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Talebani e propaganda. Dalle “night letters” a Twitter

Di Federico Berger

I talebani del 2021 si presentano in maniera piuttosto diversa rispetto a quelli della generazione precedente, se non altro per come promuovono la propria immagine pubblica sia a livello domestico, sia sulla scena internazionale. Il commento di Federico Berger, analista della Nato Defence College Foundation

I talebani del 2021 si presentano in maniera piuttosto diversa rispetto a quelli che a partire dal 2001 la coalizione a guida Usa si propose di rimuovere dal comando dell’Afghanistan, se non altro per le strategie di promozione della propria immagine pubblica sia a livello domestico, sia sulla scena internazionale.

Mentre nella prima metà di agosto l’avanzata verso Kabul del gruppo di estremisti islamici andava in scena (volta a riprendere il controllo sul Paese dopo la ritirata delle truppe americane e degli alleati Nato), allo stesso tempo la comunicazione strategica talebana si dispiegava attraverso media tradizionali e tecnologie digitali. In un Paese dove le dinamiche centro-periferia sono una caratteristica strutturale del contesto locale (il 26,2% degli afghani vive nei centri urbani, mentre il 73,8% in aree rurali) con una connessione internet non capillare (a gennaio 2021, il tasso di penetrazione della rete ristagna al 22%), il gruppo ha proseguito con le sue tradizionali tecniche di comunicazione offline.

Parte sostanziale di questi sforzi è rappresentata dalle night lettersShabnamah, comunicazioni scritte a mano e consegnate porta a porta nei villaggi o attaccate sulla porta principale della moschea locale di notte. Perfino nel 2021, queste raccomandazioni su carta sono ancora strumenti di propaganda affidabili ed efficaci per mantenere il consenso nelle province più periferiche e tribali dell’Afghanistan. Ma allo stesso tempo, negli ultimi anni il Paese ha visto la rapida crescita delle connessioni via smartphone o telefonia mobile (68,7% della popolazione a gennaio 2021) e degli utenti iscritti ai social media (dai 3,6 milioni del 2021 ai 4,4 del 2021), obbligando giocoforza gli estremisti afghani a prendersi cura della loro comunicazione strategica online in maniera consistente.

A differenza di altri gruppi jihadisti come Al Qaeda o lo Stato islamico, che si muovono tradizionalmente tra pieghe e ombre del web tra social media mainstream e piattaforme marginali, i talebani impiegano apertamente un variegato mix mediale. Uno dei centri di gravità della loro comunicazione è sicuramente Twitter, luogo privilegiato dove postare esternazioni e commenti ufficiali dei portavoce ufficiali del gruppo, pratica accompagnata dall’uso di altri network per la diffusione di contenuti (YouTube) o il coordinamento interno (WhatsApp). 

E diversamente da Facebook, che da anni bandisce i contenuti pro talebani con un team di ricerca dedicato, proprio queste piattaforme sono al centro delle critiche per come stanno regolando blandamente la presenza e l’utilizzo da parte degli estremisti afghani. Al cuore della questione, il fatto che queste aziende basino i loro divieti con riferimento alla lista delle organizzazioni terroristiche straniere compilata dal dipartimento di Stato degli Stati Uniti, lista nella quale i talebani non sono menzionati.

Sempre rimanendo in ambito a stelle e strisce, la lotta degli islamisti contro Facebook ha attirato le simpatie dei supporter dell’estrema destra americana, affascinati dagli sforzi del gruppo nel tentativo di mantenere viva l’attività sulla piattaforma di Mark Zuckerberg. Queste frange estremiste inoltre sposano alcuni pilastri dell’ideologia talebana, in particolare la credenza diffusa che il progresso di stampo occidentale sia la principale ragione del collasso politico e culturale contemporaneo.

In questo contesto, le strategie di comunicazione degli estremisti afghani fanno riferimento a due pubblici specifici, con diversi obiettivi annessi.

Dalla prospettiva dell’audience locale, la propaganda ha seguito e accompagnato gli eventi sul campo non solo per intimidire le comunità locali dell’avanzata dei combattenti talebani, ma anche per presentare in maniera autorevole e unitaria il gruppo. Mano a mano che l’offensiva estremista raggiungeva obiettivi strategici o simbolici, culminata con la presa di Kabul tra il 14 e il 15 di agosto, i tweet dei portavoce scritti in lingua Pashto celebravano le vittorie e scandivano il ritmo dell’avanzata nel Paese.

Parlando alla comunità internazionale, la strategia di comunicazione è al momento finalizzata ad avanzare l’immagine dei talebani come una forza politica affidabile, credibile e ufficiale agli occhi degli interlocutori stranieri sia attraverso i media broadcast, sia i social media. Alla luce dei primi report di violenze, paura e panico che si diffondono in diverse aree, questi sforzi comunicativi sono finalizzati a smentire e ed invertire le narrative già esistenti riguardanti estremismo e violazioni dei diritti umani.

Gli sviluppi futuri in Afghanistan e il potenziale riconoscimento della comunità internazionale di un possibile governo talebano presenteranno sicuramente ulteriori sfide su scala globale per le maggiori piattaforme social, che potrebbero trovarsi a fare i conti con la presenza online di una forza politica ufficiale radicale, islamita ed estremista. Una questione legata a doppio filo con il fondamentale rispetto dei diritti umani e della dignità delle donne.

 

(Questo articolo è tratto da uno Strategic Trend in fase di pubblicazione per la NATO Defense College Foundation)


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