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La competizione economico-tecnologica globale tra tempo, spazio e informazione

Di Francesco Barbaro

I tempi dei cicli tecnologici sono condizionati da interessi economici e politici. La competizione globale può essere destrutturata nella sua spazialità: ne emerge una polarizzazione tra la coesione autocratica della Cina e la frammentazione democratica della galassia occidentale

Tra le criticità causate dalla pandemia e le perturbazioni indotte dalla competizione economico-tecnologica globale, non di meno il 5G prosegue il percorso del proprio dispiegamento. Nello stesso tempo però, e nel contesto della medesima competizione, i diversi attori geoeconomici hanno già dato inizio alla fase di progettazione della rete di sesta generazione, il 6G. Il valore del nesso temporale che lega le due tecnologie richiede di essere adeguatamente definito, dal momento che si presta facilmente a equivoci tali da invalidare qualsiasi esercizio di analisi strategica e di scenario.

A prevalere è un bias cognitivo che distorce il fattore tempo dell’innovazione tecnologica, portando a credere che esso si sia ormai contratto fino a uno stato di produttività “indiscreta”, cioè senza soluzione di continuità. Banalizzando: “il 5G non ha ancora rimpiazzato il 4G, e il 6G è già all’orizzonte”. Tale percezione è fallace, e non solo perché una nuova tecnologia si afferma sulle precedenti senza sostituirle del tutto, ma anche e soprattutto perché la tecnologia ha un ciclo di vita che interagisce inevitabilmente con le dinamiche dei sistemi socioeconomici e geopolitici entro cui si sviluppa.

Il pregiudizio può essere ricondotto a una scarsa comprensione della cosiddetta “prima legge di Moore”, che vede raddoppiare il numero di transistor nei circuiti integrati, approssimativamente, ogni diciotto mesi; si tratta in realtà dell’estrapolazione di un’osservazione empirica, la cui validità nell’ultimo ventennio si è peraltro dimostrata relativa. Ray Kurzweil ha di fatto esteso il modello all’intero campo dell’innovazione: la sua “legge dei ritorni acceleranti” prevede che ogni singola invenzione sia presupposto di varie altre, determinando un’accelerazione esponenziale del progresso tecnologico.

INTERESSI E CICLO TECNOLOGICO  

Il concetto avrebbe una sua applicabilità, se il processo di ricerca e sviluppo potesse essere isolato quale variabile indipendente; nella realtà storica, tuttavia, ad oggi quest’ultimo non può essere sottratto a due ordini di condizionamento, entrambi fondati sull’interesse. A valle vi è quello socioeconomico, che richiede un margine di tempo funzionale all’estrazione di benefici dallo sfruttamento della tecnologia. A monte vi è quello geopolitico, che implica un arco temporale nel quale gli attori cercano di orientare il processo di ricerca e sviluppo per renderlo organico ai propri interessi strategici.

Ciò si traduce in due periodi che attualmente, nel caso di una tecnologia di rete, si estendono per circa un decennio ciascuno, scanditi dal momento del suo lancio operativo-commerciale.

Nell’arco di tempo che precede la sua concreta implementazione, il valore strategico di una nuova tecnologia è ancora allo stato potenziale: ciò motiva una eterogenea moltitudine di attori a intervenire per cercare di influenzare secondo i propri interessi un processo che, d’altra parte, è dominato da principi caotici e quindi estremamente suscettibile all’azione di fattori di perturbazione. La complessità di un tale sistema, a maggior ragione per via del suo ciclo temporale che dal medio sconfina nel lungo periodo, richiede dunque di essere ridotta; e ciò è possibile facendo emergere dalla prospettiva geopolitica quegli elementi rispondenti alla dimensione spaziale che gli è propria e che, per sua stessa natura, si configura come strutturale.

LA POLARIZZAZIONE OCCIDENTE-ORIENTE  

In effetti, raccogliendo a fattore comune i posizionamenti geopolitici degli attori coinvolti nell’attuale competizione economico-tecnologica globale, quella che si rivela come il massimo comune divisore è una variabile tipicamente spaziale e strutturale, riconducibile alla formula di una polarizzazione politica e culturale – ricorsiva in modalità transcalare nel tempo e nello spazio, e in questo senso “frattale” – tra Occidente e Oriente. In sintesi, a delinearsi è un confronto che in questi anni vede da una parte la Cina, una singola potenza orientale caratterizzata da un regime di governo autocratico e da una forte coesione interna; dall’altra, una galassia a guida occidentale e di impostazione democratico-liberale, che ha come centro di massa gli Stati Uniti e il cui tratto peculiare è una marcata tendenza all’entropia.

È da questa configurazione spaziale che discende gran parte delle dinamiche geopolitiche osservabili: il potere gravitazionale esercitato nel particolare dagli Usa, con la loro massa specifica di prima potenza mondiale, sia pure relativizzato dai tentativi di ascesa di potenze alternative; l’instabile equilibrio del sistema occidentale in generale, il cui stato di aggregazione incoerente – si pensi al sottosistema europeo – lo espone alle interferenze esterne; e la forza di penetrazione della Cina, data al contrario dal carattere spiccatamente organico dei suoi apparati funzionali.

La natura strutturale degli elementi di derivazione spaziale implica un loro radicamento profondo tanto nella forma mentis quanto nel modus operandi dei vari attori: ed è così che possono essere spiegate la proiezione commerciale globale di società cinesi quali Huawei e ZTE, le difficoltà dei concorrenti occidentali di cooperare a una controproposta strategica comune e la conseguente necessità per Washington di contrattaccare Pechino in una guerra economica e asimmetrica.

DETERMINISMO E RELATIVIZZAZIONE  

L’enucleazione della dimensione spaziale nella competizione economico-tecnologica globale si presta senz’altro come punto di partenza per analisi strategiche e di scenario, a condizione però di emanciparsi dalle suggestioni di riduzioni deterministiche, siano esse di impronta antropologico-culturale o di stampo più strettamente geografico. Per quanto concerne le prime, l’idea di irriducibili “scontri di civiltà” va razionalmente soppesata in rapporto allo smarrimento dell’illusione di una “fine della Storia”, basatasi sulla presunzione di un’irreversibile egemonia del modello democratico-liberale occidentale. Quanto alle ultime, il peso del dato spaziale sull’origine del profilo strategico occidentale e di quello orientale va adeguatamente problematizzato.

Da un lato, difatti, è ragionevole ipotizzare che remoti e prolungati rapporti tra determinati popoli e i loro territori – e in particolare gli specifici problemi posti da questi ultimi alla loro vitalità –  abbiano prodotto nel tempo dei modelli intuitivi di relazione con essi, che si siano poi radicati a tal punto da sopravvivere in profondità anche in seguito all’evoluzione dei processi di antropizzazione. In questi termini, si può comprendere come nei secoli la Cina abbia dovuto difendere un esteso impero “di mezzo”, condizionato da minacce di provenienza per lo più continentale, ricorrendo a una forte centralizzazione del potere; e come le società occidentali, nate culturalmente con la Grecia e sviluppatesi politicamente tra l’ambiente frastagliato della macro-penisola europea e quello “diffuso” del Mediterraneo, abbiano interiorizzato un’esigenza di autonomia e libertà, a partire dalla quale le vicende storiche hanno progressivamente condotto alla maturazione degli Stati nazionali e dei diritti individuali.

Dall’altro lato, la ragionevolezza impone anche di sottoporre i modelli geopolitici appena delineati a un processo di relativizzazione, e per varie ragioni. Prima di tutto, non si potrà fare a meno di confrontarli con la perdurante validità del complesso teorico della geopolitica classica – in particolare le riflessioni sui caratteri di talassocrazie e tellurocrazie – indagando le possibilità di un incrocio dei due approcci per un’analisi più ricca dei differenti attori geopolitici. In secondo luogo, sarà fondamentale tenere conto che i profili strategici di tali attori sono il risultato di sistemi complessi, condizionati dall’azione di innumerevoli variabili di cui quella spaziale è soltanto una tra le principali; e che l’effetto della medesima variabile spaziale è influenzato nel corso del tempo da numerosi fattori tra cui le già citate evoluzioni dei processi di antropizzazione, le congiunture economico-finanziarie, le capacità militari e la stessa innovazione tecnologica.

VOLONTÀ E CONOSCENZA, SAGGEZZA E STRATEGIA  

Sarà dunque opportuno evitare l’errore di credere che le introiezioni più profonde del dato geografico costituiscano il marchio di altrettanti inesorabili “destini geopolitici”; quelle che possono apparire come delle incongruenze rispetto ai modelli sopra enunciati, anzi, rappresentano non di rado dei tentativi più o meno coscienti, da parte degli attori, di oltrepassare i propri limiti spaziali di partenza.

Non deve quindi stupire la tensione ripetutamente manifestata dagli Europei, nel corso della loro storia, a superare la propria tendenza alla frammentazione – dall’effimera lega panellenica contro i Persiani all’impero romano e i suoi più tardi epigoni, dagli aneliti universalistici di ispirazione cristiana al progetto di integrazione dell’Ue. Così come in tale prospettiva acquista maggiore profondità la dialettica, costante nella storia degli Usa, tra due visioni strategiche degli oceani: cioè come barriere isolazionistiche o come spazio dell’azione talassocratica. Ed è sempre in questa logica che può essere compresa anche la Belt and Road Initiative (BRI) con cui la Cina, oltre ad aumentare il controllo sui passaggi strategici da cui è dipendente, va a crearsi dei collegamenti alternativi e punta a superare l’antinomia terra-mare in favore di un paradigma anfibio.

Il lavoro di teorizzazione, fin qui svolto con un approccio “destrutturativo” e dunque di natura analitica, a questo punto implica una sua prosecuzione in una modalità “ristrutturativa” e quindi di natura sintetica. Problematizzate specularmente le categorie di spazio e di volontà, infatti, si pone la questione di mostrare come l’attore possa realizzare l’una nell’altro.

La sintesi richiesta sollecita l’esercizio dell’abduzione, che in altra occasione ho ridefinito come “un ragionamento in cui, data la premessa certa di un evento conoscitivo, si assume come premessa ipotetica una regola nota, identificando un caso che verifichi la relazione logica tra regola ed evento”. In questa sede, si dà come premessa certa la spazializzazione della competizione economico-tecnologica globale, sin qui argomentata; e si assume come premessa ipotetica, applicata ad essa, la facoltà di scelta razionale degli attori: al di là dei limiti intrinseci e dei condizionamenti esogeni, l’azione geopolitica dei soggetti può essere configurata come il risultato di un processo decisionale volto a imprimere la propria volontà sullo spazio.

L’elemento risolutivo che interviene a verificare la premessa incerta, in se stessa e nella sua relazione con la premessa certa, è identificabile nella dimensione gnoseologica che permea necessariamente la condizione di un soggetto nello spazio: prima di agire, l’attore dovrà raccogliere dati, analizzarli elaborando informazioni, e sistematizzare queste ultime nella costruzione di una conoscenza. Ed è sulla base di questo percorso di consapevolezza, compiuto mediante l’informazione spaziale, che egli potrà concepire razionalmente il proprio interesse geopolitico.

Il valore dell’informazione nella sintesi della scelta razionale, del resto, rende conto della centralità assunta dalle tecnologie fondate su di essa all’interno della competizione globale. D’altra parte, declinata in funzione del processo decisionale, la conoscenza si riconfigura per ciò stesso come una forma – in senso tecnico – di “saggezza”. Sennonché, oltre che geopolitica, questa saggezza dovrà essere per forza di cose anche strategica: nello spazio, infatti, si sviluppa un campo di forze relazionali in cui il soggetto deve valersi della conoscenza per modulare la propria vitalità nell’incontro con l’altro.

IL MODELLO DEINOMETRICO E LA PLEIOCRITICITÀ 

Tra la dimensione spaziale e quella relazionale vi è una naturale corrispondenza, trattandosi di due aspetti di uno stesso sistema complesso. Ed effettivamente l’analisi strategica può rivelarsi in grado di fornire conferma ai risultati di quella geopolitica. Nel caso della contesa economico-tecnologica globale, un esempio è offerto dal mio modello “deinometrico”. In esso incrocio le variabili relative a interdipendenza e competizione, assunte come forme primarie di relazione strategica tra attori geopolitici: a queste, difatti, possono essere facilmente ricondotte le altre; e la validità di entrambe si riscontra con un carattere frattale su tutte le scale, prestandosi alla formulazione di scenari.

Individuato il valore della competizione globale quale variabile di controllo, si evince chiaramente come la Cina e le sue proiezioni economico-tecnologiche beneficino della bassa competizione e dell’alta interdipendenza interne al sistema Paese; condizioni che discendono dal tratto geopolitico della coesione autocratica e che, a loro volta, agevolano l’instaurazione di interdipendenze esterne funzionali agli interessi strategici di Pechino. Per contro, con altrettanta chiarezza emerge come siano limiti della galassia occidentale la bassa interdipendenza e l’alta competizione interne; caratteri che derivano dal tratto geopolitico della frammentazione democratica e che rendono vulnerabili a ciò che ho definito “pleiocriticità”: una proliferazione incontrollata delle criticità data dagli alti valori di entrambe le variabili nelle relazioni esterne.

I limiti occidentali riemergono su scale diverse, e a livello sia politico che economico: le istituzioni americane, per esempio, in un decennio non hanno saputo né voluto trovare un compromesso tra l’esigenza di proteggere il GPS militare e l’opportunità per i privati (Ligado Networks) di operare sulla banda L (1-2 GHz) dello spettro radio; e i campioni europei dell’information and communications technology (Nokia ed Ericsson) si sono mostrati finora incapaci di concepire una risposta sinergica alla concorrenza cinese.

I tentativi di superare tali mancanze sono stati tardivi e finora velleitari, difettando proprio di saggezza strategica. In più occasioni, invece, ho proposto di seguire l’esempio di Galileo: l’esperienza del sistema satellitare europeo, infatti, dimostra che un quadro di coordinamento istituzionale può raggiungere il duplice obiettivo di promuovere l’interdipendenza tra le eccellenze da un lato, e dall’altro di ampliare e potenziare la sovranità tecnologica.

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