Il nuovo accordo tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito apre nuovi interrogativi, sia sul fronte indo-pacifico che su quello atlantico. Se n’è parlato nel live talk di Formiche “The Transatlantic Alliance after Aukus“
L’annuncio di AUKUS cambia gli equilibri nell’Indo-Pacifico nel giro di pochi giorni, aprendo nuove frontiere nelle relazioni internazionali sul piano militare e tecnologico. Tante le domande che il patto tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito porta sul tavolo geopolitico: come si attuerà il contenimento della Cina nei mari? Come risponderà Pechino? Che effetti sta avendo e avrà il nuovo accordo sulle relazioni atlantiche, considerando lo strappo già avvenuto con la Francia? Se n’è parlato nel Live Talk di Formiche “The Transatlantic Alliance after Aukus“, panel moderato da Francesco Bechis che ha ospitato il Professore Associato di Scienze Politiche alla Tufts University Michael Beckley, la Co-Head dell’Asia Centre e Senior Associate Research Fellow dell’ISPI Alessia Amighini e l’editorialista de La Stampa e già Rappresentante permanente dell’Italia alla NATO Stefano Stefanini.
Guardando a quello che è stato il modo in cui le diverse nazioni si sono confrontate con la Cina, Amighini sottolinea come negli ultimi vent’anni tutti si siano occupati dell’espansione di Pechino in maniera indipendente e disordinata, cercando anche di ottenere qualcosa per sé. Dopo le nette politiche di Trump, quello che resta è un comune bisogno di guardarsi intorno per cercare modi di affrontare situazioni simili nel futuro: questo spiega ad esempio la posizione particolare del Giappone, che pur essendo un giocatore principale nella regione, escludendosi dal dibattito ha dato alla Cina una grande occasione per prendere il controllo del Pacifico. La Cina si sta inoltre costruendo una reputazione da innovatrice tecnologica e lo fa considerando Taiwan parte integrante della sua egemonia, aspettando una scusa per far sì che questo diventi una realtà.
Aukus è uno sviluppo naturale delle relazioni internazionali secondo Stefanini, che spiega come gli Stati Uniti si siano rivolti a quei paesi che si trovano in una situazione che li spinge a prendere una posizione forte contro la Cina, ossia Australia e Regno Unito. L’Unione Europea non è ancora pronta per seguire in questo cammino gli Usa, anche se c’è da considerare che la Francia cercherà di approfittare della situazione creatasi per fare un passo avanti verso una autonomia strategica. Sul fronte orientale il Giappone si è sempre preoccupato della Cina e continuerà a farlo, anche se probabilmente abbasserà i toni.
Sul fronte militare la Cina ha già mosso diversi passi in Asia orientale, come sottolinea Beckley, e questo accordo dell’Australia con Usa e Uk non passerà sottotraccia: quando l’Australia ha chiesto ulteriori indagini sulle origini del Covid la Cina ha reagito con una guerra commerciale nei suoi confronti. Solo pochi anni fa l’Australia cercava di decidere se orientarsi più verso la Cina o gli Usa e Aukus è importantissimo da una prospettiva militare perché rende l’Australia un player nell’Indo-Pacifico, con i missili che il paese avrà a costituire una minaccia immediata per la marina cinese.
Gli Stati Uniti non stanno cercando di costruire una nuova Nato in Asia orientale, ma vogliono invece realizzare diverse coalizioni focalizzate su obiettivi specifici per combattere l’egemonia cinese. Lo fanno sul piano dei vaccini, sul piano delle tecnologie con i semiconduttori, su quello militare. Bisogna aspettarsi una reazione molto aggressiva dalla Cina a livello diplomatico ed economico, che però accentuerà ancora di più la solitudine della Cina spaventando le altre nazioni.