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Rustichelli presenta la relazione annuale dell’Antitrust. Il testo integrale

Di Roberto Rustichelli

L’Antitrust torna sul tema (caldissimo) della concorrenza fiscale sleale all’interno dell’Ue, e segnala un “grave errore” nella bozza di Dma a Bruxelles: sbagliato accentrare tutto l’enforcement in seno alla Commissione. Il digitale non è un settore ma una tecnologia che pervade tutta l’economia, per cui è discutibile un approccio “one size fits all”

QUI il testo integrale della relazione 2020, presentata oggi in Senato

 

Signora Presidente del Senato, Autorità, Signore e Signori,

il tradizionale appuntamento con la relazione dell’Autorità cade quest’anno in un momento cruciale per l’Unione Europea, all’indomani di una crisi pandemica che ha aperto una fase nuova nella vita delle istituzioni e dei cittadini europei.

Con l’adozione del Next Generation EU, l’Europa ha dimostrato una grande capacità di ripensare sé stessa, compiendo un deciso salto qualitativo nella condivisione delle risposte alla crisi economica.

Gli eventi dell’ultimo anno ci lasciano questo insegnamento: il superamento delle visioni ristrette e degli egoismi nazionali è l’unica opzione che abbiamo per superare le fragilità dei singoli paesi e gettare le basi di un futuro di maggiore prosperità e benessere.

La inaspettata coralità mostrata dai Paesi membri di fronte allo shock pandemico fa ben sperare di poter risolvere le minacce all’integrità del mercato unico ed alla ripresa dell’Europa.

In tale quadro, infatti, una delle priorità da affrontare per il pieno dispiegarsi delle potenzialità dell’Europa unita è proprio il rafforzamento del mercato unico, con il superamento delle iniquità e delle asimmetrie che impediscono ad esso di spiegare pienamente i suoi benefici effetti.

QUI il testo integrale della relazione 2020, presentata oggi in Senato

  1. Il nodo della concorrenza fiscale sleale all’interno dell’UE

Sin dalla presentazione della mia prima relazione annuale nel luglio 2019 ho posto con forza un tema, quello della concorrenza fiscale sleale tra Stati membri, che costituisce uno dei più gravi fattori di distorsione di quel level playing field, che è a fondamento di una competizione equa.

Il danno arrecato agli Stati che producono valore dal dumping fiscale posto in essere da taluni Paesi europei, divenuti oggi dei veri e propri paradisi fiscali con l’euro, si è ancor più aggravato.

Secondo un’analisi recente[1], sono 27 i miliardi realizzati nel 2018 in Italia dalle multinazionali e spostati nei paradisi fiscali europei; 40 quelli spostati dalla Francia; 71 i profitti sottratti alla tassazione in Germania.

A beneficiarne quasi sempre sei Stati: Lussemburgo, Irlanda, Olanda, Belgio, Cipro e Malta, mentre l’Europa è la principale vittima dell’elusione delle grandi società, con oltre il 35% dei profitti spostati dal Vecchio Continente, a fronte di meno del 25% dagli Stati Uniti.

A venire in rilievo è anche il dumping sul piano contributivo e delle tutele del lavoro proveniente da alcuni Paesi dell’Est Europa: tanto più grave quando vengono utilizzati contributi europei per conseguire indebiti vantaggi competitivi e favorire processi di delocalizzazione a scapito di altri Paesi membri.

Il persistere di tali fenomeni contrasta in radice con il principio di solidarietà voluto dai Padri fondatori dell’Unione Europea e rischia di compromettere il progetto europeo.

Sul terreno della concorrenza fiscale, peraltro, il vertice del G20 tenutosi a Venezia lo scorso luglio si è concluso con un accordo di massima che prevede l’introduzione di una global minimum tax pari ad almeno il 15%.

Sebbene tale accordo rappresenti un passo avanti nel contrasto al comportamento delle multinazionali che oggi possono liberamente spostare i profitti nei paradisi fiscali, esso non risolve fino in fondo il problema della concorrenza sleale all’interno dell’Unione Europea.

Non lo risolve né dal punto di vista etico, poiché continuano ad esistere Paesi europei che, in assenza di regole comuni, abusano della propria autonomia fiscale, né dal punto di vista dell’enforcement, poiché sarà difficile applicare in modo uniforme la nuova imposta a causa della mancata standardizzazione dei criteri di calcolo della relativa base imponibile.

Non può continuare ad esistere un sistema nel quale si consente alle multinazionali di operare sfruttando le infrastrutture e i servizi pagati dai cittadini, senza dare il proprio contributo attraverso il pagamento delle tasse nei paesi ove viene prodotto il valore.

Per di più, sempre più spesso il risparmio fiscale non si traduce in investimenti per aumentare la produttività, ma viene utilizzato a beneficio degli azionisti attraverso la corresponsione di lauti dividendi ed il riacquisto di azioni proprie.

L’Autorità continua, dunque, ad auspicare un più deciso impegno su tale fronte poiché lo sviluppo di un Paese membro non può essere perseguito attraverso forme aggressive di concorrenza fiscale in danno degli altri.

Questa è una competizione sleale lesiva della concorrenza e del mercato, dalla quale escono tutti sconfitti.

Se l’obiettivo che ci attende è quello di costruire una Europa più forte, coesa e solidale, questo dipende anche dal modo con cui verrà affrontato il tema della concorrenza fiscale e contributiva sleale.

Al fine di garantire un effettivo level playing field nel mercato unico ed evitare una grave penalizzazione del nostro Paese, si ribadisce inoltre l’importanza di rimuovere i limiti oggi esistenti nel nostro ordinamento all’emissione di azioni a voto plurimo per le società quotate.

Tali limiti costituiscono dei vincoli alla libera organizzazione dell’attività economica che possono spingere le imprese a non scegliere l’Italia come propria sede, ovvero a spostare quest’ultima in paesi in cui detti vincoli non sono previsti.

 

  1. La necessità di rafforzare la competizione e l’equità nei mercati digitali

Sotto altro profilo, il rafforzamento del mercato unico europeo passa necessariamente per una maggiore protezione delle imprese e dei consumatori nei mercati digitali.

Le piattaforme digitali sono ormai divenute uno snodo fondamentale per gli utenti commerciali che intendono raggiungere i consumatori online e alcune di esse sono arrivate a godere di un potere di mercato consolidato e duraturo, che conferisce loro la facoltà di agire slealmente nei confronti dei soggetti che con esse si interfacciano.

La concorrenza ne risulta spesso compromessa e, di conseguenza, i servizi innovativi generati dai concorrenti commerciali delle piattaforme potrebbero non giungere al consumatore, o il processo di accesso agli stessi da parte dei consumatori potrebbe essere rallentato, con conseguenze negative sul benessere individuale e collettivo.

È, dunque, apprezzabile l’iniziativa assunta dalla Commissione Europea nel dicembre 2020 con le proposte del Digital Markets Act e del Digital Services Act.

Di fronte a monopoli dai tratti così inediti e non sempre agevolmente contrastabili con i tradizionali strumenti antitrust, è positivo che si apra lo spazio della regolazione, terreno sul quale l’Europa ha alle spalle una importante tradizione.

Tuttavia, l’attuale testo del DMA presenta ampi spazi di miglioramento e, a tal fine, l’Autorità ha ripetutamente evidenziato numerose criticità.

Mi limito a richiamare le due principali:

  • innanzitutto, il digitale non è un settore ma una tecnologia che pervade tutta l’economia, per cui è discutibile un approccio one size fits all, con l’introduzione di regole uguali per tutti di fronte a modelli di business molto diversi;
  • inoltre, la nuova disciplina privilegia un modello di enforcement centralistico, imperniato sulla competenza esclusiva della Commissione.

Questo – voglio dirlo con chiarezza – è un grave errore.

Non vi è ragione perché la felice esperienza dell’European Competition Network, maturata in oltre 15 anni di applicazione condivisa delle regole europee di concorrenza, non continui ad essere utilizzata appieno in questa materia: tanto più alla luce del rilevante contributo che proprio le Autorità nazionali di concorrenza hanno fin qui dimostrato di saper dare ed effettivamente hanno dato con riferimento ai mercati digitali.

Occorre, inoltre, evitare che, come sottolineato dalla rete delle Autorità nazionali della concorrenza[2], l’oggettiva carenza delle risorse che la Commissione potrà dedicare all’assolvimento dei nuovi compiti possa determinare pericolose lacune di tutela, con conseguente vulnus per i diritti fondamentali degli operatori economici e per l’assetto concorrenziale dei mercati.

L’auspicio è che si possa approdare ad una soluzione in grado di rafforzare realmente la competizione e l’equità nei mercati digitali, al contempo valorizzando l’esperienza accumulata dalle Autorità nazionali di concorrenza che, diversamente da quanto avvenuto oltreoceano, hanno per prime intuito e contrastato i comportamenti sleali delle piattaforme, cogliendone la pericolosità per il buon funzionamento del mercato e per i diritti dei consumatori.

 

  1. La ricostruzione economica del Paese. Lo snodo dell’attuazione del PNRR

Sebbene tutti i dati economici lascino intravedere una promettente traiettoria di ripresa per il nostro Paese, dobbiamo essere realistici.

L’emergenza sanitaria non è ancora alle spalle ma, soprattutto, non va trascurato che l’Italia si trova a fronteggiare difficoltà ulteriori rispetto alle altre economie dell’area euro, a partire dall’enorme peso del debito pubblico che ha raggiunto, a luglio 2021, la cifra di 2.726 miliardi pari a circa il 160% del PIL.

La condizione di debolezza in cui versa il Paese trova una delle sue cause più profonde nella carenza di crescita della produttività, dovuta a una serie di ritardi strutturali mai affrontati, che hanno condotto a una severa perdita di competitività.

La ricostruzione post-pandemica è, dunque, un’occasione irripetibile per superare antiche fragilità e dare al Paese le strutture necessarie a contribuire a garantire un sistema produttivo efficiente.

Le chiavi del nostro rilancio sono quelle chiaramente individuate nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza approvato dalla Commissione Europea.

Deve essere chiaro che c’è in gioco molto più dei 191,5 miliardi previsti dal Piano a favore dell’Italia, che peraltro è il maggior beneficiario dei fondi stanziati: in realtà, in gioco c’è la credibilità del Paese.

Inoltre, se riusciremo ad impiegare queste risorse in maniera produttiva, a beneficiarne non sarà soltanto l’economia italiana, ma si rafforzerà anche la fiducia nei nostri confronti all’interno dell’Unione Europea ed allora l’emissione di debito comune potrebbe, in prospettiva, diventare qualcosa di più di una mera misura di emergenza.

Occorre riconoscere, però, che le incognite sulla attuazione del Piano sono molte, a partire da un quadro normativo ipertrofico che fa da freno agli investimenti.

È sufficiente ricordare che nel nostro Paese il tempo medio di realizzazione delle opere pubbliche, il cui costo supera i 50 milioni di euro, risulta pari a circa 14 anni.

Il rischio, dunque, è che gli ingenti flussi di risorse previsti dal PNRR non riescano a tradursi tempestivamente in opere pubbliche, quindi in investimenti e in infrastrutture.

La corruzione, d’altra parte, continua ad essere un fenomeno radicato che va combattuto con forza, in quanto rischia di condizionare la nuova fase, tenuto conto che una parte significativa delle risorse passa attraverso procedure ad evidenza pubblica.

Se si considera che oggi il 74% dei procedimenti in materia di corruzione riguarda il settore degli appalti pubblici[3], in particolar modo le procedure di gara (82%), piuttosto che gli affidamenti diretti (18%), una riflessione urgente si impone.

Tutto questo dimostra che il Codice dei contratti pubblici, che pure è stato modificato numerosissime volte, non solo non è stato in grado di contribuire a ridurre gli illeciti, ma rischia altresì, con le sue farraginosità e complicazioni, di ostacolare il conseguimento degli ambiziosi obiettivi assegnati al nostro Paese.

Per questo l’Autorità ha richiamato con forza la necessità di semplificare la normativa vigente in un settore che rappresenta l’11% del PIL nazionale.

A tal proposito, voglio in questa sede ribadire l’esigenza che in relazione alla spesa pubblica da finanziare mediante i fondi del Next Generation EU, trovino applicazione le sole norme contenute nelle direttive europee del 2014, con le dovute integrazioni solo laddove le disposizioni europee siano non self-executing[4].

È pertanto positivo che in tale direzione si muova sia il PNRR che il disegno di legge delega sui contratti pubblici approvato dal Consiglio dei Ministri, oggi all’esame del Parlamento[5].

Tale soluzione non pregiudica la legalità delle procedure ad evidenza pubblica e, soprattutto, i diritti economici e sociali dei lavoratori, rimanendo ferma l’applicazione della disciplina giuslavoristica, sia nazionale che di derivazione europea[6].

In particolare, le direttive europee contengono chiari presidi a tutela di tali diritti.  Si consideri che:

  • L’art. 1, comma 5, della Direttiva 2014/24/UE dispone “La presente direttiva fa salve le modalità con cui gli Stati membri organizzano i propri sistemi in materia di previdenza sociale”.
  • L’art. 18, paragrafo 2, della Direttiva 2014/24/UE dispone che “Gli Stati membri adottano misure adeguate per garantire che gli operatori economici, nell’esecuzione di appalti pubblici, rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro elencate nell’allegato X”.
  • L’art. 30, comma 3, della Direttiva 2014/23/UE dispone “Gli Stati membri adottano misure adeguate per garantire che gli operatori economici, nell’esecuzione di contratti di concessione, rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro elencate nell’allegato X”.
  • L’art. 1, comma 5, della Direttiva 2014/25/UE dispone “La presente direttiva fa salve le modalità con cui gli Stati membri organizzano i propri sistemi in materia di previdenza sociale”.
  • L’art. 36, comma 2, della Direttiva 2014/25/UE dispone “Gli Stati membri adottano misure adeguate per garantire che gli operatori economici, nell’esecuzione di appalti pubblici, rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro elencate nell’allegato XIV”.

Più in generale, l’Autorità ritiene che un cambiamento culturale sia necessario.

Troppo spesso, in nome di una malintesa cultura della legalità, ci si affida alla formulazione di nuove regole come argine rispetto al rischio di comportamenti illeciti.

In realtà, l’elefantiasi normativa si traduce in una moltiplicazione dei luoghi e delle occasioni di corruzione. Il mercato necessita di poche regole, chiare e proporzionate.

Occorre tornare ad avere fiducia nella discrezionalità amministrativa, che è elemento indispensabile perché le amministrazioni pubbliche possano farsi veri ed equilibrati interpreti dei principi e delle norme, al fine di realizzare in maniera efficace e tempestiva gli obiettivi di interesse generale affidati alla loro cura.

In ogni caso, forte è la necessità di accompagnare l’utilizzo dei fondi stanziati con una credibile strategia di crescita volta a migliorare la competitività del Paese. Non possiamo fare affidamento, infatti, su una ripresa che è congiunturale, ma non ancora strutturale.

Il rilancio della politica di concorrenza è un pilastro centrale di tale strategia.

L’ampio divario che caratterizza le dinamiche del sistema produttivo italiano rispetto al resto dell’Unione Europea si spiega, infatti, non solo sulla base del basso livello di investimenti e innovazione, ovvero delle carenze che caratterizzano il quadro istituzionale e amministrativo, ma anche per il deficit di concorrenza che si registra in diversi settori.

Per questo l’Autorità guarda con favore alla centralità assunta dalle politiche di concorrenza in seno al PNRR.

La legge annuale per la concorrenza e il mercato costituisce, in particolare, la sede più adeguata a rimuovere i tanti lacci e lacciuoli che tutt’oggi soffocano le preziose energie creative che al Paese non mancano.

Con questo spirito, nei mesi scorsi l’Autorità ha presentato al Governo e al Parlamento una serie articolata di proposte, nell’ottica di promuovere la costruzione di un sistema più concorrenziale e aperto alla libera iniziativa delle imprese.

Naturalmente, l’Autorità, nella piena consapevolezza che l’individuazione delle priorità, il bilanciamento e la sintesi tra i diversi interessi in gioco spettano al Parlamento e al Governo, continuerà a dare il proprio rispettoso contributo nelle forme di legge.

 

  1. La linea ispiratrice dell’azione dell’Autorità durante la pandemia

Nell’anno appena trascorso, l’Autorità ha orientato con pragmatismo la propria azione, nella consapevolezza che è responsabilità dell’Istituzione porre in essere azioni di ricerca della soluzione in concreto più vantaggiosa per l’equilibrio dei mercati, per lo sviluppo delle imprese e per il benessere dei cittadini.

Pertanto, ogni qualvolta le norme lo hanno consentito, l’Autorità ha privilegiato misure di tipo conciliativo, attraverso moral suasion e impegni, che hanno anche comportato un effetto deflattivo del contenzioso.

Tali misure, che costituiscono strumenti alternativi di enforcement, avendo come obiettivo primario quello della cessazione della condotta potenzialmente illecita, sono risultate in deciso aumento.

In tale quadro, una menzione speciale va riservata alle decisioni in cui gli impegni proposti dalle imprese e resi obbligatori dall’Autorità hanno previsto restituzioni ai consumatori e semplificazioni degli oneri burocratici a loro carico.

I dati relativi agli interventi a tutela dei consumatori nel periodo gennaio 2019-luglio 2021 evidenziano un sensibile e progressivo aumento degli impegni che prevedono, da parte delle imprese coinvolte, la volontaria adozione di specifiche misure risarcitorie e/o compensative a favore dei consumatori colpiti dalle condotte commerciali oggetto di istruttoria.

Nel periodo di riferimento, questa tipologia di misure ha riguardato oltre il 42% dei 66 provvedimenti di accettazione di impegni adottati. La percentuale sale al 63% se si considerano le sole procedure (24) concluse con impegni nei primi sette mesi del 2021.

Sulla base dei soli procedimenti per i quali sono disponibili dati definitivi, l’insieme di questi interventi, concernenti diversi e importanti settori economici – dai trasporti aerei e marittimi ai servizi bancari e finanziari, dai prodotti assicurativi alla fornitura di energia elettrica e gas – ha comportato il riconoscimento di ristori a beneficio di oltre 580 mila consumatori, per un importo complessivo restituito superiore ai 34 milioni di euro.

Questa modalità di intervento può risultare ben più efficace delle sanzioni pecuniarie, atteso che non solo contribuisce ad accrescere la fiducia nelle Istituzioni da parte di soggetti deboli e privi della capacità di ottenere, da soli, adeguata tutela dei propri diritti, ma promuove anche un modello di comportamento virtuoso da parte delle imprese, che migliora la loro reputazione sul mercato ed il rapporto con i consumatori.

 

 

 

  1. I dati sull’attività svolta

Quanto sopra non toglie che la politica sanzionatoria dell’Autorità abbia conservato il tradizionale rigore di fronte a illeciti particolarmente gravi, suscettibili di compromettere il buon funzionamento dei mercati e di ledere i diritti dei consumatori.

Infatti, dal 1° gennaio 2020 al 31 luglio 2021 l’Autorità ha comminato sanzioni complessive pari a 627 milioni di euro, di cui 496 milioni in materia di tutela della concorrenza e 131 milioni in materia di tutela del consumatore.

Con riferimento alla tutela della concorrenza, sono stati chiusi 5 procedimenti per intese, 8 per abuso di posizione dominante e 9 per concentrazioni.

In materia di intese e abusi, i procedimenti chiusi con accertamento dell’illecito sono stati pari a 8, mentre quelli chiusi con impegni pari a 3. In materia di concentrazioni, l’Autorità ha esaminato 110 operazioni, avviando l’istruttoria in 9 casi.

Per quanto riguarda la tutela del consumatore e delle microimprese, 82 sono stati i procedimenti conclusi con l’accertamento dell’infrazione e 52 quelli chiusi con impegni. In 165 casi, inoltre, l’Autorità ha disposto l’archiviazione a seguito di moral suasion.

Particolarmente intensa è stata anche l’attività di advocacy, diretta a promuovere il rispetto dei principi concorrenziali da parte dei pubblici poteri, con un tasso di successo complessivo degli interventi svolti ben al di sopra del 50%.

Rilevano, in particolare, 55 interventi ai sensi dell’art. 21-bis della legge n. 287/90, 45 pareri e 51 segnalazioni con cui l’Autorità ha richiesto la rimozione di restrizioni ingiustificate alla concorrenza.

Con riguardo alle altre competenze, sono stati svolti 131 interventi in materia di conflitto di interessi e ben 7.372 procedimenti per il rilascio del rating di legalità.

 

  1. La tutela della concorrenza

Nella ferma convinzione che l’applicazione del diritto della concorrenza possa contribuire ad una più solida ripresa, l’Autorità è intervenuta in maniera rigorosa nei confronti delle condotte idonee ad aggravare le conseguenze dell’attuale congiuntura, prestando particolare attenzione ai settori strategici per la crescita, la digitalizzazione e la sostenibilità.

In tale ottica è stato ritenuto prioritario l’obiettivo di contribuire con ogni strumento possibile a velocizzare gli investimenti nelle infrastrutture per la transizione digitale.

In particolare, l’Autorità ha accertato, nei confronti di un primario operatore di telefonia, una condotta abusiva volta ad ostacolare lo sviluppo in senso concorrenziale degli investimenti in infrastrutture di rete a banda ultra-larga, irrogando una sanzione pari a oltre 116 milioni di euro[7].

La condotta in questione è risultata idonea a ritardare lo sviluppo della fibra nella sua forma più innovativa, ovvero l’FTTH, proprio nelle aree dove, in assenza di sussidi, il mercato non realizzerebbe l’infrastrutturazione innovativa, con grave pregiudizio al processo di digitalizzazione del Paese.

Nel dicembre 2020, inoltre, l’Autorità ha avviato un’istruttoria in relazione ad un progetto di co-investimento tra i principali operatori di telefonia, al fine di verificare gli effetti sul processo di infrastrutturazione del Paese.

L’Autorità ha anche segnalato le criticità legate allo sviluppo della banda larga, suggerendo di eliminare le restrizioni non necessarie all’installazione degli impianti di telefonia mobile, di individuare i criteri di assegnazione delle frequenze in maniera trasparente, chiaramente definita e non discriminatoria, in modo da agevolare la programmazione degli investimenti da parte degli operatori, nonché di stimolare anche il lato della domanda.

Una speciale attenzione è stata altresì prestata al contributo che le dinamiche realmente concorrenziali possono dare al processo di transizione verso un modello di crescita sostenibile sotto il profilo ambientale.

In tal senso, l’Autorità ha sanzionato con 102 milioni di euro un abuso di posizione dominante da parte di Google, consistente nel non aver consentito l’interoperabilità dell’app JuicePass di Enel X Italia con il sistema Android Auto, una specifica funzionalità di Android che permette di utilizzare in sicurezza le app quando l’utente è alla guida.

JuicePass offre un’ampia gamma di servizi funzionali alla ricarica dei veicoli elettrici, che vanno dalla ricerca di una colonnina di ricarica alla gestione della sessione ricarica passando per la prenotazione di una colonnina; quest’ultima funzione garantisce l’effettiva disponibilità dell’infrastruttura una volta che l’utente l’abbia raggiunta.

L’Autorità ha considerato che la condotta di Google, volta a favorire la propria app Google Maps, si prestava, tra l’altro, a influenzare negativamente lo sviluppo della mobilità elettrica nella fase cruciale del suo avvio.

Il provvedimento contribuisce anche a favorire l’utilizzo dell’energia “pulita” a danno dei combustibili fossili e, con esso, la transizione verso una mobilità più sostenibile dal punto di vista ambientale.

Nel settore della gestione dei rifiuti, in cui la leva concorrenziale assume un rilievo cruciale per il pieno sviluppo dell’economia circolare, è stato sanzionato per oltre 25 milioni di euro un consorzio attivo nell’ambito del recupero e del riciclo del PET[8], per aver posto in essere un abuso volto ad escludere un consorzio concorrente che aveva introdotto un sistema di riciclo alternativo e innovativo.

Nel corso dell’anno si è poi confermata l’attenzione per i mercati digitali, resi ancora più centrali alla luce dei nuovi modelli di consumo e di produzione imposti dalla pandemia.

Sono attualmente in corso tre istruttorie, rispettivamente:

– nei confronti di Amazon, per un presunto abuso di posizione dominante nell’ambito della fornitura ai venditori terzi dei servizi di intermediazione per la compravendita di beni e servizi sulla piattaforma Amazon.it, nonché dei servizi di logistica;

– nei confronti di Google, per un presunto abuso di posizione dominante consistente nell’uso discriminatorio della mole di dati raccolti attraverso le proprie applicazioni, che impedirebbe ai concorrenti di competere in modo efficace nel mercato della pubblicità online[9];

– nei confronti di Apple e Amazon per una presunta intesa restrittiva della concorrenza, volta ad escludere dal marketplace di Amazon i rivenditori di elettronica che commercializzano legittimamente i marchi Apple e Beats.

Sempre in relazione ai nuovi mercati digitali, l’Autorità è intervenuta per favorire l’apertura del mercato delle prenotazioni delle corse taxi alle piattaforme digitali.

In particolare, l’Autorità ha accertato l’illiceità di clausole volte ad ostacolare l’ingresso di piattaforme concorrenti imposte dalle cooperative taxi operanti nel comune di Napoli e in quello di Torino, in linea con gli interventi già svolti nei confronti di cooperative operanti a Roma e Milano.

Nel settore delle procedure ad evidenza pubblica, una delle linee direttrici che hanno ispirato l’enforcement è stato il contrasto alle condotte dei gestori uscenti dei servizi pubblici, volte ad ostacolare le stazioni appaltanti nel bandire le gare, al fine di bloccare o di ritardare le procedure per la selezione dei nuovi affidatari.

In proposito, nel settore dell’energia si è concluso con impegni un procedimento avente ad oggetto il rifiuto o il ritardo, da parte delle imprese incumbent nel mercato della distribuzione del gas relativo all’ATEM Genova -1, della fornitura alla stazione appaltante di informazioni relative alle caratteristiche dell’infrastruttura di distribuzione, necessarie per predisporre il bando di gara per la gestione della rete.

Sono stati, altresì, accolti gli impegni del gestore della rete di distribuzione di gas operante nell’ATEM Venezia-1 in relazione al rifiuto di fornire alla stazione appaltante informazioni sulle caratteristiche della rete gestita, che includono misure volte ad agevolare le attività propedeutiche alla predisposizione dei bandi di gara da parte delle stazioni appaltanti di tutti gli ATEM d’Italia che ricomprendano Comuni in cui opera il gestore in questione.

Anche nel settore dei servizi di trasporto pubblico locale, l’Autorità è intervenuta con misure cautelari per bloccare i comportamenti ostruzionistici del concessionario uscente volti a ritardare il subentro dell’aggiudicatario del servizio TPL della Regione Toscana.

Parallelamente a tale tipologia di interventi, l’Autorità ha continuato a monitorare la correttezza del confronto competitivo in sede di gare pubbliche.

In particolare, è proseguita l’attività istruttoria relativa alla presunta intesa in materia di procedure ad evidenza pubblica per la fornitura di contatori idrici e quella per la fornitura di abbigliamento professionale e accessori a enti pubblici, tra cui i Corpi di Polizia municipale.

Infine, non sono mancati interventi di repressione delle condotte anticoncorrenziali in altri settori come il mercato della vendita di biglietti per eventi live di musica leggera, in cui è stato sanzionato con 10 milioni di euro un abuso posto in essere da Ticketone.

Con riferimento alle concentrazioni, nel 2020 l’Autorità ha condotto nove istruttorie allo scopo di valutare gli effetti sul livello di concorrenzialità dei mercati interessati dalle operazioni notificate.

Gli interventi più significativi hanno riguardato il settore bancario, al centro di un processo di consolidamento che in futuro potrebbe coinvolgere diversi player nazionali e che ha visto nell’anno trascorso realizzarsi la concentrazione Intesa Sanpaolo-UBI, nonché quello della grande distribuzione organizzata, in cui da tempo i principali operatori di mercato stanno attuando strategie di crescita dimensionale per vie esterne.

Anche in considerazione della costante crescita dimensionale di numerose imprese, l’Autorità ha prestato particolare attenzione alla fattispecie di abuso di dipendenza economica, strumento particolarmente utile per contrastare le condotte illecite di operatori che, pur non trovandosi in posizione dominante, dispongono di un elevato potere di mercato.

In tale contesto, l’Autorità ha concluso un’istruttoria nei confronti dell’ex monopolista postale, sanzionato per oltre 11 milioni di euro, per aver imposto clausole ingiustificatamente gravose nei contratti stipulati con una società che ha svolto il servizio di distribuzione e raccolta di corrispondenza in un importante capoluogo di Regione[10].

Sul tema sono altresì in corso due istruttorie nei confronti di McDonald’s e del gruppo Benetton.

In particolare, l’istruttoria nei confronti di McDonald’s è volta a verificare se il gestore di una delle principali catene mondiali di ristoranti fast food abbia imposto ai propri affiliati una serie di condizioni e obblighi ingiustificatamente gravosi idonei a condizionarne indebitamente l’attività economica e a comprimerne i margini di redditività.

L’istruttoria nei confronti del gruppo Benetton intende verificare se l’azienda di moda abbia imposto nei contratti di franchising clausole ingiustificatamente gravose, idonee a condizionare l’attività economica dell’affiliato, impedendogli di gestire autonomamente la propria attività commerciale.

Sono state, infine, concluse quattordici istruttorie ai sensi della disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari nei confronti di caseifici per pratiche sleali a danno degli allevatori conferenti.

 

  1. La tutela dei consumatori

La correttezza delle imprese nei confronti dei consumatori, la trasparenza nelle diverse fasi del rapporto di consumo, la qualità dell’informazione e, più in generale, la piena tutela dei loro diritti sono risultati, durante la pandemia, obiettivi ancora più importanti da salvaguardare.

Per questo, l’Autorità ha sensibilmente rafforzato il proprio impegno su tale terreno, anche inaugurando filoni applicativi innovativi al fine di contrastare tutte quelle condotte – particolarmente odiose – che hanno fatto leva sulle paure e sulle nuove esigenze di consumo, sorte per effetto della pandemia.

Viene, innanzitutto, in rilievo la tutela dei consumatori nel commercio online, fortemente cresciuto anche a seguito dell’emergenza sanitaria e dei connessi lockdown.

L’Autorità, consapevole che la diffusione del contagio richiedeva di reprimere prontamente ogni sfruttamento opportunistico della crisi, nonché di svolgere controlli efficaci per assicurare la fornitura regolare dei presidi sanitari e dei farmaci, è intervenuta con rapidità imponendo l’immediata cessazione delle condotte anomale degli operatori attraverso un ampio utilizzo dei poteri cautelari.

Gli interventi hanno riguardato comportamenti scorretti e ingannevoli posti in essere con riferimento, tra l’altro, alle modalità di commercializzazione dei prodotti igienizzanti e delle mascherine, nonché alla vendita di farmaci dalle false proprietà antivirali e di test per l’autodiagnosi del contagio.

Si evidenziano, altresì, i tanti provvedimenti con cui l’Autorità ha accertato la scorrettezza della promozione e commercializzazione online e su marketplace di prodotti presentati come utili al fine di prevenire, diagnosticare o contrastare il virus in assenza di qualsivoglia riscontro scientifico e, in alcuni casi, suscettibili di mettere in pericolo anche la salute dei consumatori.

L’azione dell’Autorità ha portato all’individuazione e al conseguente oscuramento di 64 siti internet riconducibili a farmacie illegali che pubblicizzavano la vendita di farmaci asseritamente efficaci contro il Covid-19.

Inoltre, gli impegni accolti all’esito dei procedimenti avviati nei confronti delle principali piattaforme e-commerce attive in Italia, hanno obbligato queste ultime a procedere al controllo di circa 60 milioni di offerte di prodotti igienizzanti, mascherine e test Covid-19, nonché alla rimozione di oltre 400 mila di dette offerte per claim ingannevoli e/o prezzi eccessivi.

La tutela dei consumatori nel commercio online è stata al centro dell’attenzione dell’Autorità anche per altre tipologie di condotte.

Una categoria di interventi ha riguardato le vendite online di prodotti non disponibili e la mancata consegna dei beni acquistati, gli ostacoli all’esercizio dei diritti di recesso e di rimborso da parte dei consumatori, la divulgazione online di informazioni scorrette in merito allo stato degli ordini e alle tempistiche di consegna e, infine, le commissioni sui pagamenti con carte di credito (credit card surcharge).

L’Autorità ha altresì monitorato con attenzione le condotte dei soggetti attivi nella gestione di campagne per la raccolta fondi create da terzi, dato il proliferare di iniziative benefiche nate in risposta all’emergenza sanitaria.

Al riguardo, nel dicembre 2020 è stata conclusa l’istruttoria nei confronti della più importante piattaforma internazionale GoFundMe, accertando l’esistenza di due pratiche commerciali scorrette aventi ad oggetto l’ingannevolezza dei claim di gratuità delle raccolte fondi e la pre-impostazione della percentuale di commissione a favore del gestore.

Vanno, poi, menzionati gli interventi volti all’accertamento di alcune pratiche commerciali scorrette in relazione al servizio di recapito delle raccomandate. In esito ad un procedimento istruttorio, è emerso in particolare che i portalettere, al contrario di quanto enfatizzato dall’impresa nei claim, non effettuavano il tentativo di consegna delle raccomandate, costringendo i destinatari a recarsi presso gli uffici postali per poterle ritirare. Tali pratiche si sono dimostrate particolarmente dannose in un periodo di isolamento domiciliare.

Un secondo macro-ambito a cui l’Autorità ha dedicato massima attenzione è stato il settore creditizio, in quanto lo stato di debolezza e di difficoltà in cui si sono venuti a trovare i consumatori e le microimprese ha imposto un accresciuto dovere di diligenza in capo alle banche e agli intermediari creditizi.

Numerosi sono stati gli interventi dell’Autorità, anche con lo strumento della moral suasion, che hanno determinato l’adeguamento da parte delle società bancarie e finanziarie, le quali, nella maggior parte dei casi, hanno colmato le contestate carenze informative e hanno semplificato gli adempimenti burocratici per ottenere i finanziamenti.

In terzo luogo, l’Autorità è intervenuta a scongiurare che, a seguito dei vari lockdown, vi fosse una compressione dei diritti dei consumatori da parte degli operatori dei settori turistico, ricreativo e dei trasporti.

In questo ambito vanno annoverati:

– i casi nei confronti degli operatori del servizio di trasporto su autobus, aereo e ferroviario rispetto alle condotte di cancellazione dei viaggi, limitazione dei servizi e/o aumento dei prezzi in ragione dell’emergenza sanitaria da Covid-19;

– i provvedimenti di accertamento di pratiche commerciali scorrette, consistenti nella frapposizione di ostacoli all’esercizio del diritto al rimborso dei consumatori, che avevano acquistato pacchetti turistici successivamente annullati;

– i casi relativi a clausole vessatorie inserite nelle condizioni generali dei contratti di acquisto di abbonamenti e biglietti per le partite di calcio, che disconoscevano il diritto dei consumatori a ottenere rimborsi in caso di chiusura dello stadio o in caso di rinvio dell’evento.

Le iniziative intraprese dall’Autorità a tutela dei consumatori durante la pandemia hanno ricevuto l’espresso apprezzamento della Commissione Europea[11], che ha invitato le altre Autorità a seguire il modello italiano.

Accanto alle nuove sfide affrontate dall’Autorità, è proseguita la più canonica attività di tutela del consumatore, secondo binari di intervento oramai consolidati.

Tra i casi più significativi, devono annoverarsi i provvedimenti con cui l’Autorità ha accertato l’aggressività delle condotte poste in essere da alcuni gestori del servizio idrico e dei servizi dell’energia elettrica e del gas.

Le tematiche venute in rilievo hanno riguardato la scorretta informativa e fatturazione degli oneri di elettricità e gas, il mancato riconoscimento della prescrizione dei termini di pagamento delle bollette, l’addebito di morosità pregresse e le modalità illecite di gestione delle perdite occulte.

Nella medesima prospettiva di eliminazione dei condizionamenti nelle scelte di consumo si pongono gli interventi volti a contrastare la fornitura di servizi non richiesti dal consumatore nel settore delle telecomunicazioni, come pure quelli riguardanti le condotte inerenti alla raccolta e all’uso dei dati degli utenti, a fini di profilazione e commerciali.

Nella consapevolezza che il dato personale può assumere un valore economico idoneo a configurare l’esistenza di un rapporto di consumo, è indiscutibile la necessità che i consumatori siano posti in grado di effettuare scelte libere e consapevoli sui dati che generano.

L’Autorità ha, inoltre, continuato a svolgere i più tradizionali interventi nel settore dei prodotti e dei servizi dedicati alla cura e al benessere della persona, accertando la scorrettezza di numerose pratiche commerciali. Sistematica è stata la repressione di fenomeni illeciti di buy and share, basata sulla creazione di gruppi di acquisto per la vendita di beni a prezzi vantaggiosi, sistemi di vendita piramidali, commercializzazione scorretta di shopping card.

Più di recente, è stato chiuso il procedimento nei confronti di una primaria compagnia assicurativa specializzata nell’assicurazione sanitaria e del suo provider di servizi, avviato sulla base di oltre 2.000 reclami[12].

L’Autorità ha accertato che le due società coinvolte avevano reso onerosa e difficile per i consumatori, con particolare riferimento a quelli colpiti da gravi malattie, la fruizione delle prestazioni sanitarie previste dal contratto, irrogando una sanzione complessiva pari a 6 milioni di euro.

 

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L’attività svolta dall’Autorità, di cui ho richiamato i principali interventi, non sarebbe stata possibile senza la professionalità e la dedizione delle donne e degli uomini che lavorano in Antitrust. A loro va la mia gratitudine, così come devo ringraziare i componenti del Collegio, il Segretario Generale e il Capo di Gabinetto per l’importante lavoro che hanno svolto e continuano a svolgere.

Un sentito ringraziamento va anche ai magistrati del Tar Lazio e del Consiglio di Stato, all’Avvocatura generale dello Stato, alle altre Autorità consorelle, alla Guardia di Finanza ed alle altre Forze dell’Ordine, alle Procure della Repubblica, alle associazioni dei consumatori, alla DG Competition e alla DG Justice della Commissione Europea.

Desidero, infine, ringraziare i Presidenti delle due Camere del Parlamento Italiano per l’attenzione con cui seguono la nostra attività e, soprattutto, il Signor Presidente della Repubblica, fondamentale punto di riferimento dell’unità nazionale.

Mi riservo, per ultimo, un ricordo commosso.

Nel 2021 ci hanno lasciati Antonio Catricalà e Giuseppe Tesauro: due Presidenti che, con la loro autorevole guida, hanno saputo rafforzare l’azione e il prestigio dell’Autorità e servire al meglio il Paese negli alti incarichi istituzionali ricoperti.

A loro va la nostra sentita gratitudine.

 

[1] Cfr. il database sull’elusione fiscale creato da G. Zucman, L. Wier, T. Toslov, aggiornato ad agosto 2021 e reperibile su www.missingprofits.world.

[2] V. European Competition Network, Joint paper of the heads of the national competition authorities for the European Union, 22 giugno 2021, pp. 6-7.

[3] ANAC, “La corruzione in Italia (2016-2019). Numeri, luoghi e contropartite del malaffare”, 17 ottobre 2019.

[4] AGCM, AS1730 Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza, 19 marzo 2021, in Boll. n. 13/21.

[5] Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pag. 65-66, reperibile all’indirizzo www.governo.it, nonché il disegno di legge recante “Delega a Governo in materia di contratti pubblici”, art. 1, co. 2, lett. a) in discussione al Senato (A.S. 2330).

[6] Ad esempio, le disposizioni sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al D. Lgs. n. 81/2008, le quali sono state emanate in attuazione di disposizioni euro-unitarie.

[7] Provv. A514, Condotte fibra Telecom Italia, 25 febbraio 2020.

[8] Provv. A531, Riciclo imballaggi primari/Condotte abusive COREPLA, 27 ottobre 2020.

[9] Anche la Commissione Europea ha avviato lo scorso mese di giugno un’indagine formale al fine di verificare se Google abbia violato le norme europee in materia di concorrenza, favorendo i propri servizi di inserzione pubblicitaria online nella cosiddetta filiera “ad tech”, a scapito dei fornitori di servizi di tecnologia pubblicitaria concorrenti, inserzionisti ed editori online.

[10] Provv. A539, Poste Italiane/Contratti fornitura servizi di recapiti, 20 luglio 2021.

[11] V. la lettera inviata al Presidente dell’AGCM dal Direttore generale della DG Giustizia e Consumatori della Commissione Europea, S. Saastamoinen.

[12] Provv. PS11828, RBM Assicurazione Salute Previmedical/Varie condotte, 13 luglio 2021.


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