Il Giappone potrebbe superare la tradizionale soglia dell’1% del Pil per il proprio budget militare. Sulla scie delle preoccupazioni per l’assertività cinese nell’area, Tokyo cerca da anni di aggiornare il concetto di auto-difesa che affonda le radici nel secondo dopo guerra. Per il 2022 il bilancio della Difesa salirà a quota 50 miliardi di dollari per aumentare le capacità di deterrenza, rafforzare la partnership con gli Stati Uniti e promuovere lo sviluppo tecnologico
La Cina fa davvero paura. Il ministero della Difesa del Giappone ha annunciato un richiesta di budget per il 2022 pari a 50 miliardi di dollari. L’aumento rispetto all’anno in corso sarebbe del 2,6% e segnerebbe il superamento dell’1% del Pil, tradizionale soglia pacifista del Sol levante. La proposta dovrà passare per il ministero della Finanze e poi sarà sottoposta all’approvazione del governo guidato da Yoshihide Suga. Ci potrebbero essere variazioni, ma ormai il trend nipponico pare segnato verso un incremento delle capacità di Difesa. Da diversi anni il “Libro bianco” elaborato dal dicastero evidenzia l’esigenza di modernizzazione dello strumento militare per rispondere alla minaccia che Tokyo avverte come sistemica, quella cinese.
Non sembra casuale che tra le prime reazioni all’annuncio sulla proposta di budget giapponese ci sia stata quella di Pechino. “Il Giappone sta cercando scuse per giustificare la decisione di aumentare le spese militari – ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin – la Cina spera che il Giappone possa fare più cose in favore che contro la pace regionale”. Secondo il più recente report dell’istituto svedese Sipri sulle spese militari, la Cina ha speso nel 2020 per la propria difesa 252 miliardi di dollari, contro i 49,1 del Giappone. Nella classifica globale Pechino è al secondo posto (dietro agli Usa) e Tokyo al nono (davanti a Corea del sud e Italia). L’aumento rispetto al 2019 per i giapponesi è stato dell’1,2%, e del 2,4% su base decennale. Il budget cinese dal 2011 è invece cresciuto del 76%. C’è tra l’altro da pesare i numeri sulla parità di potere d’acquisto (ppp), cioè sulla effettiva capacità di spesa rispetto a costo del lavoro, prezzi di materiali, prodotti e servizi, tutte informazioni che non è sempre facile reperire nel caso della Cina.
A prescindere dai numeri, l’obiettivo del Giappone è aumentare la capacità di deterrenza in un’area (il Pacifico) in cui si condensa la competizione globale. Avvertendo in maniera significativa l’assertività cinese (e senza nascondere apprensione anche per la Russia), Tokyo sta promuovendo una progressiva revisione del concetto dell’auto-difesa, quello su cui sono state costruite dal secondo dopo-guerra le Forze di auto-difesa nipponiche (non “armed” ma “self-defense”). Accanto alla revisione strategica c’è il rafforzamento della collaborazione con gli Stati Uniti. Il partenariato con Washington si basa sul Trattato di sicurezza firmato più di sessant’anni fa, ed è ritenuto “uno degli elementi fondanti della sicurezza nazionale giapponese”.
Ad accompagnare deterrenza e collaborazione con gli Usa c’è la modernizzazione dello strumento militare, con attenzione specifica ai nuovi domini operativi (spazio e cyber) e alle tecnologie dirompenti. “Poiché l’ambiente di sicurezza intorno al Giappone sta diventando sempre più complesso a un ritmo senza precedenti – ha spiegato il ministro Nobuo Kishi – sviluppiamo capacità in nuove aree come lo spazio, il cyber e lo spettro elettromagnetico, e la capacità nell’area marittima e aerea”. Tuttavia, ha aggiunto, “vorremmo costruire una forza di difesa integrata multi-dimensionale”. È il passaggio (guidato dagli Usa) dal concetto inter-forze alla logica del multi-dominio, verso scenari di confronto in cui i vari domini sono connessi e pienamente integrati.
A giugno dello scorso anno il Giappone ha inaugurato il suo Space Operations Squadron, con l’obiettivo dichiarato (difensivo) di monitorare la space debris (i detriti orbitanti) e i satelliti sospetti, così da evitare la collisione con le infrastrutture giapponesi. Per quanto riguarda i sistemi d’arma, come riporta Reuters, la richiesta di budget per il 2022 comprende 950 milioni di dollari per lo sviluppo del nuovo caccia indigeno, nell’ambito di un programma da 40 miliardi per avere un velivolo operativo nel corso del prossimo decennio. Intanto, la spina dorsale del potere aereo sono gli F-35. La nuova richiesta di budget comprese dodici F-35 (di cui quattro in versione B, a decollo corto e atterraggio verticale) da acquistare il prossimo anno. Tokyo è il primo partner del programma internazionale per gli Usa, con un programma di acquisto di circa 150 velivoli di quinta generazione, prodotti da Lockheed Martin.