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Dall’Afghanistan alla Cina, tutti gli errori di Biden (e non solo)

L’occidente ha ancora un senso, uno spirito di sacrifico, un minimo di volontà nel proteggere i propri valori fondamentali? La riflessione di Zacchera

Se ci fosse un ipotetico tribunale politico internazionale il presidente Joe Biden a nome dell’intero Occidente dovrebbe essere “giustiziato” dalla storia.

Una sentenza non per la decisione di lasciare l’Afghanistan che aveva ed ha una sua logica, ma per l’evidente impreparazione nell’applicare un ritiro previsto da tempo ma organizzato nel peggior modo possibile.

Il risultato di questa catastrofe è stato che non solo si è lasciato nella assoluta disperazione una popolazione intera che aveva creduto in una qualche forma di miglioramento sociale dopo 20 anni di presenza occidentale, ma si è consegnato agli estremisti islamici un incredibile arsenale di armi sofisticate e pericolose che potranno essere utilizzate nel mondo in qualunque scenario terroristico internazionale. Una fuga così incredibile da consegnare armi, munizioni, droni, artiglieria: tutto intatto e pronto all’uso.

Non solo, l’Afghanistan tornerà ad essere ufficialmente il crocevia della droga – soprattutto di oppio ed eroina – con i talebani che potranno continuare su sempre più larga strada ad impestare il mondo in stretto contatto con i cartelli narcotraffici ed autofinanziandosi avvelenando le gioventù occidentali. Un aspetto che Saviano ha giustamente rilanciato perché è un clamoroso “buco nero” nelle ricostruzioni storico-politiche di questi giorni.

Non basta: si è dato mano libera alla Cina di impossessarsi del cuore dell’Asia con le sue materie prime, con i pachistani che potranno diventare sempre più potenza regionale contro l’India e permettendo ad Erdogan di aumentare i prezzi del ricatto-rifugiati nei confronti dell’Europa.

Europa che come Biden è rimasta annichilita e sorpresa, incapace di una qualsiasi reazione che sia andata al di là delle parole e delle frasi fatte e dove la polemica è ora sull’accoglienza dei futuri rifugiati, ma dove nessuno sembra aver pensato a quanto sarebbe successo.

C’è infatti modo e modo di ritirarsi e Biden ha permesso (e voluto?) che si realizzasse nel modo peggiore senza minimamente organizzare con gli alleati una strategia nella ritirata ritardandone gli effetti e mettendo prima in salvo – anche attraverso convogli umanitari su terra – la migrazione volontaria di chi si era “compromesso” con la democrazia.

L’Afghanistan torna ora indietro di decenni e pensare che 60 anni fa era un paese progredito dove le ragazze giravano in minigonna, frequentavano l’università e c’era un volo regolare dell’Alitalia che collegava Kabul a Roma.

Non è un caso che la credibilità del presidente Usa sia ai minimi storici e che perfino i democratici comincino a chiedersi i perché di questa catastrofe oltre che i suoi evidenti limiti personali e di “comandante in capo”. Con Biden sul banco dei co-imputati va comunque anche messa l’Europa del tutto incapace di coordinarsi con gli Usa per un ripiegamento ordinato e senza consegnare armi, soldi, territorio ed ostaggi in mano talebana.

Siamo tutti rimasti colpiti dalle immagini di Kabul, ma non sappiamo nulla di quanto succede nelle altre città. Ad Herat, per esempio, controllata dai militari italiani per tanti anni, che cosa sarà effettivamente successo a chi aveva collaborato con noi? Impossibile arrivare da Herat a Kabul senza essere depredati, mentre casa per casa si moltiplicano le vendette ed i rastrellamenti dei “collaborazionisti” che avevano solo avuto il torto di credere agli “occupanti” che si sono invece dimostrati assolutamente incapaci di mantenere un minimo della parola data, italiani compresi.

Adesso si parla di fare entrare in Italia alcune migliaia di persone che avevano collaborato con la nostra presenza militare, ma che avverrà dei loro parenti e di tutti gli altri che si ritrovano obbligati a seguire la Sharia? Penso agli insegnati, agli avvocati, ai giudici che avevamo formato in Italia per un codice che ora non vale più nulla perché imperverserà solo nuovamente l’ottuso medioevo musulmano.

L’esercito di Kabul si è dissolto, ma è crollato perché improvvisamente è venuto meno qualsiasi appoggio esterno ed internazionale con i soldati che sono rimasti senza speranze, garanzie e vie di fuga. In situazioni come queste quando ti senti sconfitto e circondato diventa naturale cedere le armi: nessuno ci aveva pensato?

Ci preoccupiamo ora per le donne afghane, ma non ho sentito i vari leader dei diritti umani o gender alzare la voce e soprattutto imporsi con atti concreti all’attenzione dei politici nostrani, che una volta di più hanno denunciato un pressapochismo mostruoso.

Ma come può un ex presidente del consiglio come Conte parlare di “talebani distensivi” facendo il paio con l’ineffabile nostro ministro degli Esteri che nel pieno della crisi era in Puglia in vacanza e non ha sentito neppure la necessità di ritornare precipitosamente a Roma?

Quale dialogo si può mai intavolare con dei tagliagole senza avere almeno un punto di forza, una alternativa politica o diplomatica? Non sarebbe (non è) un dialogo ma una resa, come è avvenuto ed avverrà.

Lo stesso dialogo interreligioso come può essere minimamente credibile quando dall’altra parte c’è un estremismo violento, bigotto ed assoluto? D’altronde quanti sanno che in 20 anni di occupazione occidentale in Afghanistan era però rimasto l’obbligo di non poter svolgere alcuna funzione religiosa cristiana e che l’unica cappella cattolica era all’interno della nostra ambasciata? Forse – oltre che di dialogo – in Vaticano si potrebbe cominciare anche a chiedere con un minimo di determinazione un rispetto reciproco e la tutela dei cristiani nei paesi islamici, temi scomodi e quindi poco approfonditi.

Infine altre note di contorno come la fuga del nostro ambasciatore da Kabul con il primo volo (onore al console Tommaso Claudi che è rimasto sul posto) quando la nostra ambasciata e le nostre caserme potevano essere il punto di ritrovo più logico (e difeso) per recuperare chi aveva collaborato con noi anziché far correre tutti in aeroporto dove prima i fuggitivi vengono spogliati dei loro beni da miliziani e banditi generici, poi rischiano la vita tra la folla. Incredibile e sconcertante vedere poi l’ambasciatore in fuga circondato da armati a Fiumicino (!!!) quasi rischiasse anche in patria chissà che cosa.

Ma la domanda vera, irrisolta, drammatica è quella che tutti ci poniamo: ma l’occidente ha ancora un senso, uno spirito di sacrifico, un minimo di volontà nel proteggere i propri valori fondamentali?

A Kabul è sembrato proprio di no.

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