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Crisi energetica, Tabarelli spiega cosa si è inceppato in Italia (e non solo)

La crisi energetica in atto sarebbe bene non sprecarla perché si ritorni tutti a maggiore realismo. Cominciando con lo smettere di pensare che le fonti rinnovabili possano sostituire entro pochi mesi le fossili, e anche il gas. Il commento di Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia

Difficile trovare parole per descrivere la crisi che ha investito il sistema energetico dell’Europa, con prezzi del gas che sono passati da minimi di 6 euro per megawattora nel maggio 2021 ad oltre 170 per megawattora a metà settembre 2021. I prezzi dell’elettricità inevitabilmente hanno seguito il gas, visto che l’elettricità, quella dell’ultimo impianto chiamato a produrre, si fa con il gas, in particolare in Italia.

Qui i prezzi sono passati da minimi di 22 euro per megawattora nel maggio 2020, a picchi, il 15 settembre 2021, di oltre 180. Qualsiasi mercato che ha simili oscillazioni ha dei seri problemi e testimonia in maniera eclatante tutta la complessità generata dall’uscita dal crollo dell’economia causato dalla pandemia, problema che, magra consolazione, riguarda molti altri settori, dai chips, al legno, dal rame, alla logistica delle navi e dei camion.

Per l’energia in Europa sta diventando, però, il caso più grave e questo ce lo ha ricordato proprio il ministro della Transizione Ecologica, il nostro Cingolani, annunciando il 13 settembre un aumento delle tariffe addirittura del 40%. Nei giorni successivi le cose sono ancora peggiorate, e l’aumento che si prospetta sarebbe addirittura superiore al 50% e forzerà il governo ad un intervento straordinario molto più intenso di quello adottato a luglio 2021, quando il potenziale aumento del 20% venne contenuto al 9,9% per l’elettricità e al 15% per il gas.

Le tariffe, per definizione, sono stabili e normalmente hanno variazioni contenute al massimo intorno al 3-5%, invece, ultimamente viaggiamo a due cifre e anche questo indica che il sistema s’è inceppato. L’impatto sull’inflazione sarà doloroso, con un tasso che salirà ben oltre il 3% contro l’attuale 2% creando le consuete fibrillazioni sui mercati. Rispetto al 3% del resto d’Europa, o al 5% degli Stati Uniti non sembra un problema particolarmente grave, tuttavia, l’Italia ha il debito più grande e ogni variazione dei tassi di interesse verso l’alto vuole dire maggiore spesa.

Se non altro possiamo sperare che le cause dell’attuale crisi siano solo momentanee e che dopo il prossimo inverno, periodo per il quale si intravede carenza di gas, le cose possano tornare a normalità. Tuttavia, occorre ricordare che alcune delle cause del presente rialzo non sono proprio congiunturali, a cominciare dal forte rialzo del prezzo della CO2 che ha contribuito per un quinto ai recenti aumenti.

Il suo prezzo, passato da 25 euro per permesso in media nel 2020 agli attuali 61 è destinato a continuare a salire, visto gli impegni, al limite dell’irrealistico dell’Unione Europea verso il fatidico meno 55% al 2030. Certo, le basse scorte di gas a settembre 2021, alla vigilia della stagione invernale quando il gas diventa il combustibile per riscaldarci, sono dovute al clima molto rigido protrattosi inusualmente fino a maggio scorso. La loro mancata ricostituzione, però, è dovuta a ridotte forniture dalla Russia e dalla Norvegia che manifestano più frequenti difficoltà tecniche che potrebbero lasciare intendere obsolescenza delle strutture, aspetto destinato a ridurre i flussi anche in futuro.

Poi, tutto il gas naturale liquefatto, Gnl, esportato dagli Stati Uniti sta andando in Asia, dove la domanda è esplosa per la fine della pandemia, ma anche perché il carbone, il combustibile che doveva essere scomparso da tempo, ha prezzi che sono più che triplicati, perché la domanda non trova copertura. Che la domanda asiatica continui ad assorbire in futuro tutto il Gnl disponibile è fuori discussione.

Quello che nel frattempo occorre sottolineare è che l’Europa sta rinunciando alla sua produzione interna, in particolare in Olanda, dove di fatto è stato chiuso il grande giacimento di Groninga, e in Italia, dove le riserve sono enormi e la produzione, invece, è in forte calo. Poi c’è la continua fuga dalla realtà con la convinzione che le fonti rinnovabili possano sostituire entro pochi mesi le fossili, e anche il gas, in tutti i settori, dal riscaldamento, ai trasporti, all’industria. La crisi del 2021 sarebbe bene non sprecarla perché si ritorni tutti a maggiore realismo.



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