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Di Maio: “Abbiamo inferto duri colpi al terrorismo, ma la minaccia è ancora attuale”

Di Luigi Di Maio

Pubblichiamo il testo dell’intervento di Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, in occasione dell’evento “2001-2021: la guerra dei vent’anni” organizzato dal Centro Studi Americani in collaborazione con American Chamber of Commerce in Italy e Aspen Institute Italia

Ringrazio il Centro Studi Americani, l’Aspen Institute e la Camera di Commercio statunitense e i loro presidenti Giovanni De Gennaro, Giulio Tremonti e Luca Arnaboldi. Eventi come quello di oggi forniscono un contributo importante per comprendere le dinamiche internazionali e orientare la nostra politica estera.

Ricorre in questi giorni il ventesimo anniversario degli attacchi alle Torri Gemelle. Il mio pensiero va a tutti i caduti e alle loro famiglie, inclusi i cittadini italiani e di origini italiane che hanno perso la vita a Ground Zero, e a tutte le vittime del terrorismo internazionale. Coltivare la memoria è un atto che ci riguarda tutti, nel nome dei valori della pace, della vita e dei diritti. Ricordare significa creare coscienza e porre le basi per sconfiggere ogni estremismo.

L’11 settembre porta con sé una forte carica simbolica per gli americani e per tutti noi. Esso ha segnato uno spartiacque epocale. In primo luogo, sul piano dei valori: ciò che Al-Qaeda voleva colpire con la sua azione terroristica era infatti il messaggio universale di democrazia, libertà e dignità della persona, connaturato all’idea di America. In secondo luogo, l’attacco alle Torri Gemelle ha fatto emergere il terrorismo come una minaccia globale alla pace e alla sicurezza.

Sin dal principio, questo trauma è stato vissuto come l’inizio di uno scontro tra due visioni del mondo, come una guerra contro l’estremismo in difesa dei valori su cui si fonda la nostra civiltà. Per la prima volta nella storia della Nato, fu invocato l’articolo 5 e ne seguì l’intervento internazionale in Afghanistan.

Per vent’anni siamo stati al fianco del popolo afghano per contrastare il terrorismo, difendere le libertà fondamentali, i diritti civili, i diritti di donne e minoranze. Abbiamo raggiunto importati risultati, anche a costo della vita di 54 militari italiani.

Il nostro impegno è ora rivolto a preservare i progressi raggiunti. Abbiamo sostenuto la riforma della giustizia afghana, lo sviluppo di infrastrutture, ospedali e sistemi idrici. La mortalità infantile si è più che dimezzata. Il tasso di alfabetizzazione dei giovani è aumentato dal 31% del 2005 al 64% del 2020. Tra il 2001 e il 2018, il tasso di iscrizione femminile alla scuola primaria è passato da un valore prossimo allo zero a oltre l’80%. In venti anni, abbiamo contribuito a formare una generazione con una visione della società basata sui diritti e sulle libertà fondamentali.

Oggi, le notizie dall’Afghanistan non sono incoraggianti. La nomina del governo ad interim desta molte preoccupazioni, considerata la presenza di alcuni soggetti già noti per legami con il terrorismo. Stiamo valutando i Talebani dai fatti, non dai loro proclami, e non possono essere condivisibili i primi provvedimenti dei Talebani che limitano i diritti delle donne, come quello che vieta loro lo sport. Alla luce di queste azioni, la comunità internazionale non può certo compiere azioni di riconoscimento o legittimazione.

Serve fermezza e l’impegno dell’Italia in tal senso è massimo. A questo proposito, abbiamo concordato a livello europeo cinque condizioni che saranno alla base delle nostre valutazioni: rispetto dei diritti umani, in particolare di donne e minoranze; cooperazione nel contrasto al terrorismo; formazione di un Governo inclusivo; garanzia di pieno e sicuro accesso umanitario; libero passaggio per coloro che intendono lasciare il Paese.

L’Italia continuerà ad aiutare gli afghani che vogliono partire e ne hanno titolo. Durante la fase emergenziale, abbiamo trasferito in Italia quasi 5.000 cittadini afghani che hanno collaborato con le istituzioni italiane o si sono esposti per il nostro Paese, il numero più alto tra i Paesi dell’Unione Europea.

Chiusa la fase di emergenza, stiamo avviando un piano italiano di sostegno alla popolazione afghana. In tal senso, stiamo lavorando in raccordo con i partner europei e con i Paesi confinanti per proseguire gli interventi umanitari, sostenere i Paesi vicini nella gestione dell’impatto migratorio e nell’assistenza ai rifugiati, non essendo al momento praticabili corridoi umanitari direttamente dall’Afghanistan.

Per questo, nei giorni scorsi, mi sono recato in Uzbekistan, Tajikistan, Qatar e Pakistan per discutere di crisi afghana, stabilità regionale, accoglienza e corridoi umanitari, assistenza umanitaria, ma anche di cooperazione nella lotta al terrorismo.

Negli ultimi due decenni abbiamo inferto duri colpi al terrorismo internazionale, ma la minaccia è ancora attuale. Dobbiamo proseguire uniti nella lotta al terrorismo, costruendo sulle lezioni apprese anche in Afghanistan.

La prima: la risposta multilaterale è la sola per affrontare una sfida globale. Abbiamo bisogno di un multilateralismo efficace ed inclusivo. Penso ad esempio alla Coalizione anti-Daesh: i risultati che essa ha raggiunto confermano la validità di una risposta multilaterale, inclusiva e articolata.

La seconda: occorre un approccio olistico, che coniughi sicurezza, consolidamento istituzionale, assistenza umanitaria, diritti umani, stato di diritto e sviluppo inclusivo, e che sfrutti al meglio ruolo e strumenti delle Nazioni Unite.

Per evitare che l’Afghanistan torni ad essere un terreno fertile per il terrorismo, dovremo lavorare su tutti questi piani e con tutte le parti che condividono questa preoccupazione: Paesi della regione, Russia e Cina.

Sin dal principio della crisi afghana, abbiamo messo in atto uno sforzo di coordinamento senza precedenti con i nostri partner in ambito Onu, Nato, Ue, G7.

Anzitutto, questa crisi ha confermato la necessità di una forte coesione europea e di una rafforzata autonomia strategica e operativa dell’Unione, in un quadro di complementarietà con la NATO e coordinamento con Washington. È il momento per l’Europa di agire, valorizzando il suo ruolo di attore globale sul piano politico-securitario, come donatore umanitario e finanziatore di sviluppo – il primo nel caso dell’Afghanistan.

Come presidenza del G20, abbiamo inoltre proposto questo foro quale piattaforma inclusiva di coordinamento complessivo sul dossier afghano e stiamo lavorando per un Vertice straordinario sull’Afghanistan.

La ricorrenza dell’11 settembre ci impone una riflessione sul passato e sulle lezioni apprese in questi venti anni, ma deve anche fornirci uno stimolo a continuare, uniti, a contrastare il terrorismo ovunque esso si annidi in nome dei nostri valori. A difesa di libertà e democrazia.

Grazie.

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