I dati dal mondo reale mostrano che la variante delta “buca” anche alcuni vaccinati, ma non ne aggrava le condizioni. Nel mentre, Pfizer progetta la terza dose
La variante delta del coronavirus è destinata a diventare dominante, dicono gli esperti. Venerdì l’Istituto Superiore di Sanità ha segnalato un aumento della diffusione di questa mutazione del coronavirus, originariamente identificata in India, accompagnata dalla lieve risalita dell’indice Rt nazionale a 0,66. Certo, in Italia non c’è motivo di allarmismo eccessivo, a giudicare dai tassi di ospedalizzazione e mortalità di quei Paesi in cui delta è già dominante, ma i vaccinati sono tanti.
Ciò detto, la guardia deve rimanere alta. Saltano all’occhio i dati dal mondo reale, come quelli di Israele, dove si sta registrando un’impennata di contagi a fronte del diffondersi della variante delta anche tra i vaccinati. Secondo uno studio del governo israeliano, l’efficacia del vaccino Pfizer/BioNTech (ossia la metrica che registra la protezione contro il contagio, e non la gravità del decorso del Covid) si riduce al 64%. Altrove i dati sono migliori: in uno studio scozzese di giugno quel numero è 79%. Un altro studio canadese, pubblicato sabato scorso, stima l’89%.
Insomma, la delta “buca” la protezione dei vaccinati Pfizer un po’ di più della variante originaria, ma non ne aggrava i sintomi (che solitamente sono trascurabili). Il rischio, però, è che se si lascia che il virus corra l’evoluzione potrebbe presentarci il conto, ossia nuove varianti di fronte alle quali i vaccini sono meno efficaci.
Anche una sola dose di Pfizer o AstraZeneca offre una protezione molto ridotta rispetto a delta, secondo uno studio apparso giovedì su Nature. Mary Daly, a capo della Federal Reserve Bank di San Francisco, ha detto al Financial Times che la combinazione di delta e la vaccinazione a rilento in alcune parti del mondo mettono a rischio la ripresa globale.
Per quanto riguarda gli altri vaccini, la mancanza di dati dal mondo reale non permette di stabilire se ci sia una variazione di efficacia, perciò le case produttrici si affidano a dati sperimentali per una stima. Moderna riporta una riduzione ma descrive i risultati come “incoraggianti”. Johnson & Johnson ha dichiarato che il proprio vaccino monodose offre “protezione duratura” contro la malattia.
Intanto c’è chi mette le mani avanti. Il gigante farmaceutico Pfizer sta già sviluppando un richiamo ulteriore del vaccino, o terza dose che dir si voglia, opportunamente rimaneggiato per aumentare l’efficacia della risposta immunitaria contro delta. Axios riporta che ad agosto la compagnia chiederà l’approvazione di emergenza negli Stati Uniti, dove delta è dominante.
Il Center for Disease Control and Prevention, l’autorità epidemiologica americana, ha controbattuto giovedì sera asserendo che chi è già completamente vaccinato non ha bisogno di una terza dose, “per ora”, ma ha anche dichiarato di essere preparata ad autorizzare il “booster” qualora la scienza ne dimostrasse la necessità. Per ora, la linea da adottare è chiara: calma e gesso e avanti con la vaccinazione, che rimane uno strumento efficacissimo per prevenire ospedalizzazioni e casi fatali.