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Nvidia-Arm, così l’Ue può scendere in campo. L’analisi di Bassan

Di Fabio Bassan

Un’azione europea di fronte all’acquisizione di Arm da parte di Nvidia potrebbe essere legittima e anzi auspicabile. In ballo c’è il futuro dell’Internet of things e dell’autonomia tech Ue. L’analisi di Fabio Bassan, professore di Diritto internazionale dell’Economia all’Università di Roma Tre

L’acquisizione di Arm da parte di Nvidia, annunciata al mercato un anno fa e tuttora in attesa del via libera delle autorità di regolazione e concorrenza, si complica sempre più.

La logica dell’integrazione verticale mette a rischio i concorrenti (anche) di Nvidia, che del software design di Arm (soprattutto le architetture di chips ad alta efficienza energetica, utilizzate dal 95% degli smartphone e decisive per lo sviluppo dell’internet delle cose) hanno bisogno per alimentare i propri sistemi e prodotti.

Impegni comportamentali, si è capito ormai, non sono ritenuti adeguati. Si vedrà ora se rimedi strutturali (vendita di parte dell’azienda) potranno superare le obiezioni del mercato: Qualcomm, Google e Microsoft su tutti si stanno impegnando con vigore per impedire l’operazione.

Cma a Londra, la Commissione Europea a Bruxelles (cui l’operazione sarà notificata domani, 6 settembre), la Federal Trade Commission a Washington, l’amministrazione statale per i mercati a Pechino (Arm China è una controllata importante) valutano le conseguenze dell’operazione sul mercato, mentre il governo britannico ha avviato le procedure di verifica per la sicurezza nazionale (Golden Power, per intenderci)…

Rimedio strutturale estremo, ma anche eventuale esito alternativo dell’operazione, è costituito da una quotazione di Arm in borsa per renderla contendibile. Qualcomm ha già dichiarato la disponibilità a partecipare, nell’eventualità, e le altre concorrenti, ragionevolmente, seguirebbero. Il mercato, sin qui.

I governi sono stati silenti, sinora. Giustamente, per non interferire sui mercati. Ma se il settore è considerato strategico (così l’ha ritenuto il governo inglese) un’azione potrebbe essere legittima e anzi auspicabile.

Ad esempio, una partecipazione di imprese europee in caso di eventuale Ipo, consentirebbe di attivare, in futuro, i Golden Power nazionali (dei paesi delle imprese partecipanti) ed europeo per impedire operazioni ostili o di chiusura del mercato.

E ancora, il mercato, ma anche un coordinamento tra le cancellerie europee potrebbe potenziare la filiera europea della produzione, che del design di Arm si avvale, per prevenire i rischi del reshoring e rendere concreta, in un settore strategico, la regionalizzazione della globalizzazione, di cui la pandemia ha reso evidente la necessità.

Arm è, di fatto, l’unica garanzia sul mercato di indipendenza dalla tecnologia statunitense. Obiettivo che i paesi europei dovrebbero perseguire, nella prospettiva dell’internet delle cose. E questo, anche per dare un seguito concreto all’impegno profuso in GaiaX, che nonostante sia ormai derubricata a mera condivisione di protocolli e standard per il Cloud, garantirà comunque in futuro la tutela (e la condivisione con i paesi extra-UE, via ‘Brussels effect’) del welfare europeo continentale, di cui la produzione di software e hardware è uno degli sviluppi fondamentali, poiché le regole sono ‘embedded’ nella tecnologia.

Alternativa all’Ipo, evidentemente, in caso di fallimento dell’acquisizione Nvidia, e in una logica di protezione e sviluppo, può essere l’acquisizione di Arm da parte di un pool di imprese europee, anche non direttamente utilizzatrici del design di Arm (si supererebbero così i limiti oggi evidenziati). Operazione che – questa si – richiederebbe un coordinamento europeo, non solo del mercato, con strumenti e azioni simili nella sostanza (ma diverse nella forma) all’intesa Airbus, anche quella diretta a contrastare un monopolio.

Evidentemente, l’operazione ha un senso se si organizza la filiera europea, sviluppando ulteriormente la produzione non solo dei chips ma anche e soprattutto del software che si avvale del design Arm.

Farlo, vuol dire dettare le regole dello sviluppo della tecnologia del prossimo decennio, rientrando a pieno titolo in una partita che sembrava persa in partenza. Da questi passi concreti dipende la sovranità tecnologica europea, che non può muovere da regole definite ex post e avulse dalle dinamiche del mercato.

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