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Sviluppo sostenibile, le pagelle di Nord, Centro e Sud

Di Stefano Cianciotta e Idiano D’Adamo

Il progresso italiano verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile mostra performance differenti a livello delle singole regioni. Una recente ricerca ha confermato la distanza tra il Nord e il Sud del Paese. Il Mezzogiorno, però, fa progressi nel rispetto dell’ambiente. L’analisi di Stefano Cianciotta, presidente Abruzzo Sviluppo SpA, e Idiano D’Adamo, docente universitario Sapienza

Lo sviluppo sostenibile è il fulcro del Next Generation Eu ed è l’elemento trainante per un nuovo modo di concepire l’economia, vicina alle imprese e ai consumatori.

La sfida è alquanto complessa, ma avvincente, e si basa sul principio che occorre superare le proprie barriere ideologiche, i propri confini territoriali e volgere lo sguardo verso le opportunità delle future generazioni. Una conversione ecologica, un cambiamento di rotta per la cura della casa comune, non a caso uno dei messaggi di papa Francesco nella sua Enciclica Laudato Si’.

Il progresso italiano verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile mostra però una performance differente a livello delle singole regioni. L’analisi di Idiano D’Adamo, Massimo Gastaldi, Cesare Imbriani e Piergiuseppe Morone, nella ricerca condotta in collaborazione tra Sapienza, Università dell’Aquila ed UnitelmaSapienza, ha confrontato la performance delle regioni italiane in funzione di 178 indicatori associati allo sviluppo sostenibile, sulla base dei dati proposti da Istat.

Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia sono le regioni italiane che registrano le performance migliori, mentre Puglia, Campania, Calabria e Sicilia chiudono la graduatoria. Le regioni settentrionali e quelle centrali (con l’eccezione del Lazio) sono sopra la media nazionale; tra le regioni meridionali la performance più significativa è raggiunta dall’Abruzzo.

Inoltre, un risultato rilevante è quello che emerge dalla scomposizione dell’indicatore complessivo di sostenibilità in funzione delle sue tre dimensioni: la macro-area settentrionale e quella centrale primeggiano in modo significativo nella dimensione economica e in quella sociale, mentre in quella ambientale è la macro-area meridionale che presenta il valore più significativo.

La competitività del Paese richiede quindi interventi mirati per il Sud per coprire questo divario. A tal fine, lo studio evidenzia che le politiche industriali volte a rilanciare l’economia delle regioni del Sud dovrebbero concentrarsi su quei settori meno impattanti per l’ambiente e a tal proposito, la bioeconomia (e più specificamente la bioeconomia circolare) potrebbe rappresentare un macro-settore strategico per il Sud Italia.

Tale processo va chiaramente affiancato alla realizzazione di infrastrutture verdi, allo sviluppo dell’imprenditoria giovanile e a al sostegno verso l’accesso alla finanza verde.

La sinergia tra le università meridionali e il mondo industriale rappresenta il carburante verde per un viaggio il cui obiettivo è quello di far diventare l’Italia competitiva a livello globale. Sono tante le risorse umane e naturali a disposizione di questi territori ed occorre avviare immediatamente quel processo decisionale che sappia intercettare e tradurre in sviluppo tutti i fondi europei disponibili, inclusi quelli del Next Generation Eu.

La sostenibilità non è solo un obiettivo da raggiungere, ma deve essere dimostrata, perché solo in questo modo sarà possibile risolvere i problemi attuali.

È forse giunto il momento di stabilire uno spartiacque che stabilisca sussidi “solo per le azioni veramente sostenibili” e applichi tasse in funzione dell’effettivo livello di degrado ambientale associato a prodotti e servizi basati sull’uso delle fonti fossili.

Tuttavia la sostenibilità non riguarda solo il costo del carbonio, ma concerne anche altri gravi problemi, come lo sfruttamento minorile, i bassi tassi di scolarizzazione, la grave povertà in cui vivono alcune famiglie, la non assistenza sanitaria, l’inefficienza della Pubblica amministrazione e alcune criticità giudiziarie, che devono essere rimosse se soprattutto al sud si vogliono attrarre investimenti.

L’Italia dispone di eccellenze in tutti i settori della vita sociale, occorre solo diffonderli su un maggior numero di territori ed avviare a partire da loro sentieri resilienti e sostenibili.

Le riforme da attuare non sono più rinviabili, perché è nostro compito dare speranze ed opportunità alle future generazioni.

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