Una vittoria di Pirro. Il voto per la Duma russa ha confermato in testa ai consensi il partito di Vladimir Putin “Russia Unita”. Ma la strategia del “voto intelligente” che ha lanciato il Partito comunista è un precedente che preoccupa il Cremlino. L’analisi di Mikhail Minakov
Dal 17 al 19 settembre la Russia è andata ancora una volta alle urne. Si è votato per la Duma, un organo che in verità non svolge alcun ruolo di supervisione del potere esecutivo, ma ha mantenuto negli anni una funzione simbolica non irrilevante.
Nel contesto autocratico, l’elezione parlamentare è un rituale importante quando i cittadini manifestano pubblicamente la loro lealtà — o la loro insoddisfazione — all’autocrate, al gruppo dirigente e all’ordine politico. Così, per le autorità e per i governanti, i risultati delle elezioni sono molto importanti: è una sorta di cerimonia in cui il partito dell’autocrate dimostra la sua capacità di controllare l’umore pubblico e le elezioni, mentre gli elettori mostrano la loro accettazione dell’ordine o il loro disaccordo con esso.
Il parlamento russo (Duma Statale, con 450 membri che agiscono per cinque anni) è di natura mista: metà dei deputati è eletta attraverso liste di partito e un’altra metà personalmente in distretti maggioritari. Negli ultimi cinque anni il partito “Russia Unita” — il partito del potere e dei burocrati che si associa a Putin e lo sostiene qualunque cosa decida — ha controllato completamente la Duma con 334 deputati.
Le maggiori fazioni dell’opposizione erano formate dal Partito comunista (43 deputati) e dal “Partito liberal-democratico” di Žirinovskij (40 deputati). Un predominio che in parte è il risultato della cosiddetta “sindrome di Crimea”, l’euforia imperialista della società russa dopo l’annessione della Crimea nel 2014. Anche se, numeri alla mano, questa euforia ha portato solo il 47% dei russi ai seggi elettorali nell’anno 2016.
Nel 2021 l’effetto Crimea è svanito, mentre le questioni economiche e sociali continuano a erodore (ma non uccidono) la popolarità del presidente Putin. In queste condizioni e in vista della transizione di potere nel 2024, il regime russo si sta lentamente trasformando dall’autocrazia patriarcale di un leader popolare in autocrazia più repressiva.
Anche per questo i preparativi per le elezioni alla Duma sono stati inediti: il governo ha cercato di portare almeno il 50% degli elettori ai seggi e il partito al potere ha cercato di ripetere il successo del 2016. Per la prima volta le elezioni si sono svolte non in uno, ma in tre giorni, ed è stato introdotto il voto online. Inoltre, gli abitanti delle zone non-controllate del Donbas che hanno ottenuto la cittadinanza russa sono stati autorizzati a votare.
Secondo i calcoli della Commissione elettorale centrale russa i risultati delle elezioni sono stati i seguenti:
• Russia Unita— 49,8%
• Partito comunista — 18,9%
• Partito liberal-democratico — 7,5%
• “La Russia giusta” — 7,4%
• “Il Nuovo Popolo” — 5,3%
I candidati maggioritari di Russia Unita hanno vinto 198 seggi, quelli del Partito comunista solo 9. Ancora 18 candidati dei partiti più piccoli sono diventati deputati nelle principali regioni.
C’è ancora un dibattito tra politologi e analisti su quanti voti siano stati attribuiti al partito al potere e quanti siano stati sottratti ai comunisti. Ma c’è un generale consenso sulle gravi discrepanze tra il voto reale dei cittadini russi e i risultati elettorali conteggiati. Allo stesso tempo, i dati della Commissione elettorale centrale russa mostrano la reale volontà del gruppo dirigente.
Basandomi sulla situazione in Russia come mostrato dalle attuali elezioni — sia durante la campagna che al momento di tirare le somme — evidenzierei i seguenti risultati per le elezioni parlamentari del 2021.
1. Il Cremlino e il partito “Russia Unita” hanno dimostrato di controllare la situazione nel paese, tutti i centri di potere e, tra questi, il sistema elettorale. Le modifiche al sistema di voto hanno permesso — almeno nei numeri — di mostrare un risultato elettorale non peggiore del 2016.
2. La campagna elettorale ha anche rivelato che tutti i concorrenti di “Russia Unita” hanno perseguito una strategia dell’autolimitazione. I partiti in corsa hanno rispettato il limite alla critica delle autorità e hanno rifiutato di giocare un ruolo attivo nei gruppi elettorali di “Russia Unita”. I partiti di vera e propria opposizione invece hanno cercato di occupare quelle nicchie elettorali che non sono rivendicate dal gruppo dirigente, comuniste, liberali, “verdi”, ecc.
3. Il fattore Crimea che in questi anni ha fatto da motore del patriottismo ha esaurito le sue ragioni. La critica alle autorità sta diventando sempre più legittima non solo per i radicali, ma anche per una parte dell’elettorato moderato. Ma i partiti, mentre continuano a permettersi una critica “morbida” del Cremlino, cercano di minimizzare i rischi politici. Anche durante le elezioni, la politica estera ha avuto un ruolo minimo. L’unico tema geopolitico un po’ di rilievo è stata la questione bielorussa, ma senza grande impatto sull’elettorato.
4. Il partito comunista si sta muovendo al di fuori della sua nicchia originale. I comunisti hanno cautamente aumentato il grado di critica delle autorità concentrando l’attenzione sui temi sociali: aumento dell’età pensionabile, indicizzazione delle pensioni, ecc. Il partito ha inoltre cercato di evitare la nicchia elettorale “sovietica”, lasciando sullo sfondo il Dna leninista-stalinista che spaventa la classe media. Era già successo durante la campagna per la Duma di Mosca del 2019,
Il “voto intelligente”, di cui i comunisti sono stati i primi beneficiari, è stato reso possibile in parte da questa evoluzione strategica. Allo stesso tempo il Partito comunista, partito di protesta, si muove in parte su un territorio non distante da quello di “Russia Unita”, una strategia che attenua gli scontri con le autorità.
Il partito conferma ancora una volta la sua reputazione di “centauro politico”. Proprio come la creatura mitologica aveva due identità, così oggi il partito mostra due facce— una leale, l’altra di opposizione. È il “centauro” che ha permesso ai comunisti di rimanere a galla per quasi tre decenni, non solo mantenendo intatto l’elettorato ideologico delle origini, ma anche attirando una parte significativa di elettori di protesta. Con l’aumento degli elettori radicali però il Partito comunista si trova oggi a rischio di divisioni interne. Mentre gli attivisti regionali hanno provato a spingere per la radicalizzazione politica, la leadership del partito preferisce trattare con il Cremlino.
5. I lealisti del “Nuovo Popolo” non hanno criticato seriamente il governo, ma hanno comunque promosso idee di rinnovamento della sfera politica e pubblica.
6. Uno dei punti chiave della campagna è stato il blocco dell’app Smart Voting, dei bot dei social media e di alcuni canali e siti web. Apple, Google, Yandex e Telegram hanno dovuto conformarsi alle richieste delle autorità russe. La mano dura del Cremlino nei confronti dei giganti dell’IT, basandosi sulle lezioni apprese dalla campagna presidenziale statunitense del 2020, ha rivelato che le big tech possono essere più deboli del governo e sul lungo periodo cedono il passo, preoccupandosi dei loro profitti piuttosto che delle simpatie politiche.
In conclusione, il Cremlino ha assicurato a “Russia Unita” la maggioranza, impedito ai comunisti di sfondare la barriera psicologica del 20% e ha fatto spazio al partito “Nuovo Popolo”, creato di recente.
Non è stato un successo: l’elezione ha lasciato l’amaro in bocca a Putin e alla dirigenza di Russia Unita, diffondendo una certa inquietudine tra le élites a Mosca. Il voto di protesta è in aumento e la campagna è stata ampiamente disertata da una parte della cittadinanza.
Il futuro di Putin è ancora nelle sue mani. Deciderà più in là se accontentarsi di un incarico onorario. Nel frattempo continua a costruire un modello di potere più complesso e repressivo, basato sul suo controllo verticale dell’intelligence e della sicurezza e sulla censura di ogni dissenso.