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Chi non dà i soldi ai talebani. Se Fmi & Co chiudono i rubinetti

Bloccati circa mezzo miliardo di dollari stanziati dal Fmi per l’Afghanistan e sospesi gli invii della Fed e persino le rimesse della Western Union. Ma c’è chi corre al salvataggio economico del nuovo regime di Kabul…

Rubinetti chiusi per i talebani. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha annunciato ieri che non darà più accesso ai finanziamenti stanziati per l’Afghanistan. E ad oggi tra i pagamenti già calendarizzati dall’organizzazione, sono rimasti bloccati quasi mezzo miliardo di dollari.

La decisione del Fmi è conseguenza dell’incertezza dopo la presa del potere da parte del regime talebano. In un comunicato ufficiale, l’organizzazione spiega che “come sempre accade, il Fmi è guidato dalle prospettive della comunità internazionale […] Al momento manca nella comunità internazionale una chiara visione riguardo il riconoscimento di un nuovo governo in Afghanistan”. Per questo, il Fmi ha deciso di sospendere l’accesso ai diritti speciali di prelievo (Dsp) e ad altre tipologie di risorse finanziarie e creditizie.

Ugualmente, sono state bloccate le riserve della banca centrale afgana, circa 9 miliardi di dollari depositati in banche internazionali, incluse quelle nella Federal Reserve degli Stati Uniti e nella Bank for International Settlements. Il Canada ha dichiarato che non intende riconoscere i talebani come nuova autorità dell’Afghanistan, mentre la Germania ha sospeso l’invio di circa 430 milioni di euro per contribuire allo sviluppo del Paese.

Fermi anche i flussi di denaro che arrivavano per il sostegno delle famiglie tramite servizi come Western Union. Questo metodo d’invio di denaro ha mobilitato circa 789 milioni di dollari nel 2020. I talebani avevano promesso di migliorare l’economia afgana, ma senza gli aiuti internazionali e con le riserve finanziarie trattenute all’estero, sarà un’impresa difficile.

Secondo la Banca Mondiale, nel 2020 il Prodotto interno lordo dell’Afghanistan è stato di 19,81 miliardi di dollari, di cui circa il 43% riconducibile agli aiuti internazionali.

Nell’ultimo report del Comitato di Sanzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si legge che le entrate economiche dei talebani sono 10 volte meno di questi aiuti che arrivano dall’estero: tra i 300 milioni di dollari e al massimo 1 miliardo di dollari (qui l’articolo di Pino Pisicchio sugli affari dei talebani e l’impero dell’oppio).

Charles Kupchan del Council on Foreign Relations ha dichiarato all’Afp che una buona parte delle entrate di denaro dei talebani arriva anche della raccolta di tasse. Sono diventati esperti nel tassare quasi tutta la merce o i servizi nei territori che già controllavano, dai progetti del governo alla vendita di alcuni prodotti. Kupchan sostiene che i talebani vogliono crearsi una buona immagine per accedere agli aiuti economici, soprattutto perché la Cina non sostituirà i Paesi occidentali dal punto di vista finanziario. Non resta che sperare nel sostegno economico della Turchia e della Russia.

Insomma, l’economia dell’Afghanistan è fragile e dipendente dagli aiuti, secondo la Banca Mondiale. Lo sviluppo economico e la diversificazione sono stati bloccati per anni dalla corruzione, la debolezza delle istituzioni e l’instabilità politica.



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