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L’agenda per la salute globale. Intervista a Paola Testori Coggi

Paola Testori Coggi, lead co-chair della Task force 2030 Global health and Covid-19 del Think-20 (T20), uno degli engagement group ufficiali del G20, fa il punto sul Global summit. In vista del secondo evento “E=mc2 – Una nuova formula per l’economia” che sarà organizzato il 14 ottobre da Boehringer Ingelheim Italia e Formiche, con il patrocinio di Farmindustria, B20 e Camera di commercio Italo-Germanica.

“Soddisfatta e fiduciosa”, così si è detta Paola Testori Coggi, membro della Delegazione italiana nel Comitato di Programma di Horizon Europe-Cluster Health e Lead Co-Chair della Task Force “Global Health and Covid-19” del T20 Italia che, intervistata da formiche.net, ha parlato di vaccino come “bene comune”, ma anche di gender gap, vax-gap e di un ipotetico trattato internazionale sulle pandemie che arriverà dall’Oms. “Una dichiarazione d’intenti molto interessante e coincidente con la presa di coscienza che il sistema One-Health ci salverà e che l’Universal Health Coverage (Uhc) è l’unica via percorribile e condivisibile”, ci ha spiegato Testori Coggi che ha partecipato alla ministeriale Salute del G20, in rappresentanza del Think-20, uno degli engagement group che hanno preso parte all’incontro dei 19 Paesi.

Tenutosi il 5 e il 6 settembre a Roma, ai Musei Capitolini, l’appuntamento di importanza strategica nel post pandemia si è rivelato un Global summit intimamente legato alle tre priorità della presidenza italiana: People, Planet, Prosperity. Tre sessioni legate all’impatto Covid-19 sugli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) dell’Agenda 2030, il “build back better” per una maggiore resilienza, l’importanza della prevenzione e dell’innovazione come alleata e i cosiddetti “control tools”. Formiche il 14 ottobre organizzerà un incontro con Boehringer Ingelheim Italia, patrocinato da Farmindustria, B20 e Camera di commercio Italo-Germanica.

È rimasta soddisfatta del G20 e del Patto di Roma oppure le aspettative sono state tradite?

Sono molto soddisfatta di come sia andato il G20. Sicuramente si è trattato di un successo della Presidenza italiana e la spinta che l’Italia ha dato ad alcuni argomenti – soprattutto alle tematiche legate ai vaccini – è molto importante.

Qual è la visione condivisa del vaccino come rimedio alla pandemia?

Si è stati concordi nel ritenere che i vaccini siano un “global public-good”, un bene comune e che si deve sicuramente diversificare la produzione per consentirne la produzione in tutto il mondo, compresi i Paesi a basso e medio reddito.

Quali i temi su cui ci si è soffermati di più?

La dichiarazione d’intenti tocca sicuramente tantissimi temi, alcuni di caratura molto elevata. Per fare un esempio, si è parlato di “Universal Health Coverage” (Uhc) cioè la copertura sanitaria universale. Anche in questo caso, i 19 Paesi e l’Unione Europea hanno risposto positivamente, riconoscendo che l’optimum sarebbe arrivare ad una copertura sanitaria universale da realizzarsi a medio termine. In Italia, il sistema si basa proprio su questo, in Europa è già previsto nei Trattati ma ci sono altri Paesi in cui questo concetto non esiste nemmeno lontanamente ed è qui che bisogna porre rimedio.

Il “Nessuno resti senza vaccino” è l’obiettivo preannunciato in vista del G20, quali sono le azioni concrete che si sono prospettate a riguardo?

Il G20 ha fissato come obiettivo la soglia del 40% di vaccinati della popolazione mondiale a fine 2021. Un obiettivo sicuramente ambizioso, se pensiamo che molti Paesi – soprattutto quelli in via di sviluppo – sono al 3%. Nessuna indicazione precisa sulle misure operative da realizzarsi al momento, ma un impegno comune ed un’unica strategia.

Quale?

Act-A (Access to Covid-19 tools accelerator) in particolare Covax: queste saranno le strategie di cooperazione globale per accelerare lo sviluppo, la produzione e la distribuzione equa dei vaccini. Si tratta di un meccanismo previsto dall’Oms, in base al quale i Paesi che producono i vaccini possono distribuirli anche a quelli in via di sviluppo, tramite donazioni di dosi o di risorse economiche. La resilienza della catena di produzione e la continuità di produzione è una conseguenza diretta della presa di coscienza di questo obiettivo. Non ci si è soffermati sul blocco dei brevetti, ma si è ribadita l’importanza di poterne produrre per tutto il mondo e diversificare le produzioni, non solo di vaccini ma anche di medicinali e diagnostica.

Un concetto olistico di salute umana, animale e ambientale è trapelato dal Global summit, che ragionamento si è fatto in questo senso?

Si è riconosciuto che la strategia “One-Health” debba essere incorporata a tutti i livelli nel sistema che gestisce la sanità, tenendo conto che la salute umana, animale e ambientale si condizionano le une con le altre. Integrare i meccanismi di prevenzione, redigere i piani di preparedness con valutazioni del rischio in ottica di sistema integrato e soprattutto tenendo a mente che solo con l’approccio “One-Health” arriviamo ad avere dei meccanismi che sono cost effective.

Si è parlato della questione di genere al Global Summit?

Sì, si è parlato del rinforzo dei professionisti e di tutta la forza-lavoro in sanità. La dichiarazione, in tal senso, riconosce che il 70% di chi lavora in sanità oggi è donna. L’intento del G20 è quello di creare dei sistemi sanitari che siano gender-responsive. Diventa quindi responsabilità di ciascun Paese fare attenzione anche a questo intento di realizzazione.

Che posto ha occupato la salute mentale?

Una seduta scientifica sulla salute mentale e la sua rilevanza a livello globale è stato uno dei temi molto dibattuti. Il Covid-19, come sappiamo, ha impattato fortemente sulla psiche dell’uomo ed è per questo che diventa importantissimo intervenire e agire affinché si mantenga una popolazione sana e un sistema sanitario sostenibile.

Cosa dobbiamo aspettarci da adesso in poi? Quali i prossimi passi?

La dichiarazione verrà utilizzata come documento di lavoro per il G20 di fine ottobre, fermo restando che la salute è uno dei punti cruciali di tutto il G20, nel suo insieme. Quindi sarà necessario che i capi di Stato riprendano molti degli intenti fin qui espressi.

Si è pensato a redigere un documento di ampio respiro come, ad esempio, un trattato internazionale sulle pandemie?

È stato menzionato ma è qualcosa che attualmente è in discussione all’Oms e verrà discusso nella sessione speciale dell’assemblea annuale dell’Organizzazione, che si terrà a novembre.

E del ruolo dell’Oms, cosa si è detto?

L’Oms oggi subisce molte critiche e molti attacchi, in quanto ha ritardato la reazione al Covid-19 e non ha risposto tempestivamente a quella mancanza di trasparenza iniziale che non ha denunciato subito. Ma, in questa sede, i ministri sono stati concordi nel ritenere che l’organizzazione non va assolutamente isolata piuttosto bisogna agire per rinforzarla, aiutarla e sostenerla. Personalmente, sono d’accordo e ritengo che questi accadimenti – come la pandemia, intendo – debbano avere come riferimento un’organizzazione sovranazionale e istituzionale, l’unica che può dare la risposta per la salute globale.

Si è parlato dell’organizzazione dei sistemi sanitari?

Su questo tema, sono particolarmente soddisfatta, in quanto il G20 ha sottolineato la necessità di investire nei sistemi sanitari: oggi finalmente è riconosciuto che le spese per la sanità sono un investimento e non un costo! Nelle nostre Raccomandazioni del T20 abbiamo indicato che spesso, oggi assistiamo allo sviluppo del modello “Hospital center” a discapito della sanità territoriale e primaria. È giusto avere dei grandi ospedali efficienti che rispondono chiaramente ad un certo bisogno di malattie, ma questo non deve incidere negativamente sulla sanità territoriale. Come T20 abbiamo sollevato anche un altro tema, non ampiamente approfondito ma trattato, e cioè quello che il Sistema sanitario deve garantire –anche in pandemia – il trattamento di tutte le malattie, anche di quelle che hanno un impatto più forte del Covid-19 come il diabete, il cancro ecc., e le attività di prevenzione, in particolare screening e diagnosi di routine. Si deve, cioè, secondo il nostro parere, garantire l’azione di preparedness e una sanità di qualità nelle pandemie ma anche e soprattutto in tempi ordinari.

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