato la missione di datore di lavoro di ultima istanza; piuttosto che avere un sistema di assistenzialismo, per Fitoussi serve un meccanismo che stabilizzi automaticamente in maniera molto più forte il mondo del lavoro.

Adolfo Urso è poi intervenuto in veste di presidente della Fondazione Farefuturo, mettendo in guardia contro il ruolo che la Cina vuole rivestire nell’economia mondiale: é fondamentale sapere chi sono gli alleati, con cui condividiamo valori e difendiamo stessi diritti, e chi sono i partner, con economie e sistemi di valori magari diversi. Xi Jinping ci ha detto chiaramente che i nostri valori non appartengono alla Cina e le scelte commerciali che stanno intraprendendo sono in questa direzione”. Urso ha evidenziato come il Dipartimento di Stato americano ha incluso nella sicurezza nazionale settori che apparentemente non vi hanno a che fare: chip e semiconduttori, batterie elettriche, risorse e materie prime e filiera farmaceutica. Su queste aree l’Italia può svolgere un ruolo di leadership, escludendo il campo delle materie prime in cui però il problema non è solo nostro ma condiviso, perché la Cina ha un piano di sottomissione globale.

Per parlare più nel dettaglio di infrastrutture energetiche ha dato un contributo anche l’amministratore delegato di Snam Marco Alverà, che ha riportato come il mondo investa tre trilioni l’anno in energia di cui uno in rinnovabili e per arrivare a zero emissioni bisogna investirne cinque solo in rinnovabili. In questa transizione verso elettrico e idrogeno l’Italia è messa molto bene, soprattutto per i vantaggi geografici di cui gode, e vi sono eccellenze mondiali che stanno sperimentando insieme. Altro fattore che favorirà il processo, secondo Alverà, è il fatto che presto il prezzo dell’idrogeno diminuirà fino ad arrivare al dollaro al chilo – al pari del carbone – permettendo a tutti di avviarsi verso la transizione energetica. Fa riferimento al tema green anche Domenico Fanizza, membro dell’executive board del Fondo Monetario Internazionale, secondo cui senza una tassazione sulle emissioni di CO2 non abbiamo speranze: “Serve una roadmap che arrivi ai 75 dollari per tonnellata di emissioni, a fronte di una media mondiale di 3 dollari. Questa azione non si può rimandare, i numeri sono evidenti”.

Sul versante istituzionale, il sottosegretario agli Affari Esteri Manlio Di Stefano ha ricordato come il Consiglio Ecofin previsto per la prossima settimana discuterà dodici dei ventiquattro piani nazionali di ripresa finora presentati, tra cui quello italiano, confidando in una rapida approvazione per disporre subito del prefinanziamento di 24,9 miliardi di euro previsto. La Farnesina, ha sottolineato Di Stefano, ha lavorato al progetto gestito da Simest che prevede il
finanziamento di progetti per l’internazionalizzazione delle imprese italiane con specifico focus su innovazione, digitalizzazione e sostenibilità, punti chiave del Next Generation Eu, ricordando come questa pianificazione valga 1,2 miliardi di euro sul Pnrr e investa più di 4.000 aziende. La spinta per la ripresa arriverà dalle strategie di investimento messe in atto da soggetti pubblici e privati, con le stime che parlano di un valore complessivo che supererà l’8,4% del PIL. Le risultanti fondamentali di questa azione europea, conclude Di Stefano, sono tre: l’Ue è molto più della sommatoria delle 27 politiche nazionali; bisogna mettere a sistema i beni nazionali degli Stati membri per aiutare le imprese; serve uno strumento permanente di bilancio per far fronte alla trasformazione green e digitale.

Diversi gli accademici che si sono alternati negli interventi in questa mattinata conclusiva, dal fondatore e docente della Link Campus University Vincenzo Scotti al prorettore alle Relazioni Internazionali dell’Università di Firenze Giorgia Giovannetti, oltre che alla docente LUISS Gloria Bartoli e al professor Beniamino Quintieri dell’Università di Tor Vergata. Tutti quanti hanno portato al tavolo le loro visioni e conclusioni sul dibattito svoltosi tra il 5 e il 7 luglio durante la Conferenza, arricchendo ulteriormente i contenuti già presenti sul tavolo. Al professor Paganetto affidate le conclusioni del panel: “La priorità che prima di tutto occorre soddisfare è la decisione sulle risorse necessarie per sconfiggere la pandemia fuori dei confini Ue. I modelli quantitativi e le stime disponibili non lasciano dubbi sulla sua importanza, anche per gli effetti che la pandemia ha prodotto sulle catene globali del valore, che continuano a essere centrali per lo sviluppo”.

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