Due rapporti di altrettanti think tank americani raccontano come Pechino utilizzi i suoi diplomatici per andare a caccia di tecnologie straniere sfruttando le ambiguità dual-use. E dopo il caso italiano Alpi Aviation si torna a parlare di trasferimenti forzati di know-how
Editing genomico, 5G, intelligenza artificiale, calco quantistico e tecnologie aerospaziale. In questi campi della scienza e della tecnologia la Cina tiene testa agli Stati Uniti. Anche grazie alla tecnologia altrui”. Alcuni studiosi, per esempio, raccomandano alla Cina di adottare un “percorso di sviluppo diversificato”, che includa l’acquisizione di competenze in “aerospazio, energia nucleare, nuove energie, droni e 5G”. È in questo scenario analizzato in un recente rapporto del Center for Security and Emerging Technology, think tank che ha sede alla School of Foreign Service della Georgetown University, che si muovono i “diplomatici della scienza e della tecnologia” di Pechino.
Gli esperti del centro studi statunitense descrivono così il loro lavoro: “Agiscono come intermediari all’interno della più ampia strategia cinese per acquisire tecnologia straniera. Ogni anno, presentano centinaia di rapporti ufficiali sulle loro attività”.
Di questi, il rapporto ne ha analizzati 642, consegnati dal 2015 al 2020. E conclude così, mettendo in guardia i Paesi occidentali e non soltanto: “Sfruttando le risorse e le infrastrutture dello Stato, le imprese cinesi apparentemente private possono identificare opportunità di investimento più facilmente e concludere accordi a condizioni migliori rispetto alle imprese private straniere”. In pratica queste società hanno nei “diplomatici della scienza e della tecnologia” una sorta di talent scout. E quelle che cercano di fare affari con la Cina? “Andando avanti”, concludono gli esperti, “probabilmente continueranno a dover affrontare il trasferimento forzato di tecnologia” e “difficilmente possono rimanere competitive con le imprese cinesi che beneficiano di broker tecnologici sostenuti dallo Stato”.
Una situazione che ricorda la recente storia di Alpi Aviation, l’azienda friulana produttrice di droni, passata tre anni fa nelle mani di due società statuali cinesi con “modalità opache” secondo la Guardia di finanza. Le Fiamme gialle hanno contestato due violazioni: della legge 185/1990, che disciplina l’export di armamenti, e del cosiddetto Golden power. Sotto questo secondo profilo, l’operazione del 2018 sarebbe stata conclusa omettendo di informare preventivamente la presidenza del Consiglio dei ministri, violando la normativa che attribuisce speciali poteri alle autorità italiane sugli assetti societari di realtà strategiche in vari settori. Come rivelato da Formiche.net il dossier è già arrivato al Dipartimento per il coordinamento amministrativo, istituito a Palazzo Chigi, che dovrà verificare se l’obbligo di notifica dell’operazione è stato violato e successivamente avviare un procedimento sanzionatorio (la legge prevede una sanzione amministrativa di importo fino al doppio del valore dell’operazione e comunque non inferiore all’1 per cento del fatturato realizzato dall’impresa interessata nell’ultimo esercizio per il quale sia stato approvato il bilancio, oltre a una serie di misure accessorie come il ripristino dello status quo ante).
E di tecnologie dual-use come i droni e di acquisti di tecnologia straniera da parte della Cina parla anche un rapporto di quasi due anni fa dell’organizzazione americana C4ADS intitolato “Open Arms” che ha acceso un riflettore sulla cosiddetta strategia cinese IDAR (introduce, digest, absorb, re-innovate): introdurre una tecnologia straniera, digerirla, assorbirla e rinnovarla.
Questa strategia va a braccetto con una seconda: la cosiddetta Military-Civil Fusion, che il dipartimento di Stato americano definisce una “strategia aggressiva del Partito comunista cinese” per “permettere alla Repubblica popolare cinese”, giocando sui confini del dual-use, “di sviluppare l’esercito più tecnologicamente avanzato del mondo”.
L’obiettivo di Pechino è chiaro e dichiarato: rendere la Cina la potenza mondiale nell’innovazione scientifica e tecnologica entro il 2050. E gli Stati Uniti e i loro alleati e partner come decideranno di muoversi per continuare a sviluppare scienza e tecnologia ma allo stesso tempo per proteggerle? Gli sviluppi della questione Alpi Aviation potrebbero dare qualche indizio sulla direzione italiana.