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Un bavaglio tira l’altro. Tutti i brogli nelle elezioni russe

Brogli, trucchi, denunce incrociate. La Russia torna al voto per la Duma e si ripetono le solite scene. Dalle accuse contro il Partito comunista agli appelli di Navalny. Viaggio fra le urne che decidono il destino di Putin

A poche ore del conteggio finale dei voti, il partito del governo Russia Unita festeggia la vittoria. Nonostante il consenso sia calato rispetto ai risultati delle elezioni legislative del 2016, la formazione politica di Vladimir Putin potrà contare molto probabilmente con la maggioranza alla Duma, la camera bassa del Parlamento russo.

Con l’80% delle schede registrate, Russia Unita avrebbe il 49,76%, cinque punti in meno rispetto alle scorse elezioni. Significativo il risultato del Partito Comunista, con circa il 20% dei voti, tra sette e otto punti in più rispetto alle ultime elezioni. In questo scenario, Russia Unita non controllerà più i due terzi della Duma, come avvenuto fino ad oggi, per cui dovrà confrontarsi con il Partito Comunista.

Per il leader dei comunisti russi, Gennadij Zjuganov, gli elettori “hanno ascoltato, creduto e votato”, legittimando così il risultato. Sono crollati i voti invece per il Partito liberaldemocratico (Ldpr), fermo al 7,53% e New People dell’imprenditore Aleksej Nechaev con il 5,31%.

Con la piattaforma Voto intelligente, rimossa poche ore prima del voto da Google e Apple Store (e successivamente Telegram), l’opposizione russa voleva unificare la scelta degli elettori dell’opposizione, molto divisi tra loro. Più della metà dei candidati “consigliati” dal sito, circa 137, appartengono al Partito Comunista, nonostante Zjuganov abbia a suo tempo definito Alexei Navalny un “traditore tornato nel suo Paese per incendiarlo”. Questo perché il Partito Comunista è l’unica opposizione “tollerata” dalle autorità russe.

Ieri Navalny ha pubblicato un appello agli elettori su Instagram: “Oggi il vostro voto conta. Non siate pigri, andate a votare. Cercate di convincere qualcun altro a fare lo stesso”. L’oppositore ha spiegato che era possibile cercare la lista di candidati dell’opposizione e votare per qualsiasi tranne Russia Unita. L’opposizione aveva messo a disposizione degli elettori un documento condiviso su Google Docs, che è stato cancellato dall’organizzazione regolatrice Roskomnadzor.

L’ong Golos ha pubblicato una “mappa delle irregolarità” nelle elezioni russe, in cui denuncia circa 4000 casi di frode in tutto il Paese. Golos, che è un’organizzazione che sorveglia i diritti degli elettori ed è stata qualificata come “agente straniero” da parte delle autorità russe, sostiene che il principale problema a livello nazionale è la “votazione forzosa”, cioè la costrizione esercitata su militanti e funzionari pubblici di votare per Russia Unita, seguita dalla manipolazione del voto a distanza e la “compra di voti”.

Oltre alla vicenda della data dell’orologio di Putin al momento del voto, e le incongruenze nei conti dei voti elettronici, ci sono molte altre dinamiche su possibili brogli elettorali. A Chipyshevo, vicino Chelyabinsk, per esempio, un gruppo di persone ha votato al posto di una famiglia di sei elettori, tra cui una persona deceduta. A Pyatigorsk una telecamera ha registrato una donna che cercava di coprire un’altra persona mentre introduceva schede elettorali in una scatola. Altre persone sono state registrate votando più volte in seggio Kletnya, nella regione di Bryansk, dopo essersi cambiati i vestiti. Su Twitter sono diventati virali alcuni video di aggressioni, arresti e violenze contro sostenitori dell’opposizione a Putin.

Dal Cremlino arrivano di rimando accuse contro gli Stati Uniti e il Regno Unito. La Commissione parlamentare russa per le elezioni indaga sulla possibile ingerenza straniera negli affari interni del Paese.

Vasili Piskariov, presidente della Commissione, ha dichiarato che “i media dell’Occidente hanno scatenato una campagna di propaganda ostile per discreditare il sistema elettorale russo. La maggioranza delle pubblicazioni sono partite dagli Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Repubblica Ceca […] La quantità di pubblicazioni negative e fake news sulle elezioni aumentavano conforme si avvicinava la data di votazione”.

 

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