L’inviato di Biden per il clima ha due obiettivi: preparare la Cop26 e impegnare il governo cinese sullo stop al carbone almeno nei progetti internazionali, visto che in Cina l’apertura di nuove centrali non si ferma
Oggi inizia un nuovo viaggio in Oriente per Johny Kerry. L’inviato speciale per il clima del presidente statunitense Joe Biden trascorrerà due giorni a Tokyo, in Giappone; poi si sposterà a Tianjin, in Cina. Obiettivo: coinvolgere le controparti internazionali negli sforzi bilaterali e multilaterali per fronteggiare la crisi climatica anche in vista della Cop26 di Glasgow, si legge in una nota del dipartimento di Stato americano.
L’agenda di Kerry a Tokyo prevede incontri con il primo ministro Yoshihide Suga, il ministro degli Esteri Toshimitsu Motegi, quello dell’Ambiente Shinjiro Koizumi, e quello dell’Economia Hiroshi Kajiyama.
Come detto, dopo il Giappone, Kerry visiterà la Cina, già visitata sotto l’amministrazione Biden a aprile. Pechino ha voluto mettere il cappello sul viaggio attraverso una dichiarazione del ministero dell’Ecologia e dell’ambiente per sottolineare che Kerry sarà nel Paese “su invito della Cina”.
A Tianjin l’inviato di Biden per le questioni climatiche incontrerà quello del presidente cinese Xi Jinping, Xie Zhenhua, con il quale, dopo l’incontro di metà aprile, aveva pubblicato una dichiarazione congiunta. Un documento da cui emergeva quanto Kerry aveva dichiarato già all’indomani dell’insediamento della nuova amministrazione statunitense a gennaio e quanto sta emergendo sempre più con maggior chiarezza: gli Stati Uniti di Biden considerano il clima una questione “critica” ma “a sé stante”, probabilmente l’unica su cui si può e si deve lavorare assieme alla Cina.
L’obiettivo di Kerry è di coinvolgere Pechino in una moratoria sul finanziamento di progetti internazionali a carbone, ha rivelato qualche giorno fa il Wall Street Journal. Secondo un recente studio del International Institute of Green Finance di Pechino, quest’anno la Cina non ha finanziato alcun impianto a carbone all’estero, ed è la prima volta dal lancio della Via della Seta nel 2013. Ma, hanno spiegato fonti statunitensi al quotidiano finanziario, ora Washington chiede a Pechino di fare un passo in più, dichiarando formalmente lo stop a questi progetti prima della Cop26 di novembre.