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L’Italia porta Spazio al G20. Intervista a Giorgio Saccoccia

Dalla sfida sui lanciatori ai programmi per la Luna, dalla delega a Colao alle opportunità del Pnrr. Intervista a Giorgio Saccoccia, presidente dell’Asi, che lunedì riunirà a Roma i vertici spaziali del G20. I successi di Musk, Branson e Bezos? “Lo Spazio si avvicina alla Terra”

“Lo Spazio è un campo perfetto per supportare gli obiettivi della presidenza italiana del G20”. Ne è convinto Giorgio Saccoccia, presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), che Formiche.net ha raggiunto per commentare le ultime novità spaziali, dai successi di Elon Musk alle intese europee sui lanciatori, fino alla delega al ministro Vittorio Colao. Prima di tutto però il rinnovato protagonismo italiano sulla scena internazionale: lunedì, a Roma, l’Asi ospita il “G20 Space economy leaders meeting 2021” con i vertici delle maggiori agenzie spaziali del mondo e delle organizzazioni internazionali impegnate nel settore.

Presidente, come nasce l’idea di questo appuntamento?

L’idea di creare uno “Space economy leaders meeting” è nata a margine della presidenza saudita del G20, lo scorso anno. Riteniamo che sia un’occasione straordinaria per dare ulteriore contenuto ai temi scelti per la presidenza italiana: People, Planet, Prosperity. Sono tematiche entro cui si esplicano con evidenza le capacità di supporto delle tecnologie e dei sistemi spaziali, rendendo lo Spazio un campo perfetto per supportare ancora meglio gli obiettivi del G20 italiano.

E quale è l’obiettivo del vertice di lunedì?

Alzare il livello d’attenzione sullo Spazio a livello istituzionale internazionale, sfruttando questo importante forum di discussione che, seppur non globale, rappresenta pressoché tutti i Paesi più rilevanti in campo spaziale. Al momento il tema viene trattato a latere del G20, ma alzando il livello d’attenzione potrà entrare a far parte dell’agenda del gruppo.

Vista la presenza di tutte le potenze spaziali, il G20 può essere il format adatto per affrontare anche temi più dibattuti e delicati, come il diritto spaziale o la commercializzazione delle attività in orbita?

Bisogna procedere progressivamente. Lo scopo di questo primo esercizio riguarda la Space economy, per individuare un linguaggio globale di confronto e aumentare l’attenzione internazionale. Il diritto spaziale e la commercializzazione sono temi molto più globali rispetto al gruppo dei Paesi che compongono il G20. Sono temi da Nazioni Unite e da Copuos (la Commissione Onu sull’uso pacifico dello spazio extra-atmosferico, ndr), già discussi in tali contesti. Magari in futuro il G20 sarà più coinvolto, raccogliendo e rilanciando gli input di forum più ampi.

All’incontro di lunedì ci sarà anche il ministro Vittorio Colao, nuovo delegato del premier Mario Draghi per le politiche spaziali. Come avete accolto l’assegnazione della delega?

Con molto apprezzamento. Ritengo sia stato un segnale importante da parte del governo e del presidente del Consiglio, perché le competenze del dicastero del ministro Colao coprono sostanzialmente digitalizzazione e innovazione, due pilastri delle attività spaziali, sia nell’alimentare il settore, sia per quello che dal settore possono ricevere. Si può dire che nelle competenze del ministro mancasse lo Spazio. Ben venga ora la sua inclusione.

La scorsa settimana il ministro Colao ha fatto visita all’Asi…

Sì. Abbiamo avviato al meglio un ottimo dialogo, non solo a livello decisionale-politico, ma anche a livello tecnico. Il ministro è già molto coinvolto e sta acquisendo una sua idea su tanti dossier rilevanti. È venuto in Asi e verrà lunedì in presenza all’appuntamento G20, proprio perché vuole dare risalto all’incontro.

L’estate spaziale si è chiusa in questi giorni con la missione (tutta civile) Inspiration4 di SpaceX, che segue i successi di Virgin Galactic e Blue Origin. Dovremmo abituarci a uno spazio sempre più privato?

Sta accadendo ciò che doveva accadere. Lo Spazio sta finalmente diventando qualcosa di più vicino alla Terra e al nostro modo di vivere. Ciò non può avvenire in tutti i settori alla stessa velocità, considerando che i privati si muovono verso business a crescita maggiore. Al momento ci sono i grandi investitori, decisi a muoversi solo se c’è un vero interesse di ritorno economico, commerciale, d’immagine o (come nel caso di Musk) di visione personale. In futuro, ma di fatto sta già avvenendo, ci saranno investimenti privati meno importanti e meno visibili, ma che renderanno lo Spazio ancora più vicino alla Terra.

Come dovrebbe evolvere il ruolo dei soggetti pubblici in tale quadro?

Prima di tutto direi che, come istituzioni, possiamo dire di aver raggiunto lo scopo che ci eravamo prefissi: far sì che lo Spazio fosse più utilizzabile e che le attività fossero più sostenibili. Le istituzioni mantengono però un ruolo fondamentale soprattutto nei settori più avanzati e innovativi, lì dove l’investimento pubblico e la visione di agenzie capaci di collaborare (rispetto a privati che non possono per sfide commerciali) garantiscono la possibilità di proseguire. Al momento ciò avviene in tutti i segmenti dello Spazio. In futuro vedremo. Sicuramente c’è ancora una forte commistione, un’interazione pubblico-privata da sviluppare ulteriormente. Non è facile.

Perché?

Perché non è banale investire su uno stesso progetto fondi pubblici (da spendere con il massimo livello di attenzione e accortezza) e fondi privati per i quali, all’estremo, l’investitore risponde solo a se stesso. Per questo stiamo pensando a strumenti di collaborazione ancora più efficaci. Poi li dovremo uniformare a livello internazionale.

A proposito di fondi, dal Pnrr arriveranno per lo Spazio 2,3 miliardi di euro. Spenderli nei tempi previsti e al meglio pare una sfida. È così?

“Sfida” è il termine corretto, a cui però affiancherei “enorme opportunità” per il nostro Paese, per fare un ulteriore salto in avanti in termini di capacità e competitività del settore. Siamo già a lavoro sull’implementazione del Pnrr Spazio. Dovremo essere capaci di massimizzare il tutto. Il tempo a disposizione è sicuramente sfidante, ma l’obiettivo è creare capacità sostenibili anche dopo il ricorso al Piano che posizionino il Paese ancora meglio. Abbiamo discusso da subito di questo con il ministro Colao per avviare rapidamente l’implementazione dei progetti. Sono temi belli per i quali ci proponiamo di andare avanti con efficacia.

Intanto l’Europa dello Spazio è alle prese con il cambio di governance, vista l’ambizione dell’Ue e l’evoluzione dei rapporti con l’Esa. L’Italia come segue il tema?

L’Italia ha un ruolo importantissimo tanto nell’Esa quanto nell’Ue. Siamo un Paese-chiave in entrambi i contesti e seguiamo dunque con attenzione l’evoluzione dei rapporti. È tutt’ora in corso una discussione tra le due organizzazioni che ci vede coinvolti, per definire il posizionamento reciproco e il ruolo di ognuna nei futuri progetti e programmi. Come tutti i Paesi non seguiamo e basta; forniamo le nostre indicazioni.

In che fase siamo di questo dibattito?

Siamo in una fase di ricezione di proposte non ancora completamente definite. L’Esa ha alcune idee, l’Ue ne ha altre, e poi ci sono tutti i Paesi membri che, dato non banale, non coincidono del tutto tra le due. Ci vorrà qualche mese per avere uno scenario più chiaro su chi farà cosa e come. Alla fine tutto sarà riportato agli Stati membri per accettazione. Noi seguiamo con attenzione. Se, da un lato, confidiamo che tale processo rappresenti uno stimolo alla corsa a nuovi programmi, dall’altro ci manteniamo accorti a valutare l’effettivo interesse dell’Italia sulle proposte oggetto di discussione. Il ruolo dell’Asi è questo, con l’attenzione e gli input del governo.

Tra i temi più sensibili c’è l’accesso allo Spazio. È recente l’accordo al Consiglio dell’Esa circa la risoluzione sull’utilizzo di Ariane 6 e Vega C. Basterà all’Europa per reggere la competizione in questo campo?

La risoluzione recentemente approvata riguarda gli aspetti contingenti del momento, e servirà a definire i prezzi commerciali di Vega C e Ariane 6. È un passaggio importante, perché senza un prezzo definito i lanciatori non potranno essere proposti sul mercato. Ritengo tuttavia che questo settore meriti una riflessione ulteriore.

Quale?

Quella legata al futuro. Non possiamo pensare alla competitività del momento e alla direzione del futuro allo stesso modo. Per il momento, la buona notizia per l’Italia è che il Vega C è un lanciatore già molto competitivo, che dobbiamo spingere a livello europeo per crescere ancora.

E per il futuro?

Per il futuro non dobbiamo dimenticare che i lanciatori sono (e saranno sempre) uno strumento per portare payload nello Spazio. Non esistono per altre ragioni, pur considerando strategico il mantenimento dell’autonomia nell’accesso alle orbite. Qui sorge però un problema, perché tipicamente il processo di sviluppo, realizzazione e commercializzazione dei lanciatori copre un tempo così lungo da coincidere con più di una generazione di satelliti. In altre parole, i satelliti si sviluppano molto più rapidamente dei lanciatori. Significa che progettare un lanciatore pensando a ciò che dovrà portare non è un esercizio facile. È un esercizio che non si può basare solo sulle previsioni economico-commerciali. Per questo insisto da tempo sugli aspetti di evoluzione tecnologica e sulla componentistica. Sono un grande fautore del “technology push” come guida del comparto rispetto alle pure prospettive di business, spesso basate sulle coordinate del momento. Un livello di competizione come quello attuale era assolutamente imprevedibile fino a qualche anno fa.

Quindi che fare?

Noi stiamo portando avanti una serie di riflessioni a livello nazionale e attraverso dialoghi bi-multilaterali in Europa per mantenere una posizione ben strutturata e istruita sul tema. Poi, a livello Esa, procediamo per perfezionare i contenuti della suddetta risoluzione e decidere ora dove seminare il futuro del settore europeo dei lanciatori. È chiaro che la risposta sulla competitività attuale potrà non essere immediata. Ma è nostra intenzione non fare errori.

I numerosi successi spaziali degli ultimi mesi nelle basse orbite sembrano aver distolto l’attenzione dalla Luna. Come procedono i lavori sul programma Artemis?

Chiaramente le attività su Artemis stanno proseguono do al di là dell’impatto mediatico di altri temi. Come Italia siamo leader del modulo I-Hab destinato al Lunar Gateway, il contributo dell’Esa al programma, e le attività industriali vanno avanti rapidamente. Prosegue poi il dialogo con gli Usa. Poche settimane fa, allo Space Symposium in Colorado ho incontrato il nuovo amministratore della Nasa, Bill Nelson, e il nuovo segretario del National space council, Chirag Parikh. Abbiamo discusso in dettaglio le tematiche della collaborazione bilaterale e dei contributi diretti che l’Italia potrebbe (e vorrebbe) apportare al programma per massimizzare il ritorno di competenze nel settore. Abbiamo parlato a livello di vertice, ma intanto le industrie stanno già lavorando sugli studi di definizione di tali contributi. Speriamo di poter definire quanto prima con il via libera del nostro governo che, devo dire, guarda con favore la collaborazione con gli Stati Uniti. Analoghe discussioni riguardano anche Marte, che resta un focus assolutamente di primo piano.


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