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Ecco cosa può fare il Comitato golden power sul caso dei droni “cinesi”

Il dossier Alpi Aviation è a Palazzo Chigi. Amministrazioni al lavoro per verificare se l’obbligo di notifica della cessione avvenuta nel 2018 a una società di Hong Kong (che dietro ha due aziende statuali cinesi) è stato violato. Un banco di prova per lo “Stato stratega”, nella definizione del sottosegretario Garofoli

La storia di Alpi Aviation, l’azienda friulana di droni passata nelle mani di due società statuali cinesi con “modalità opache” secondo la Guardia di finanza, sta appassionando addetti al settore e non soltanto. Anche all’estero. È stata infatti ripresa da diverse testate, dal Times di Londra alla BBC, fino a portali specializzati come Defense News, a siti “di regime” come il russo RT e alla versione in lingua cinese dell’emittente cinese Deutsche Welle.

Soltanto Formiche.net, però, ha risposto a una domanda: che cosa accadrà ora? Ecco cosa scrivevamo ieri in merito al subentro societario che, hanno spiegato le Fiamme gialle, sarebbe stato perfezionato in modo da non far emergere il nuovo socio cinese, con ritardi nelle comunicazioni amministrative e omettendo di informare preventivamente la presidenza del Consiglio dei ministri dell’acquisto della maggioranza dell’azienda, violando la normativa Golden power che attribuisce speciali poteri alle autorità italiane sugli assetti societari di realtà strategiche in vari settori.

Poiché la notifica non è stata effettuata nei tempi richiesti, la situazione si trova ora in campo sanzionatorio e non più autorizzativo. Il meccanismo sanzionatorio va dalla sospensione dei diritti di voto fino alla nullità degli atti (compresa la vendita della società). È anche prevista una sanzione amministrativa di importo fino al doppio del valore dell’operazione e comunque non inferiore all’1 per cento del fatturato realizzato dall’impresa interessata nell’ultimo esercizio per il quale sia stato approvato il bilancio, oltre ad una serie di misure accessorie (come il ripristino dello status quo ante). Si tratta di una situazione inedita. La decisione spetterà alla presidenza del Consiglio dei ministri con un provvedimento che sarà eventualmente impugnabile al Tar. Intanto, Alpi Aviation, che ha rapporti anche con il nostro ministero della Difesa, rimane nelle mani del governo della Repubblica popolare cinese, Paese che non rientra nel quadro delle alleanze dell’Italia.

Da una parte ci sono gli aspetti penali della vicenda, che sono di competenza dell’autorità giudiziaria. Dall’altra quelli amministrativi.

Fonti investigative hanno spiegato a Formiche.net che il dossier è già arrivato, tramite notizia ufficiale dell’indagine, a Palazzo Chigi. Qui il Dipartimento per il coordinamento amministrativo, che è l’ufficio responsabile delle attività relative all’esercizio dei poteri speciali, dovrà verificare con le altre amministrazioni coinvolte se l’obbligo di notifica dell’operazione è stato violato (ipotesi che Alpi Aviation “nega con fermezza”).

Nel caso in cui la valutazione il Dipartimento constatasse la violazione dell’obbligo di notifica, si potrebbe immaginare l’avvio di un procedimento sanzionatorio.

La prima cosa da verificare è il quadro normativo.

L’operazione con cui Alpi Aviation fu acquisita, per il 75 per cento, da una società estera di Hong Kong – costituita ad hoc prima dell’acquisto delle quote e riconducibile, secondo la Guardia di finanza, a due importanti società governative della Repubblica popolare cinese – risale al luglio 2018. Allora era già in vigore il decreto-legge 12 del 2012 sui poteri speciali. Rimane da capire se l’operazione rientra sotto l’articolo 1 (“Poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale”) o sotto il 2 (“Poteri speciali inerenti agli attivi strategici nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni”) che all’epoca, al comma 5 non prevedeva sanzioni per la mancata notifica.

E così torna attuale quanto Roberto Garofoli, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, scriveva in un articolo pubblicato sulla rivista Federalismi nel settembre 2019 dal titolo “Golden power e controllo degli investimenti esteri: natura dei poteri e adeguatezza delle strutture amministrative”.

Nel testo, Garofoli sottolineava come il governo, dopo essere stato “azionista” e poi “regolatore”, è dal 2019 diventato “stratega”, “chiamato a perimetrare la nozione di sicurezza nazionale e a verificarne la compromissione sulla base di una pluralità di valutazioni di tipo geo-economico e geo-politico, per esempio quelle riguardanti la collocazione (odierna e prospettica) dell’Italia nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina”. L’attuale sottosegretario notava che lo Stato ha facoltà di intervenire sugli investimenti stranieri in modo più pervasivo di prima, dopo un’attenta “analisi strategica di tipo anche geoeconomico e geopolitico, naturalmente saldamente poggiante su verifiche e valutazioni tecniche complesse”.

Nel testo, però, si interrogava anche sull’adeguatezza degli strumenti del Gruppo di coordinamento che si occupa del Golden power, che purtroppo è “privo di un proprio apparato burocratico, stabile e specializzato“, pur essendo necessaria una “competenza tecnica elevatissima” nella valutazione delle istanze. E aggiungeva: “attesa l’espansione del campo di applicazione della disciplina sui poteri speciali, è senz’altro importante che il sistema sia in grado di dare risposte chiare e certe agli attori, senza divenire un ostacolo agli investimenti”.

Non sembrano esserci molti dubbi: il dossier Alpi Aviation, un caso nuovo per Palazzo Chigi, sarà un importante banco di prova per i rapporti tra Italia e Cina, ma non solo.



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