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Pentagono is back (in Europa). Così Austin rilancia i rapporti bilaterali

In poco più di due settimane il capo del Pentagono Lloyd Austin ha ricevuto i ministri della Difesa di Germania, Francia e Uk. È il rilancio dei rapporti con gli alleati europei che aveva promesso sin dall’insediamento, sfruttando i contesti multilaterali (Nato in primis) e i canali bilaterali. Con Parly e Wallace è arrivata anche la firma su due documenti per potenziare la collaborazione. E il prossimo atteso a Washington è Lorenzo Guerini…

“I rapporti con alleati e partner sono l’arma più forte a disposizione degli Stati Uniti”. Lo aveva detto il generale Lloyd Austin assumendo l’incarico di segretario alla Difesa nell’amministrazione di Joe Biden. Lo ha dimostrato a marzo, col primo viaggio all’estero per serrare i ranghi nell’Indo-Pacifico per il confronto con la Cina, e poi ad aprile col primo viaggio in Europa. Ora sta proseguendo nell’azione di consolidamento dei rapporti bilaterali. In poco più di due settimane, al Pentagono sono arrivati Annegret Kramp-Karrenbauer, Florence Parly Ben Wallace, ministri della Difesa di Germania, Francia e Regno Unito. Il prossimo, a quanto apprende Formiche.net, sarà Lorenzo Guerini. La linea è quella di Biden, “America is back”, con il rilancio dell’azione diplomatica al cui servizio si è messa la postura militare guidata da Austin.

LA SPECIAL RELATIONSHIP CON IL REGNO UNITO

L’ultimo arrivato al Pentagono è stato il britannico Wallace, ricevuto lunedì da Austin. I due si erano già incontrati faccia-a-faccia ad aprile, a poche settimane dalla presentazione da parte del governo di Londra della Global Britain e della “Defense in a competitive age”. La convergenza con la postura americana è evidente. Nel documento in questione il Regno Unito ha rilanciato la partnership strategica con gli Stati Uniti, condividendo le preoccupazioni per la Russia e il focus sull’Indo-pacifico, lì dove Washington sta chiedendo agli alleati supporto nel contenimento dell’ascesa cinese. Il tutto è stato confermato lunedì al Pentagono, condito alla riaffermazione dalla “special relationship” e dall’estensione di un anno dello “US-UK statement of intent regarding enhanced cooperation on carrier operations and maritime power projection”. Siglata nel 2012, l’intesa ora ha valore fino al 2023.

LA PROVA IN MARE

Lo “statement of intent” ha l’obiettivo di rafforzare la cooperazione tra le forze navali americane e britanniche, in particolare sulla proiezione di forza e sulle portaerei. Riguarda sia la collaborazione a livello militare (e dunque esercitazioni e addestramento congiunto) sia il livello organizzativo, per cui si prevede una convergenza nelle politiche di procurement in campo navale (con tanto di ufficio congiunto per valutare le acquisizioni). Un esempio di tale cooperazione si sta dirigendo verso l’Indo-Pacifico dopo intense attività nel Mediterraneo. È il Carrier Strike Group della Royal Navy guidato dalla portaerei HMS Queen Elizabeth, scortata anche da unità navali statunitensi e con a bordo pure gli F-35B dei Marines. Il tema interessa evidentemente anche l’Italia, che con il Giappone completa il gruppo dei soli quattro i Paesi al mondo destinati a esprimere una capacità portaerei con velivoli da combattimento di quinta generazione. Ciò alimenta le prospettive di sinergie a livello operativo e logistico, già al centro dei contatti tra le Marine coinvolte.

LO SGUARDO AL SAHEL (CON LA FRANCIA)

Sul tema il dialogo con la Francia è da sempre più limitato, ma ciò non esclude il più generale rilancio dei rapporti bilaterali. La scorsa settimana al Pentagono è arrivata Florence Parly, sorridente nel siglare la “US-France Roadmap for increased cooperation in the area of special operations” e nel far visita insieme al collega americano allo US Cyber Command di Fort Meade, impegnato in un dominio su cui anche la Francia si sta spendendo molto. La prima tabella di marcia intende verificare aree in cui è possibile “aumentare il coordinamento e la cooperazione” tra operazioni di forze speciali. L’area di interesse geografico dichiarata è “Sahel e Medio Oriente”, dove Francia e Stati Uniti vantano “una partnership di lunga durata – ha detto Austin – basata su interessi strategici condivisi, su una comune comprensione dell’importanza della diplomazia e su un potente interesse a preservare un ordine internazionale basate su regole”. Parigi ha già dichiarato l’intenzione di chiudere in Sahel l’operazione nazionale Barkhane, dopo anni di richieste agli alleati di maggiore supporto nel Sahel. La risposta è arrivata con la task force Takuba (a cui l’Italia sta per autorizzare un dispiegamento massimo di 250 unità nel 2021), proprio dedicata a operazioni di forze speciale. Austin ha promesso il “supporto degli Stati Uniti” all’impegno francese nella regione. In cambio Parigi sembra aver offerto sponda per l’attenzione all’Indo-Pacifico. “La Francia – ha detto il capo del Pentagono – è un partner ideale per gli Usa nell’area”.

IL RAPPORTO CON BERLINO

Prima di Wallace e Parly, lo scorso 30 giugno aveva fatto visita ufficiale al Pentagono Annegret Kramp-Karrenbauer, ricambiando la visita di aprile di Austin a Berlino. Al centro dei colloqui i rapporti in ambito Nato (a partire dall’Afghanistan) e quelli bilaterali, dall’interoperabilità alle questioni industriali, rese complesse dai quattro anni di Donald Trump. I segnali del rilancio dei rapporti tra Berlino e Washington sono già consistenti, visto l’annuncio di gennaio sull’aumento delle truppe americane in Germania (rispetto al precedente piano di ritiro americano) e il più recente acquisto di cinque P-8 Poseidon di Boeing, non senza l’insoddisfazione francese.

IN ATTESA DI GUERINI

Il prossimo ad arrivare a Washington sarà dunque il ministro italiano Lorenzo Guerini. Dopo Blinken-Di Maio, il colloquio telefonico di gennaio tra Austin e Guerini era stato il secondo contatto ufficiale tra l’amministrazione Biden e il governo italiano. “Dialogo grandioso con il mio omologo italiano”, spiegava allora il segretario americano, ringraziando l’Italia “per il suo ruolo di leadership nelle operazioni di sicurezza in tutto il mondo, per ospitare le forze Usa, un Paese chiave per la sicurezza collettiva della Nato”. Con il passaggio al governo targato Mario Draghi e l’immediata conferma della postura transatlantica dell’Italia si è agevolato il rilancio dei rapporti bilaterali, confermato al G7 in Cornovaglia nel bilaterale con Joe Biden. In questa relazione (che quest’anno festeggia 160 anni) la Difesa assume un ruolo centrale, tra missioni comuni e rapporti industriali, tutti in via di consolidamento.

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