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Caro bollette, la transizione energetica non è né oggi né domani ma…

Bisogna intervenire a breve per ridurre i costi energetici, riducendo gli oneri in bolletta, “scudando” gli effetti alle imprese, attuando tutte le misure ordinarie già previste. E, se non bastassero, varandone qualcuna di straordinaria. L’intervento di Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta

Con una certa preoccupazione (e partecipazione) assistiamo al dibattito innescato dal rincaro della bolletta elettrica per famiglie e imprese.

Sembrano confrontarsi due opposti partiti: quelli che sostengono che le “rinnovabili siano la soluzione” e gli “altri” che ricordano l’importanza dei combustibili fossili e, magari, mettono sul tavolo il tema del “nucleare pulito”.

Ora è evidente che siamo in una fase di “transizione” (abbiamo addirittura un ministero della Transizione Ecologica) e che le soluzioni devono essere trovate e ricercate.

Non c’è solo il rincaro dell’energia, c’è quello delle materie prime e dei trasporti e così via.

Ma dedichiamoci al rincaro energetico. Anche in questo ambito, come in tanti altri, dobbiamo ormai guardare ad Oriente, alla Cina. Vero anche lì ci siano delle iniziative analoghe a quelle europee in materia (tipo ETS e Fit for 55 per intendersi), ma è anche vero che hanno messo il piede sull’acceleratore e consumano più energia (tutta, senza distinguere) e materie prime. Anche in Europa e nel resto del Mondo, con i loro pesi relativi, sta avvenendo la stessa cosa.

E il prezzo lo fa il MKW senza distinguere se è “verde”, “blu” o “grigio”.

Certo se in Italia e in Europa avessimo investito in rinnovabili non saremmo in questa situazione… Ma non lo abbiamo forse fatto? Nella bolletta che pagano consumatori e imprese ci sono i relativi oneri (intorno ai 12 miliardi annui): anche questo è un “costo” che fa parte della bolletta e fino a qualche tempo fa erano all’incirca la metà. Non lo dimentichiamo

Dobbiamo fare di più? Certo, dobbiamo farlo.

Nel dl Semplificazioni (Legge n. 108/2021) ci sono una serie di snellimenti che riguardano le opere del Pnrr e del Pniec (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima), incluse quelle sulle fonti rinnovabili che rappresentano la parte più consistente degli obiettivi.

Produrre più energia da fonte rinnovabile “calmiera” il mercato? Sì, certo, anzi produrre più energia in genere (a prescindere se sia “verde” o meno) contribuisce ad adeguare offerta ad una offerta che è indubbiamente più elevata.

Sembra, anche a causa di qualche defaillance dell’energia eolica in Europa riportano le cronache.

Che fare allora? In nome di una “decarbonizzazione” non ancora avvenuta dobbiamo consegnare imprese e famiglie al “caro bolletta”? Non possiamo, perché ne pagheremmo tutte le conseguenze.

Se molte industrie “essenziali” non si sono fermate neanche per la pandemia si corre il rischio di farlo oggi: scaricare aumenti quotidiani di energia e CO2 su clienti e famiglie può diventare impossibile.

Anche la stessa sostenibilità corre il rischio di rallentare: il settore manifatturiero, che rappresenta una percentuale importante dell’infrastruttura di riciclo nazionale, molto spesso, usa proprio il gas per far “girare” i propri impianti.

Bisogna, quindi, intervenire a breve per ridurre i costi energetici, riducendo gli oneri in bolletta, “scudando” gli effetti alle imprese, attuando tutte le misure ordinarie già previste. E, se non bastassero, varandone qualcuna di straordinaria.

Occorre lavorare, tutti, per realizzare quegli impianti che mancano nel solare, nell’eolico, per il biometano e le biomasse, per il recupero dei rifiuti, non dimenticando le c.d. “breakthrough tecnologies” (come dar torto al ministro Cingolani?) mantenendo una parte di energia da fossili, puntando a tecnologie efficienti e sofisticate (ad esempio la cogenerazione).

Se l’energia (come le materie prime e tanto altro), è influenzata dalla geopolitica occorre “costruire” un quadro adeguato che rafforzi l’Italia e l’Europa.

Come? Fa bene l’Europa a confrontarsi sul “Fit for 55”, ma farebbe altrettanto bene a completare il mercato interno per essere lei un punto di riferimento a livello geopolitico.

A questo proposito prendo a prestito un paio di passaggi dalla Dichiarazione dell’11° Bilaterale BDI-Confindustria del 6/7 settembre scorso svoltosi a Roma.

“L’integrazione del mercato Ue dell’energia dovrebbe essere completata con particolare riferimento al mercato del gas naturale – prodotto chiave del processo di decarbonizzazione – al fine di promuovere l’efficienza di mercato, di rafforzare la competitività dell’Unione Europea, e di aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento. Realizzare un mercato del gas integrato, liquido ed interoperabile, oltre a rimuovere gli ostacoli normativi operativi e tariffari esistenti, andrebbe a facilitare la corretta e rapida integrazione dei gas rinnovabili a basse emissioni di carbonio nel sistema energetico generale.

L’approccio alle rinnovabili e all’idrogeno, tuttavia, deve divenire molto più ambizioso e deve essere meglio collegato alla decarbonizzazione dei settori industriali ad alta intensità energetica i cui investimenti trasformativi necessitano ora di un quadro politico chiaro e di un cofinanziamento pubblico. Allo stesso modo, l’ampia trasformazione del settore dei trasporti necessita della creazione di nuove infrastrutture adeguate alla ricarica di EV, per combustibili a basse o a zero emissioni di CO2 e così via in Europa nel medio termine. Nel periodo di transizione, è importante permettere a tutte le soluzioni a basse emissioni di carbonio di contribuire e competere su una base equa verso gli obiettivi di mobilità pulita”.

Troppo complesso? Infatti, la transizione non è né oggi né domani, ma per arrivare al 2030 con degli obiettivi raggiunti occorre dare un quadro di riferimento agli investimenti necessari nel più breve tempo possibile.

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