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Scienza e potere. Il (vero) rebus per la Cina di Xi

Di Valeria Garbui

Xi sta tentando di instaurare un circolo in cui il settore scientifico-tecnologico viene utilizzato come una piattaforma per rilanciare un sistema politico nazionalista militare e come uno strumento per dare legittimità al Partito comunista cinese. La lezione della professoressa Stéphanie Balme (Sciences Po) alla TOChina School

Negli ultimi anni l’evoluzione tecnologica cinese è stata considerata un “miracolo” dalle società occidentali, che non credevano possibile che uno stato comunista e autoritario come la Cina potesse raggiungere un livello di sviluppo così elevato in un arco di tempo così breve. Durant una lecture della TOChina Summer School sul ruolo di scienza-tecnologia-innovazione (STI) nei processi politici di party/state-building in China, Stéphanie Balme, decana del Sciences Po University College e professoressa presso la Paris School of International Affairs, ha spiegato come “l’attenzione che oggi la Cina pone su scienza e tecnologia non solo era prevedibile, ma anche inevitabile”.

Nonostante la Cina non rientri tra i grandi innovatori del diciannovesimo secolo, la prima metà del Novecento, e specialmente l’Era repubblicana (1911-1949), dice la professoressa, è stato il periodo più vivace per la scienza cinese. In quegli anni, consapevoli del declino dello Stato imperiale, i giovani intellettuali cinesi cominciarono a considerare lo sviluppo delle scienze liberali come la chiave per la modernità e la “salvezza nazionale”, e come base per uno Stato democratico. Il dibattito ruotava attorno alla filosofia da adottare in merito: se un approccio confuciano, più olistico ed etico, o uno marxista-utilitarista.

Come ricorda Balme, le scienze sono connesse alla storia e socialità umana. La storia insegna. L’Era maoista (1949-1976) ha adottato una visione utilitarista della scienza, che è stata a sua volta altamente politicizzata e posta sotto il totale controllo dello Stato. Durante la Rivoluzione culturale il settore scientifico è stato completamente messo da parte, ad eccezione della scienza militare, che ha continuato a portare avanti programmi nucleari e spaziali.

Le cose sono cambiate con l’ascesa di Deng Xiaoping nel 1978 alla guida di uno Stato fragile e caotico. Deng, prosegue l’esperta, nato nel 1904, quindi un testimone diretto dell’Era Repubblica e dell’età dell’oro della ricerca scientifica cinese. Anche per questo ha messo a punto una strategia chiara e coerente atta a instaurare un “ecosistema scientifico e tecnologico” (tutt’ora in essere) che portasse allo sviluppo economico della Cina.

Grazie alle sue “Quattro modernizzazioni”, dagli anni Ottanta la scienza è diventata “uno dei motori dello sviluppo economico cinese”, in cui l’approccio militare-industriale sta gradualmente decadendo a favore di un “tecno-nazionalismo”. Nello specifico, Balme cita due delle iniziative della presidenza Deng che mostrano chiaramente che ciò che sta succedendo oggi non è un “miracolo tecnologico cinese”, bensì uno “sviluppo pianificato”.

La prima tappa è stato il “Piano nazionale per lo sviluppo scientifico e tecnologico 1978-1985”, con lo scopo di espandere la portata della ricerca scientifica. La seconda il “Programma 863” (1986), ispirato dal Piano di difesa strategica statunitense del 1983 (conosciuto anche come “Programma Star Wars” del presidente Reagan), che, basato su IT e tecnologie della comunicazione, punta a introdurre la Cina alla cooperazione e competizione internazionale.

La prima decade del ventunesimo secolo ha visto la continuazione di questa tendenza. Sono inoltre stati introdotti due programmi di supporto alle due maggiori università del Paese, la Peking University e la Tsinghua University, e un sistema di ranking interno, che hanno contribuito a rendere elitaria l’educazione superiore e a standardizzare il percorso che la Cina deve intraprendere per diventare una potenza scientifica.

Oggi Xi Jinping sta attuando una strategia di sviluppo fondato sull’innovazione per trasformare la Cina nella prima potenza globale entro il 2050. Balme suggerisce che quest’ambizione viene perseguita in due modi. Da una parte, Pechino starebbe cercando di conformarsi agli standard dell’Occidente in questioni come trasformazione digitale, proprietà intellettuale e tecnologie rinnovabili.

Dall’altra, sembra che Xi stia tentando di instaurare un circolo in cui il settore scientifico-tecnologico viene utilizzato come una piattaforma per rilanciare un sistema politico nazionalista militare e come uno strumento per dare legittimità al Partito comunista cinese nell’ambiente internazionale. Secondo Balme alcune delle iniziative cinesi più recenti, come Made in China 2025, che include 5G e intelligenza artificiale, e lo spostamento del focus industriale dal manifatturiero a ricerca e sviluppo, sarebbero da leggere in questo contesto.

Balme sostiene che ci sono diversi fattori da tenere in considerazione nell’analisi dello sviluppo tecnologico cinese. Innanzitutto, bisogna ricordare che “la Cina è il Paese dalla crescita più rapida tra i leader dell’innovazione globale (il Global Innovation Index l’ha inserita al quattordicesimo posto nel 2020) ed è considerata un capofila internazionale per quanto riguarda innovazione, integrazione e applicazione di seconda generazione”. La Cina sta anche cambiando la geografia dell’innovazione, sia domestica che internazionale. Infatti, se da un lato la Cina sta moltiplicando il centro gravitazionale dell’innovazione del paese con l’emergere di poli regionali e provinciali in aggiunta ai fulcri storici di Pechino, Shanghai e Shenzhen, dall’altro sta espandendo la propria influenza attraverso aziende multinazionali con componenti etniche transnazionali e attraverso programmi di training internazionali.

In che modo, dunque, affrontare le diverse sfide, e opportunità, che il settore scientifico e tecnologico cinese presenta al momdo? Rimane da vedere se lo sviluppo scientifico e tecnologico continuerà ad avvantaggiare il sistema politico rigidamente autoritario cinese, nel quale la scienza segue l’approccio imposto dal vertice, o se questa diventerà una minaccia per il sistema stesso, ragiona la professoressa.

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