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Renzi scrive libri ma pensa al Quirinale. La bussola di Ocone

La prossima elezione del Presidente della Repubblica è un bottino troppo grosso per pensare che il nostro non ci provi. E che le manovre siano già iniziate, lo si sta vedendo in questi giorni. La rubrica di Corrado Ocone

I maggiori quotidiani nazionali si sono oggi opportunamente divise le anticipazioni dell’ultimo libro di Matteo Renzi. Quella dei libri dei leader più in vista del mondo politico è una consuetudine non solo italiana. Generalmente questi volumi, opportunamente confezionati da gost-writer e consiliori vari, aggiungono poco a quanto già si sapeva sul personaggio. E anche i cosiddetti “retroscena” annunciati il più delle volte o non sono tali o sono relativi ad aspetti minori delle vicende che lo hanno avuto come protagonista.

Probabilmente anche Controcorrente (Piemme) non si discosterà dagli altri simili, ma, per il fatto stesso, di catturare un po’ l’attenzione dei media, contribuirà a tener salda l’immagine pubblica del politico-autore. In verità, Renzi, tutto sommato, non ne avrebbe bisogno. Anche alla testa di un piccolo partito nato da una scissione e senza grosse prospettive elettorali come Italia Viva, egli è riuscito a porsi in un ruolo centrale in questa legislatura contribuendo in modo determinante alla nascita degli ultimi due governi. Nei palazzi della politica nessuno forse sa muoversi bene come lui, unendo alla spregiudicatezza dell’azione la razionalità del ragionamento. Certo, il governo Draghi, da lui fortemente voluto per disarcionare il nemico Conte, con la sua maggioranza allargata ha ridotto di molto sulla carta gli spazi di manovra del fiorentino. Non può certo più giocare il ruolo di interdizione che aveva nel passato governo, alla testa della sua piccola truppa. Qualcuno ogni tanto preconizza persino il suo ritiro a dorata vita di conferenziere in giro per il mondo. Ma, in verità, siamo sicuri che così non sarà e che, anche dalla sua nuova posizione, il “senatore semplice di Rignano”, come viene chiamato, saprà inventarsi qualcosa.

D’altronde, la prossima elezione del Presidente della Repubblica è un bottino troppo grosso per pensare che il nostro non ci provi. E che le manovre siano già iniziate, lo si sta vedendo in questi giorni. Poi, detto fra parentesi, il fatto di trovarsi come competitor a sinistra quell’Enrico Letta che cova risentimenti e voglia di rivincita personale nei suoi confronti lo stimolerà sicuramente ancora di più. Anche perché l’altro gioca sul terreno della fermezza e dei no (no a modifiche al ddl Zan, no ad aprire un dialogo con la Lega….), mente il nostro non ha timore di sconfessarsi e di “contaminarsi” con gli altri, con chiunque possa dargli una mano a vincere le sue battaglie.

Le prove generali sono iniziate in questi giorni, ma, ripeto, la posta più grossa è quella di là da venire. L’ “alleanza”, o almeno il dialogo, con Matteo Salvini è nei fatti, ovvero nei numeri come ha detto lui stesso. Conviene ad entrambi, è una convergenza di interessi. I due si annuseranno per un certo periodo. Poi gireranno nomi, si metteranno in campo strategie, si giungerà ad accordi. E fa niente che i due si odiavano in precedenza: in politica non si può mai dire mai, come lo stesso Pd ha dovuto tante volte sperimentare, e, soprattutto, la legge fondamentale è sempre che “il nemico del mio nemico è mio amico”. E, per diversi motivi, il Pd di Letta è il nemico di entrambi.

Sicuramente, per eterogenesi dei fini, come quasi sempre è stato in questi casi, ne verrà fuori una buona soluzione per il Paese. Il fatto è che però Salvini dovrebbe aver sempre presente ciò che successe la volta scorsa al malcapitato Berlusconi: sicuro di un accordo con Renzi sul nome di Amato, si trovò con “colpo di scena finale” del nostro Mattarella al Quirinale. Certo, erano altri contesti. E soprattutto altra era la forza politica ed elettorale di Renzi. Ma prima di fidarsi di chi è abituato a giocare su più tavoli, bisognerebbe prendere serie precauzioni che evitino ai malcapitati impensate (e per loro nocive) “mosse del cavallo” (che era il titolo di una precedente fatica editoriale renziana).

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