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Così il Pentagono affronta il cambiamento climatico

Il cambiamento climatico è ormai al centro delle agende dei pianificatori militari, sia per gli effetti destabilizzanti a lungo termine, sia per la sicurezza stessa delle infrastrutture della Difesa. Il Pentagono è impegnato ad adattarsi ai nuovi scenari. Ecco come

Anche la Difesa affronta il cambiamento climatico. Il tema è da leggere su almeno quattro diverse traiettorie: il contributo che le Forze armate assicurano in casi di emergenza; i rischi per le infrastrutture militari; l’impegno della Difesa a ridurre le emissioni; gli effetti del climate change sugli aspetti strategici più generali, soprattutto nelle aree d’operazione. Buona parte delle strategie del Pentagono sono state illustrate in una lunga intervista a DefenseOne da Richard Kidd, deputy assistant defense secretary per “Resilienza ambientale ed energetica”.

IL CONTRIBUTO NELLE EMERGENZE

Con gli incendi che imperversano nell’ovest del Paese, anche oltreoceano si affronta l’emergenza. “È aumentata la domanda di supporto domestico” rivolta alle Forze armate, ha notato Kidd, con la Guardia nazionale impegnata ad affiancare le autorità civili. Ci sono anche i contributi dello US Army e dell’Aeronautica per le previsioni, la prevenzione e l’analisi degli andamenti climatici. Un impegno che crescerà nei prossimi decenni, ha aggiunto il funzionario del Pentagono, ricordando molteplici studi sul tema. Per la Difesa c’è anche una “questione di costi: se gli equipaggiamenti e il personale sono usati a tale scopo, non possono fare altre cose”.

I RISCHI PER LE STRUTTURE MILITARI

Le seconda questione riguarda i rischi diretti sulle strutture della Difesa. Già a giugno 2019, la commissione sui Servizi armati della Camera inseriva nell’autorizzazione al budget 2020 del Pentagono la richiesta di un piano per sanare le vulnerabilità presenti, prevedendo 67 milioni di dollari a tal fine. Il riferimento era soprattutto alla sicurezza delle basi militari, colpite nei mesi precedenti da tempeste e cicloni. Erano fresche le immagini della base dell’Aeronautica a Offutt, in Nebraska (sede dello US Strategic Command con oltre 10mila unità presenti) quasi completamente sommersa da metri di acqua nel marzo precedente.

IL REPORT DEL PENTAGONO

A ottobre 2018 l’uragano Michael aveva fatto anche peggio in diverse basi militari in Florida e Nord Carolina. Già nei primi mesi del 2019 l’allora segretario alla Difesa pro tempore, Patrick Shanahan, manifestava preoccupazione per l’accresciuto numero di basi considerate esposte a questo tipo di fenomeni. Un report del Pentagono notava che almeno sette strutture rischiavano di perdere il bollino “safe” a causa dell’innalzamento dei livelli del mare. Altre sette rischiavano la stessa sorte con l’aumento di frequenza e potenza degli incendi.

LE PREOCCUPAZIONI…

Il tema è ai primi posti dell’agenda del Pentagono anche sotto la guida di Lloyd Austin. Eppure, ha notato Kidd, “mentre gli effetti diretti del cambiamento climatico minacciano regolarmente le infrastrutture militari e minacciano di ridurre la prontezza, le sfide alla sicurezza più urgenti proverranno dalle interruzioni indotte dai cambiamenti climatici ai sistemi sociali”. In altre parole, la preoccupazione maggiore riguarda l’impatto che le emergenze avranno sulla tenuta del sistema nazionale e sulla stabilità degli scenari di crisi.

…E GLI IMPEGNI

A ciò si lega l’impegno della Difesa americana nel lungo termine, per ridurre gli effetti climalteranti. “In termini di emissioni di gas serra – ha detto Kidd – se il Pentagono fosse un paese, ne sarebbe il 55esimo più grande produttore al mondo”. Per questo, “il dipartimento riconosce di dover essere parte della soluzione”. L’obiettivo è essere net-zero entro il 2050. La sfida maggiore è “sui campi di battaglia”, lì dove con maggiore difficoltà si possono adattare le basi, le infrastrutture e i mezzi. Aiuteranno le nuove tecnologie, soprattutto l’intelligenza artificiale per “essere più precisi”, evitando sprechi e usando “meno risorse”. Ciò vale anche in fase di progettazione, già sperimentata ad esempio sul progetto Ngad per il velivolo di sesta generazione, arrivato al volo prototipale grazie ai concetti della “digital acquisition”.

LA SPINTA DI BIDEN

Aiuterà la spinta di Joe Biden, che a fine gennaio, tra i primi atti della sua presidenza, ha emanato un ordine esecutivo che inserisce il cambiamento climatico tra i temi legati alla sicurezza nazionale, chiamando così all’appello tutti i dipartimenti federali, le agenzie e gli organi coinvolti sul tema. “Includeremo le implicazioni sulla sicurezza del cambiamento climatico nelle nostre analisi di rischi, nello sviluppo strategico e nelle direttive di pianificazione”, spiegava Lloyd Austin accogliendo le indicazioni del presidente. Il dipartimento è dunque coinvolto nella National Climate Task Force, presieduta dal consigliere nazionale sul clima, a diretto riporto del presidente.

LE VISIONI STRATEGICHE

Il dipartimento è dunque tenuto a periodiche “Climate Risk Analysis”, da tenere debitamente in considerazione nello sviluppo dei vari documenti strategici, a partire dalla prossima National Defense Strategy. Inoltre, dal 2022 il segretario alla Difesa e il capo di Stato maggiore dovranno fornire un aggiornamento annuale al National Security Council sui progressi compiuti in tal senso. Di più: il cambiamento climatico è ora “incorporato nelle simulazioni, i war-gaming e altre analisi”.

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