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L’unico punto di vista sull’Afghanistan sarà cinese (con un pizzino a Taiwan)

“Il fallimento degli Usa in Afghanistan serve da avvertimento ai secessionisti taiwanesi”, scrive il Global Times. Il messaggio che vuole trasmettere Pechino è chiaro: in caso di un conflitto armato a Taiwan, gli Usa non si schiereranno per salvarli

L’Afghanistan raccontato dal punto di vista cinese. L’arrivo dei talebani al potere a Kabul sembra lo scenario perfetto per spingere, ancora di più, la retorica globale anti-americana di Pechino. E per lanciare un messaggio chiaro, in diretta, ai suoi avversari.

Infatti le autorità cinesi stano sfruttando il caos in Afghanistan per lanciare un messaggio a Taiwan, come ha spiegato in un articolo su Formiche.net Stefano Pelaggi. Con il titolo “Che hanno in comune Afghanistan, Iraq, Somalia, Libano e Vietnam?”, il quotidiano cinese Global Times ha pubblicato un editoriale in cui l’autore, Franz Gayl, ex marine americano, veterano in Iraq e whistleblower del Pentagono, sostiene che tutti sono stati “abbandonati” dagli Stati Uniti.

Un altro articolo del Global Times scrive: “Il fallimento degli Usa in Afghanistan serve da avvertimento ai secessionisti taiwanesi”. Il messaggio che vuole trasmettere Pechino è chiaro: in caso di un conflitto armato in Taiwan, gli Usa non si schiereranno per salvarli.

Come evidenzia in un tweet Giulia Pompili, che segue la regione Asia-Pacifico per Il Foglio, “la notizia è che China media group sia tra i pochi media autorizzati a entrare e filmare l’aeroporto di Kabul in mano ai talebani. Immagino che di qui in avanti il giornalismo cinese ci racconterà il nuovo Afghanistan ‘sul campo’”.

Un privilegio per pochi, quello di potere restare sul territorio afgano per fare una copertura mediatica, dopo la ritirata della corrispondente della Cnn, Clarissa Ward (qui l’articolo di Formiche.net).

I talebani avrebbero perseguitato una giornalista della tedesca Deutsche Welle e ucciso un membro della sua famiglia. Secondo molti giornalisti e difensori dei diritti umani, il regime talebano si è scagliato contro i professionisti dell’informazione, non solo del genere femminile e occidentale.

Samiullah Mahdi, ex direttore dell’emittente afgano Tolo, e professore dell’Università di Kabul, ha spiegato al The New York Times che giornalisti come lui hanno combattuto per più di 20 anni per costruire un’industria mediatica plurale nel Paese, rifiutando molte opportunità all’estero. Oggi cercano di fuggire dal totalitarismo estremista islamico. “Sono microfono e telecamere contro mitragliette AK-47 – ha aggiunto -. È una battaglia difficile”.

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