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Tasse sui Bitcoin per finanziare le infrastrutture

Il disegno di legge volto a migliorare le infrastrutture negli Stati Uniti è tra le proposte più ambiziose e costose nella storia. Ha un costo di mille miliardi di dollari, e tra i tanti metodi scelti per finanziare il progetto, c’è anche una tassazione sui Bitcoin che vale 28 miliardi

L’infrastructure bill, il piano infrastrutturale proposto dai Democratici e dal Presidente Biden al Congresso Usa, è tra i disegni di legge più ambiziosi dell’ultimo decennio. La proposta mira a ricostruire strade, ponti, sistemi acquiferi, reti di telefonia e wireless, oltre a migliorare le strutture di prevenzione sui disastri naturali e porre dei limiti sull’inquinamento atmosferico. Il progetto ha, però, un costo di circa mille miliardi di dollari.

La domanda che si chiedono in molti è quindi: come verrà finanziato un progetto così ambizioso e costoso? Tra i tanti metodi alternativi trovati, vi è la tassa sui Bitcoin. L’infrastructure bill, dunque, introduce il dovere di dichiarare il guadagno ottenuto da qualsiasi transizione effettuata con una criptovaluta, tassazione che garantirebbe circa 28 miliardi di dollari da reinvestire proprio nel piano infrastrutturale.

Quindi, il disegno di legge di Biden verrà, in parte, finanziato dai Bitcoin andando così incontro alla volontà della Casa Bianca, sempre più propensa a trovare nuovi metodi per regolamentare il mondo delle criptovalute. Come ha infatti riportato il Washington Post, già la scorsa settimana il Segretario del Tesoro Janet Yellen era impegnata in attività di lobby per disciplinare ancora di più, all’interno del piano infrastrutturale, la tassa sui Bitcoin. Se il progetto passasse, questo aprirebbe la porta a una serie di norme volte a uniformare il mondo digitale con quello reale, ma non è detto che il disegno passi così come è stato proposto e non è sicuro che avrà gli effetti voluti dalla Casa Bianca.

Come riporta The Verge, “il testo iniziale del disegno di legge impone ai broker di criptovaluta di segnalare le transazioni come parte delle loro dichiarazioni dei redditi, un obbligo simile a quello esistente per lo scambio di asset tradizionali. Ma il testo originale ha lasciato la definizione di ‘broker’ vaga, estendendosi potenzialmente sia a chi gestisce portafogli sia a chi “estrae” le criptovalute, i cosiddetti minatori.” Proprio per questo motivo, essendo poco chiara la definizione di chi deve dichiarare il guadagno ottenuto dai Bitcoin, sono stati presentati due emendamenti.

Il primo, avanzato dai Senatori Ron Wyden (Dem.) e Cynthia Lummis (Rep.), mira ad esentare i minatori di Bitcoin da qualsiasi obbligo di segnalazione. Mentre quello proposto dal Senatore Mark Warner (Dem.), “definisce broker i minatori proof-of-stake ma non i minatori proof-of-work, a causa dell’ulteriore complessità e flessibilità finanziaria del proof-of-stake mining,” come riportato da Russel Brandom per The Verge. Nessuno dei due emendamenti, completamente opposti l’uno dall’altro, è già passato al Congresso. Le parti si trovano infatti in un’impasse, dato che molti rappresentanti non vogliono accelerare il voto su un progetto di investimenti così vasto. Ciò significa che prima della fine di questa settimana non vi sarà ancora un verdetto finale.

Dunque rimane il dubbio su quale emendamento passerà per capire come sarà il futuro di coloro che investono nei Bitcoin, con la certezza però che una tassazione ci sarà. Non è detto che se uno dei due emendamenti passi, la proposta di legge rimarrà uguale. Questo perché, come riporta anche Reuters, “se il disegno di legge viene approvato dal Senato, come previsto, la Camera dei Rappresentanti guidata dai Democratici dovrebbe ancora discutere e votarlo, in un momento successivo alla ripresa della sessione parlamentare a fine settembre.” Insomma, i Bitcoin finanzieranno l’infrastructure bill, bisogna solo capire come sarà emendato il disegno di legge per capire chi pagherà il conto.


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