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Il Clima tra Uk e Italia in vista di Cop26. Parla Graham, console a Milano

Al via la settimana milanese dedicata alla Pre Cop e a Youth4Climate. La diplomatica britannica: “Anno incredibile per i rapporti tra i nostri due Paesi. Dobbiamo continuare a lavorare assieme così, anche nel futuro. Vorremmo firmare un accordo bilaterale con l’Italia, e la sostenibilità sarà una parte fondamentale”

Durante il suo intervento all’Assemblea generale delle Nazioni Unite il primo ministro britannico Boris Johnson ha detto che la Cop26, in programma a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre, dovrà rappresentare “un punto di svolta per l’umanità”.

Sulla strada per la città scozzese, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici fa tappa in Italia, a Milano, dove questa settimana si tiene la sessione Pre Cop e un evento dedicato ai giovani chiamato Youth4Climate.

“La transizione verso Net Zero non sarà un sacrificio, anzi è un’opportunità per l’economia”, assicura a Formiche.net Catriona Graham, console generale britannico a Milano e direttrice del Department for International Trade in Italia. “Il futuro green sarà un futuro più prospero. L’esperienza britannica è un esempio: negli ultimi 30 anni le emissioni di CO2 nel Regno Unito sono crollate del 44% ma l’economia britannica è cresciuta del 78%”. Nel viaggio verso la Cop26, continua la diplomatica, “dobbiamo mostrare al mondo che questa scelta”, la transizione ecologica, “rappresenta un investimento che vale la pena” di fare.

Formiche.net parla con il console generale Graham in remoto, su una delle tante piattaforme che spopolano da quando la pandemia ha rivoluzionato le nostre abitudini. Alle sue spalle c’è una foto che ritrae delle pale eoliche offshore.

L’eolico può essere accompagnato da altre soluzioni come il nucleare?

La mia sarà una risposta molto personale. Infatti, prima di diventare console ho lavorato per il governo nel settore dei cambiamenti climatici. Mi sono occupata di attrazione degli investimenti europei nell’energia eolica offshore britannica in aree del Regno Unito come quelle della rivoluzione industriale del Settecento, ben diverse da Londra, in cui la situazione dei “lavori del futuro” è molto complicata. Il Regno Unito è orgoglioso di essere oggi il più grande mercato al mondo dell’energia eolica offshore ma anche dei risultati ottenuti dal punto di vista dell’occupazione e della prosperità legata a questa transizione. Inoltre, dopo questo impiego mi sono occupata degli investimenti verso il Regno Unito nel settore nucleare, lavorando anche in Cina, fondamentale per l’accordo raggiunto per Hinkley Point C, il primo progetto britannico nel settore da oltre 20 anni.

Dunque, una soluzione non esclude l’altra e lei ne è la prova?

Il Regno Unito non fa una scelta statale fra le diverse opzioni. È per lasciare al mercato la decisione di quale sia quella giusta. Per ora abbiamo visto un incredibile calo dei costi dell’energia eolica offshore. Per il nucleare, invece, dobbiamo aspettare: se il progetto di Hinkley Point C si realizzerà con costi accettabili può essere un’importante fonte di energia per il futuro. Il Regno Unito è sempre stato a favore del nucleare, se il prezzo è giusto.

Ora c’è una settimana ricca di appuntamenti a Milano. Poi Glasgow. Il Regno Unito è ottimista guardando a questi due appuntamenti?

Sì, ma c’è ancora molto da fare prima di raggiungere il risultato che vorremmo a Cop26. Recentemente è cambiata una cosa: non c’è nessuno dubbio, com’era invece in passato, che il futuro sarà green, come ha detto il primo ministro Johnson a New York. Il 70% dell’economia globale è adesso coperta dal target Net Zero, le fonti rinnovabili sono già meno care di quelle fossili, in molti Paesi del mondo le aziende automobilistiche hanno annunciato che in futuro non ci saranno più macchina a benzina, eccetera. Sicuramente questo futuro si realizzerà, ma dobbiamo ancora alzare il livello di ambizione per farlo in modo veloce. Perché non abbiamo più tempo per raggiungere l’obiettivo di contenere l’innalzamento delle temperature globali entro 1,5° centigradi.

Dov’è fissata l’asticella per poter dire che Cop26 è stata un successo?

L’obiettivo più importante è raggiungere Net Zero prima del 2050, con step intermedi per ogni Paese del mondo verso questo target. Non basta dire che lo faremo fra 30 anni. Serve un piano chiaro per farlo. Vorremmo vedere dai Paesi del mondo contributi determinati a livello nazionale, gli Ndc, per dimostrare questo impegno.

Ci sono altri obiettivi?

Il primo ministro parla di coal, cars, cash, trees. Cioè niente più carbone e macchine a benzina dopo il 2040, 2030 per i Paesi più sviluppati; raggiungere gli impegni già assunti dai Paesi sviluppati per destinare 100 miliardi di dollari ogni anno per aiutare quelli in via di sviluppo a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici; investire nell’agricoltura sostenibile e fermare la deforestazione.

Sono obiettivi raggiungibili?

Sono obiettivi molto ambizioni ma raggiungibili e il Regno Unito è orgoglioso di essersi già impegnato in tutto questo, e anche oltre.

Prima di trasferirsi a Milano, è stata consigliere commerciale presso l’ambasciata del Regno Unito a Pechino e ha guidato la squadra che si occupa della promozione delle relazioni commerciali e degli investimenti tra Regno Unito e Cina nel settore energetico. Pechino rappresenta un interlocutore difficile quando si parla di ambiente. Ma la lotta ai cambiamenti climatici richiede la collaborazione di tutti.

Speriamo che a Glasgow la Cina possa, insieme con le altre grandi economie, impegnarsi al Net Zero. Il clima può essere un tema su cui possiamo cooperare con tutti i Paesi del mondo anche se in altri contesti questo dialogo più essere difficile perché abbiamo valori diversi.

Il bilancio della collaborazione tra Regno Unito e Italia in quest’anno, con la partnership sulla Cop26 e le presidenze rispettivamente di G7 e G20, è positivo?

È stato un anno incredibile per i rapporti tra i nostri due Paesi e il tema green ha rappresentato un filo rosso. È un esempio chiaro del ruolo che il Regno Unito vuole svolgere, dopo la Brexit, assieme con i suoi partner. Inoltre, dimostra l’impegno di Regno Unito e Italia insieme, e coinvolgendo non soltanto la politica ma tutti i settori della società, per influenzare questa sfida importantissima per l’economia globale. Un impegno che non può fermarsi a Glasgow.

E dove può arrivare?

Dobbiamo continuare a lavorare assieme così, anche nel futuro. Vorremmo firmare un accordo bilaterale con l’Italia, a livello di capi di governo, per dimostrare questo impegno. E la sostenibilità sarà una parte fondamentale.


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