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La prossima sfida per l’Europa è l’acqua. Ecco come affrontarla

Di Carla Chiaretti

Gli effetti del cambiamento climatico sulla risorsa idrica mettono a rischio il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Come agire? Il commento di Carla Chiaretti, head of policy di EurEau, la Federazione europea dei servizi idrici

“L’acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale” recita il primo considerando della Direttiva quadro sulle acque dell’Unione europea.

Nel 2000 gli Stati membri dell’Unione stabilirono regole comuni per la gestione integrata dei bacini idrografici in Europa, con l’obiettivo di proteggere le risorse idriche non più sulla base dei confini nazionali, ma secondo le formazioni geografiche naturali perché l’acqua non conosce frontiere. Un bacino idrografico comprende l’intero sistema fluviale, dalle sorgenti dei piccoli affluenti fino all’estuario, e include le acque sotterranee.

Questo nuovo approccio considerato all’avanguardia nella tutela delle risorse idriche costituisce una vera rivoluzione nella gestione dell’acqua sia in termini di qualità che di quantità.

Benché la Direttiva non abbia ancora raggiunto gli obiettivi prefissati nel 2015 e nonostante i progressi fatti, molto probabilmente gli Stati Membri non riusciranno a conformarsi agli stessi entro il 2027. Tuttavia, questa legislazione resta un pilastro dell’ordinamento giuridico europeo in tema di protezione ambientale ed è un esempio per altre regioni del mondo in quanto favorisce la cooperazione delle autorità nazionali nel trovare soluzioni comuni a problemi condivisi, incarnando, non senza difficoltà, il vero spirito di solidarietà europea.

Questa idea pionieristica di ragionare in termini di protezione della risorse non secondo le frontiere degli Stati ma considerando la gestione integrata dei bacini idrografici, è al centro della politica di cooperazione ambientale della Commissione europea con i Paesi terzi (India, Cina, Iran, Sud Africa); l’acqua ha inoltre acquisito una rinnovata attenzione nel quadro della dimensione esterna del Green Deal europeo.

A livello internazionale negli ultimi 15 anni la “Water Governance Initiative” dell’Ocse costituisce un tentativo interessante di proporre la gestione integrata delle risorse in varie aree del mondo sulla base dei principi di governance dell’acqua adottati nel 2015.

Gli effetti del cambiamento climatico sulla risorsa idrica (stress idrico, siccità, inondazioni ed eventi meteorologici estremi) mettono a rischio il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e soprattutto l’obiettivo 6 (SDG6), ossia “garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie”.

Come rilevato ogni anno dal World Economic Forum l’acqua è la sfida sistemica assoluta in quanto è alla base di tutti i motori della crescita – che si tratti di produzione agricola, generazione di energia, industria o manifattura. Collega questi settori in un sistema di sviluppo più ampio che deve bilanciare e coniugare imperativi sociali e protezione ambientale.

La Strategia europea di adattamento ai cambiamenti climatici sottolinea che la siccità estrema nell’Europa occidentale e centrale negli anni 2018, 2019 e 2020 ha provocato danni ingenti. “Soltanto nel 2018, i danni all’agricoltura ammontavano a circa 2 miliardi di euro in Francia, a 1,4 miliardi di euro nei Paesi Bassi e a 770 milioni di euro in Germania. Con un aumento della temperatura globale di 3°C i periodi di siccità sarebbero due volte più frequenti e il valore assoluto delle perdite annuali in Europa imputabili a questo fenomeno aumenterebbe a 40 miliardi di euro all’anno, incidendo con maggior forza sulle regioni del Mediterraneo e dell’Atlantico”.

In questo contesto la prossima problematica da affrontare con urgenza riguarda l’allocazione della risorsa idrica tra i vari usi: la decisione di assegnare più acqua a settore di impiego implica che meno sarà disponibile per gli altri usi, per la fornitura attraverso l’infrastruttura pubblica, altri servizi sociali o per la protezione ambientale.

A livello europeo e nazionale questo significa dare anche un’attuazione corretta all’articolo 9 della Direttiva europea quadro acque che prevede che gli Stati membri provvedano già dal 2010: primo, a che le politiche dei prezzi dell’acqua incentivino adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente e contribuiscano in tal modo agli obiettivi ambientali della direttiva; secondo, un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell’acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura e tenendo conto del principio “chi inquina paga”.

Secondo la Corte dei Conti europea si è ancora lontani da una tale realtà: nell’Unione europea, gli utenti pagano in media circa il 70% del costo della fornitura dei servizi idrici tramite la bolletta mentre il bilancio pubblico finanzia il restante 30%. Le famiglie europee sostengono la maggior parte del costo dei servizi di approvvigionamento idrico e di risanamento, anche se consumano solo il 10% dell’acqua (figura sotto). L’agricoltura, il settore che esercita maggiori pressioni sulle risorse rinnovabili di acqua dolce, è quello che contribuisce di meno.

La politica idrica a livello Ue, nonostante le varie criticità che ancora permangono, rappresenta un successo dell’integrazione europea e un modello di sviluppo sostenibile da cui prendere esempio nel quadro del perseguimento degli obiettivi Onu per il 2030.

Secondo il progress-report delle Nazioni Unite sugli indicatori dell’obbiettivo SDG6 nel 2020 due miliardi di persone non avevano accesso ai servizi di acqua potabile (26% della popolazione mondiale) e più tre miliardi e mezzo di persone non disponevano di servizi igienici adeguati (46% della popolazione mondiale). Solo 24 Paesi hanno riportato che tutti i fiumi, i laghi e le falde acquifere condivisi con Paesi vicini sono coperti da accordi di cooperazione, mentre 107 Paesi sono indietro nel processo di gestione sostenibile delle risorse idriche e dovrebbero raddoppiare il ritmo di avanzamento.

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