Il resoconto dell’evento “Un futuro senza fumo. Buone pratiche per una corretta comunicazione”, organizzato da Formiche e Philip Morris Italia per stimolare il confronto tra i diversi attori presenti nel mondo del tabacco e nella comunità medica in merito alla necessità di informare sui prodotti senza combustione e di dotarsi di un codice di autoregolamentazione
Ricercatori, esponenti della comunità medico-scientifica, associazioni di categoria, rappresentanti delle istituzioni e soggetti della filiera distributiva dei prodotti senza combustione intorno allo stesso tavolo per elaborare un codice di autoregolamentazione del settore. È di questo che si è parlato nel dibattito “Un futuro senza fumo. Buone pratiche per una corretta comunicazione”, organizzato da Formiche e Philip Morris Italia in modalità figital presso la sede romana di Associazione Civita e moderato da Andrea Picardi.
Il ricco panel è stato aperto dall’intervento del vicedirettore di Eurispes Alberto Baldazzi, che ribadito come l’obiettivo dell’istituto di ricerca sia quello di una maggiore valorizzazione della riduzione del rischio nelle politiche della sanità pubblica. Nell’ambito del tabagismo, dice Baldazzi, le alternative alla sigaretta tradizionale sono uno strumento importante laddove l’offerta sociosanitaria dei centri antifumo in Italia è insufficiente, soprattutto considerando come altri paesi europei considerino la riduzione del rischio un alleato efficace. Sul punto è intervenuta anche Raffaella Saso, anche lei vicedirettore di Eurispes, parlando di una chiusura da parte dei soggetti istituzionali nonostante un servizio pubblico che offre strumenti inefficaci: solo 10.000 fumatori l’anno vengono assistiti dai centri antifumo, con gli operatori di queste realtà che riferiscono di un 50-75% come quota di recidive degli assistiti. L’unico presidio pubblico per il fumatore che vuole smettere ottiene quindi scarsi risultati e un codice di autoregolamentazione, dice Saso, è fondamentale per non arrendersi a questa realtà e dare regole ai prodotti che possono essere un’alternativa per chi non riesce a smettere di fumare.
A prendere la parola è stato poi Giovanni Risso, presidente della Federazione Italiana Tabaccai, che ha ricordato che i consumatori guardano con interesse ai prodotti a tabacco riscaldato e simili, i quali però vanno trattati con la dovuta attenzione. “Noi siamo pronti a fare la nostra parte”, dice Risso, “e abbiamo sostenuto un codice di autoregolamentazione, un primo passo importante con un focus particolare verso i giovani per cui dobbiamo essere presidio di sicurezza”. Il presidente di Anafe Confindustria Umberto Roccatti ha continuato sottolineando ancora come i prodotti senza combustione debbano costituire una riduzione del rischio per chi fuma già sigarette tradizionali e non un incentivo al tabagismo per chi è giovane o non fuma affatto. Il mercato è molto frammentato e serve una regolamentazione, dice Roccatti, ma è necessario che l’industria riesca a comunicare ed informare, per sostituirsi a un sistema sanitario che non sposa il concetto di rischio ridotto sulla base di un eccessivo principio di precauzione. Anche Barbara Toxiri, direttore delle politiche sindacali della Federazione Italiana Tabaccai, concorda sul bisogno di una disciplina del settore, ricordando anche come la rete di negozianti possa essere un efficace veicolo di informazione.
Il dibattito è proseguito con l’intervento del direttore della testata scientifica MOHRE Johann Rossi Mason, che ha messo l’accento sul concetto della prevenzione parziale: il 60% di chi ha avuto un evento cardiovascolare acuto o un tumore non ha intenzione di smettere di fumare e la politica non può ignorare queste persone bisognose di aiuto. Il codice di autoregolamentazione è un passo importante, prosegue Rossi Mason, con l’unica perplessità costituita dal voler mettere sotto un unico cappello tutti i prodotti; un passaggio, quest’ultimo, su cui è poi intervenuta anche la consulente di Adiconsum Laura Galli, definendo la soluzione in questione accettabile in una fase in cui bisogna responsabilizzare tutta la filiera, a prescindere dal tipo di prodotto.
Il primario di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Regina Elena di Roma, Francesco Cognetti, ha poi preso la parola per ribadire l’importanza pratica della comunicazione per quanto riguarda i prodotti senza combustione: “Bisogna essere pragmatici e parlare di riduzione del danno, un concetto che abbraccia tanti temi oltre a quello del fumo. È importante che questi strumenti possano essere commercializzati con tutte le precauzioni del caso e il codice in questione è un ottimo e doveroso punto di partenza”. Sul versante dei consumatori, la consulente di Adiconsum Laura Galli ha infine ricordato come la spontanea adesione a forme di autodisciplina sia un valore sul mercato e possa aiutare la crescita della concorrenza, incoraggiando anche tutti gli operatori ad aderire al processo di autoregolamentazione e a mettere in pratica attività di monitoraggio e controllo per prevenire gli abusi.
Nella fase finale del panel si sono alternati diversi parlamentari, che hanno portato il proprio contributo alla discussione. La senatrice Maria Rizzotti, membro della Commissione Igiene e Sanità, ha affermato che il concetto di riduzione del rischio va allargato e che l’atteggiamento rigido dell’Iss sul tema è inutile ora che abbiamo un valido strumento alternativo. Giorgio Lovecchio, vice presidente della Commissione Bilancio della Camera, ha ricordato che informare a dovere sul tema possa prevenire il rischio di un aumento del contrabbando: “Sì alla informazione, no alla proibizione. Per non favorire prodotti illeciti, dove non sappiamo cosa c’è all’interno”. Elisa Pirro, senatrice membro della Commissione Igiene e Sanità, ha messo l’accento sulla necessità di una comunicazione adeguata da parte di industria e istituzioni in tema di tutela dei giovani e di fumo passivo, mentre la deputata e membro della Commissione Affari Sociali Angela Ianaro ha concluso i lavori ricordando che non ci si può sottrarre al dibattito sulla regolamentazione del settore e che il legislatore stesso deve confrontarsi con le parti in causa.