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L’evacuazione dell’Afghanistan. Ecco i numeri di Aquila Omnia

Continua l’impegno della Difesa per effettuare l’evacuazione dei collaboratori afghani e del personale ancora presente nel Paese. Grazie al ponte aereo italiano, in appena quattro giorni sono state salvate già 600 persone, ma sono ancora migliaia quelle in attesa

“Il mio personale ringraziamento va allo straordinario lavoro delle Forze Armate italiane che stanno conducendo la complessa e delicata operazione”, ha commentato così il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, l’incessante lavoro di evacuazione dall’Afghanistan portato avanti dal personale della Difesa. Già nei soli primi quattro giorni dall’attivazione di Aquila Omnia, questo il nome dell’operazione, sono arrivati in Italia oltre 600 rifugiati afghani, tra interpreti, collaboratori della nostra missione diplomatica e le loro famiglie; tutte persone la cui incolumità è messa a repentaglio dal ritorno dei talebani per il solo fatto essere stati a contatto con gli occidentali.

L’OPERAZIONE AQUILA OMNIA

A seguito del deterioramento delle condizioni di sicurezza dell’Afghanistan si è immediatamente attivato, già nei giorni scorsi, il ministero della Difesa, con la richiesta da parte del ministro Guerini al capo di Stato maggiore della Difesa, generale Enzo Vecciarelli, di provvedere affinché venissero evacuati il personale diplomatico dell’ambasciata italiana a Kabul e i nostri connazionali, contestualmente all’accelerazione del trasferimento in Italia dei collaboratori afghani. Lo Stato maggiore ha quindi disposto l’esecuzione del piano di evacuazione “Aquila Omnia”, pianificato e diretto dal Comando operativo di vertice interforze (Covi), comandato dal generale Luciano Portolano, ed eseguito dal Joint force headquarter (Jfhq), l’elemento operativo del Covi.

I NUMERI DELLA MISSIONE

Oltre 1500 militari sono impegnati in queste ore a far funzionare la macchina del ponte aereo, senza contare il personale di tutte le Forze armate e dei Carabinieri preposi all’accoglienza dei rifugiati una volta giunti in Italia. Coordinati dal Covi e dal Jfhq, sono stati attivati assetti del Comando operazioni forze speciali (Cofs), della Joint evacuation task force (Jetf), della Joint special operation task force (Jsotf), del Comando operazioni aerospaziali dell’Aeronautica militare (Coa), della 46^ Brigata aerea, del 14 Stormo e della Task force air di Al Salem, in Kuwait.

IL CONTRIBUTO DELL’AERONAUTICA

In particolare, è l’Arma azzurra ad aver messo a disposizione gli otto aerei che materialmente, alternandosi senza sosta giorno e notte, portano in Italia i collaboratori afghani e i nostri connazionali rimasti nel Paese. Quattro trasporti tattici C130J effettuano in sicurezza e rapidità il ponte aereo dall’aeroporto internazionale di Kabul alla base italiana di Al Salem, in Kuwait. Da qui partono gli altri quattro aerei, i C767A del 14° Stormo, velivoli da trasporto strategico di lungo raggio, che completano il ponte verso l’Italia. Questa “staffetta” aerea consente all’Italia di effettuare l’evacuazione dall’Afghanistan senza soluzione di continuità, giorno e notte e in sicurezza. I C130J, infatti, sono velivoli robusti e dotati anche di difese passive, in grado perciò di operare anche in un teatro operativo delicato come quello afghano.

LE PERSONE DA SALVARE

Come ribadito anche dal ministro Guerini, l’operazione messa in campo dalla Difesa italiana non si fermerà finché l’ultimo collaboratore afghano non sarà stato portato al sicuro in Italia, o comunque finché le condizioni di sicurezza lo permetteranno. Di fronte alle preoccupazioni crescenti per il destino riservato dai talebani a chi ha collaborato con la missione internazionale in Afghanistan, la lista di persone da evacuare dal Paese è cresciuta nel corso del tempo, da circa cinquecento per arrivare a oltre duemila persone, anche grazie alle segnalazioni di interpreti e collaboratori fatte dai giornalisti e dagli operatori che nel tempo si sono succeduti in Afghanistan.

LE MOSSE DELLA NATO

Anche la Nato si è mossa, convocando ieri una riunione speciale con i partner non-Nato della missione Resolute support per discutere la situazione in corso in Afghanistan e continuare l’opera coordinamento per un approccio comune. Durante la riunione i rappresentanti militari dell’Alleanza Atlantica hanno incontrato le loro controparti che rappresentano i Resolute support’s operational partners: Armenia, Australia, Austria, Azerbaijan, Bosnia-Erzegovina, Finlandia, Georgia, Mongolia, Nuova Zelanda, Svezia e Ucraina. Dalla caduta del Paese nelle mani dei talebani, la Nato e i suoi alleati hanno lavorato senza sosta per mantenere aperte le operazioni all’aeroporto internazionale di Kabul, la cui sicurezza è garantita dai militari degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Turchia. Nell’occasione di ieri è stata anche convocata una riunione straordinaria dei ministeri degli esteri prevista per oggi.

Foto dell’Aeronautica militare

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