Gli italiani hanno riscoperto la gioia di vivere, lo dicono i numeri. E il lavoro a distanza fa bene alla produttività e anche alle relazioni. Premesse per una rinascita umana ed economica. L’analisi di Leonardo Becchetti
Guardando retrospettivamente al momento peggiore della crisi generata dalla pandemia possiamo ormai iniziare a fare un piccolo bilancio. La risposta di politica economica è stata straordinaria e ha avuto il merito di ridurre significativamente l’impatto negativo su famiglie e imprese con una serie di misure (ristori, reddito di emergenza, sospensione di obblighi fiscali, cassa integrazione ed altro) che, seppur non sempre sufficienti per tutte le categorie, hanno avuto il risultato aggregato di aumentare il risparmio e i depositi bancari e di tenere in piedi il sistema paese.
I dati Istat-Bes indicano sorprendentemente che la quota di italiani che si dichiara molto felice è aumentata di un punto percentuale contro una riduzione di dieci punti percentuali in occasione dell’ultima grave crisi, quella dello spread. La capacità di gestione straordinaria di questa crisi è anche dietro la ripresa robusta di questi giorni che dipende da una serie di fattori:
1) il supporto di un nuovo piano Marshall (il Pnrr) con le risorse che vanno nella direzione giusta (digitalizzazione, transizione ecologica) e sono condizionate alla realizzazione di riforme strutturali essenziali per aumentare la produttività del paese (riduzione tempi giustizia civile, maggiore efficienza della burocrazia). L’ideale di ciò di cui avevamo bisogno ovvero risorse a disposizione per investire ma un controllo severo su come utilizzarle;
2) il desiderio prepotente di tornare a vivere degli italiani;
3) la trasformazione del buffer di risparmio accumulato in nuovi consumi (e qui la differenza con la crisi finanziaria del 2008 è forte perché quella crisi, a differenza di questa, non è stata accompagnata da politiche Ue espansive e ha bruciato risparmio invece di favorirne l’accumulazione).
Un quarto fattore assolutamente fondamentale e da non trascurare è che la pandemia ci ha aperto gli occhi sul fatto che esistono altre due modalità di lavoro (“faccia a faccia a distanza” nelle relazioni webinar e “non faccia a faccia a distanza” nelle relazioni whatsapp) che possono accompagnarsi a quella tradizionale “faccia a faccia in presenza”. Gli aumenti di produttività realizzabili utilizzando i tre diversi registri a seconda della convenienza dei casi e non solo il vecchio sistema “faccia a faccia in presenza” sono potenzialmente straordinari e si accompagnano ad una migliore conciliazione tra lavoro e vita di relazioni e ad una maggiore sostenibilità ambientale. Ed è questo l’insegnamento più importante e straordinario della pandemia ed è soltanto l’inizio di un percorso che continuerà a darci sorprese positive.
In economia, comunque, non ci sono pasti gratis ed il conto qualcuno lo paga. Lo ha pagato il nostro rapporto debito/Pil (aumentato significativamente) ma in particolare la Bce che ha esteso la propria politica interventista ed espansiva arrivando a detenere fino al 25% dei titoli pubblici degli stati membri. La pandemia ci ha sbalzato in terreni macroeconomici inediti e sulla via di una giapponesizzazione dove il ruolo della Banca Centrale non potrà che continuare ad essere questo.
La grande battaglia ora è tra chi sostiene che bisogna tornare al passato o continuare con la nuova strada. I dati di fatto e le dinamiche dei mercati finanziari non potranno che imporci di continuare sulla nuova strada. Che non è esattamente un libera tutti ma uno scambio tra maggiori risorse fiscali e rigorosa condizionalità nell’utilizzo. Il migliore scambio possibile per un paese come il nostro.