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Quo vadis centrodestra? Le sfide del test elettorale nella bussola di Ocone

L’immagine, che oggi in politica è molto, senza voler far torto ai prescelti, che sono spesso eccellenti professionisti, è quella della montagna che ha partorito il topolino dopo aver dato ad intendere che stava venendo fuori un leone. Illusione e successiva delusione sono un brutto mix, soprattutto agli occhi di quegli elettori incerti che in una elezione possono fare la differenza

Mancano due settimane esatte da un importante test amministrativo, che interesserà le maggiori città italiane, chiamate al rinnovo dei loro consigli comunali e dei sindaci che le hanno guidate negli ultimi cinque anni. È prassi retorica consolidata che i leader politici mettano le mani innanzi, per così dire, e dicano che le consultazioni non avranno riflessi nazionali e che i risultati elettorali interesseranno solo i circoscritti ambiti locali in cui esse si svolgono.

Lo fa stamane, in un’intervista al Corriere Enrico Letta, che pure è direttamente impegnato in una suppletiva politica a Siena. Che così non sia è fin troppo evidente, soprattutto in un Paese iperpoliticizzato e profondamente diviso in fazioni contrapposte quale è il nostro. Ovviamente, mai come oggi riflessi non ce ne saranno sul governo, a ragione della particolare natura dell’esecutivo diretto da Mario Draghi.

Ma riflessi sono bensì da immaginarsi in quel sottile gioco dei posizionamenti e delle alleanze, persino dei rapporti interni ai singoli partiti, che sono niente affatto inessenziali in una fase prodromica all’elezione del nuovo Capo dello Stato e anche ormai del nuovo Parlamento. All’inizio, il centrodestra era parso in vantaggio, su più punti, rispetto al centrosinistra: non aveva nulla da perdere, partendo da una situazione che lo aveva tenuto fuori, la scorsa volta, dal governo di tutte le maggiori città; correndo l’avversario al primo turno quasi ovunque (Napoli una delle poche eccezioni) separato in più gruppi e spesso anche con la possibilità che non ci si apparenti al secondo (vedi Torino); con sondaggi nazionali favorevoli alla coalizione che la portano ancora oggi a lambire la soglia della maggioranza assoluta dei votanti.

MATTEO SALVINI
LUCA BERNARDO CANDIDATO SINDACO CENTRO DESTRA

Non si trattava, in sostanza, che di individuare qualche buon cavallo, vicino o estraneo a una o tutte le forze della coalizione poco importa, e aspettare fiduciosi la data del 3, e poi quella del 17 ottobre (l’eventuale ballottaggio). Purtroppo è stato a questo punto che le tre forze maggiori della coalizione hanno cominciato a dare il peggio di se stesse: prima hanno fatto trapelare la possibilità di candidature eccellenti almeno nelle maggiori città; poi hanno diffuso nomi forti (Bertolaso a Roma, Albertini a Milano) prima ancora di avere un sì netto dagli interessati; infine, dopo un travaglio interno che sembrava infinito, hanno partorito nomi che a livello pubblico non hanno francamente molto appeal.

L’immagine, che oggi in politica è molto, senza voler far torto ai prescelti, che sono spesso eccellenti professionisti, è quella della montagna che ha partorito il topolino dopo aver dato ad intendere che stava venendo fuori un leone. Illusione e successiva delusione sono un brutto mix, soprattutto agli occhi di quegli elettori incerti che in una elezione possono fare la differenza.

 

ENRICO MICHETTI SIMONETTA MATONE MONICA PICCA MATTEO SALVINI

Considerati tutti questi elementi, il test sarà comunque importante per il centrodestra. Se la coalizione dovesse strappare comunque una o più amministrazioni alla sinistra, o semplicemente ottenere un risultato superiore alle attese, il centrodestra avrebbe capito una cosa importante, e cioè che la forza delle sue idee è superiore ad ogni accidente, che c’è una quota consistente di italiani che non crede o non crede più alla sinistra a prescindere.. Sarebbe una carica non indifferente anche per proseguire con convinzione in un percorso comune e non dividersi su scelte future importanti, a cominciare appunto da quella del presidente della Repubblica. Se invece il test elettorale sarà di segno opposto, la destra forse capirà finalmente che fra gli umori del popolo e il carisma dei leader c’è un terzo elemento da non sottovalutare: la creazione e crescita di una classe dirigente vera e diffusa su tutto il territorio nazionale. Da questo punto di vista, molto lavoro sembra ancora da fare, soprattutto in quella parte del Paese che segna spesso i destini nazionali (e che l’altra volta votò quasi in massa per i Cinque Stelle): il Mezzogiorno d’Italia.


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