Entrambi i Paesi rimangono aperti agli affari con Pechino ma si trovano ad affrontare i rischi legati alla tecnologia. Una tavola rotonda con il ministro Giorgetti e il segretario britannico Glen
Certo, la Via della Seta è arrivata a Roma, e non a Londra – e non è cosa di poco conto. Ma l’approccio britannico verso la Cina assomiglia in certa misura a quello abbracciato dall’Italia, in particolare da quando Mario Draghi è diventato presidente del Consiglio: gli affari con la Repubblica popolare cinese sono benvenuti ma è diritto e dovere del Regno Unito e dell’Italia porre presidi a tutela della sovranità nazionale e dei valori democratici, in particolare nei settori delle tecnologie emergenti.
È quanto emerso da una tavola rotonda a cui hanno partecipato Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, e John Glen, segretario economico al Tesoro britannico e ministro della City (settori finanziari), durante la XXIX Conferenza di Pontignano, il più importante appuntamento dell’agenda anglo-italiana, organizzato dall’Ambasciata britannica in Italia e dal British Council.
In un certo senso, per entrambi i Paesi è la fine di una golden era. Così era descritta la relazione tra Regno Unito e Cina quando David Cameron era al numero 10 di Downing Street. E così appariva il rapporto tra Italia e Cina negli anni passati, sbocciato nella firma del memorandum d’intesa sulla Via della Seta nel marzo 2019.
Se Londra ha deciso di bandire il 5G cinese l’estate scorsa, Roma è ancora alle prese con questo dossier che allarma alleati come gli Stati Uniti, secondo cui le aziende cinesi – Huawei e Zte – rappresentano una minaccia per la sicurezza conducendo spionaggio per conto del governo cinese.
Già durante il governo gialloverde Conte I, da sottosegretario a Palazzo Chigi, il ministro Giorgetti aveva avuto a che fare con le reti di quinta generazione: fu lui a spingere, come ricordato su Formiche.net, per rafforzare la normativa cosiddetta Golden power sulla rete 5G e venire incontro alle preoccupazioni degli Stati Uniti in merito alla partecipazione di aziende cinesi. Il decreto non passò per la contrarietà del Movimento 5 stelle e fu in parte ripreso nel cosiddetto “decreto cyber”, che fu il primo atto politico e normativo del governo giallorosso Conte II.
Dal 2019, anche con il Perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, l’Italia ha messo alcuni paletti alle aziende cinesi nel 5G. Come evidenziato su queste pagine, a colpi di un esercizio di poteri speciali al mese, con prescrizioni, il presidente Draghi sta cercando di rassicurare gli alleati sostenendo la necessità di diversificare i fornitori.
Il governo britannico è a sua volta ora alle prese con un caso che riguarda la sicurezza nazionale e che ricorda un recente episodio italiano, quello – neppure troppo isolato – di Alpi Aviation, l’azienda friulana produttrice di droni passata tre anni fa nelle mani di due società statuali cinesi con “modalità opache” secondo la Guardia di finanza.
Kwasi Kwarteng, ministro del governo di Boris Johnson con deleghe a Imprese, energia e politica industriale, ha ordinato uno scrutinio di sicurezza nazionale alla Competition and Markets Authority in merito all’acquisizione di Perpetuus Group, piccolo produttore gallese del “supermateriale” grafene di 14 dipendenti e un fatturato annuo di 479.000 sterline (al marzo 2020), da parte di Taurus International o di qualsiasi società associata al dottor Zhongfu Zhou, presentato come “scienziato capo della nanotecnologia” sul sito web di Taurus International, con importanti interessi commerciali in Cina.
Come raccontato da Formiche.net, il caso friulano potrebbe essere d’aiuto per le indagini britanniche. Infatti, Alpi Aviation fu acquisita nel 2018, per il 75 per cento, da una società estera di Hong Kong (Mars Information Tecnology Co) costituita ad hoc poco prima dell’operazione, riconducibile a due gruppi statuali cinesi. Taurus International, la società che punta a Perpetuus Group, è stata fondata pochi mesi fa, nell’ottobre 2020: gli uffici sono registrati come casa bifamiliare a Lewisham, zona a Sud-Est della capitale, e c’è un unico proprietario, Victor Gembala, attivo in particolare nel settore immobiliare.
Questi episodi raccontano come e quanto Italia, Paese tornato centrale nelle dinamiche dell’Unione europea, e Regno Unito siano chiamati a fronteggiare le mire cinesi sui loro gioielli industriali. E a far fronte comune, imparando dall’esperienza altrui, proprio in nome di quei valori condivisi evocati durante la tavola rotonda.