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Covid, il rebus della terza dose del vaccino (più booster)

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Scelta nazionale o strategia mondiale in pandemia? Il rinforzo con un’ulteriore inoculazione anti-Covid 19 è una decisione sanitaria, ma anche politica, molto complessa. Pareri e critiche degli esperti e i Paesi che si sono portati avanti (e perché)

Terreno spianato per la terza dose del vaccino anti-Covid 19 negli Usa, e non solo. La Food and Drug Administration (Fda), ente governativo americano che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha autorizzato la somministrazione della terza inoculazione di Pfizer-BioNTech.

Gli esperti hanno deciso che il terzo vaccino sia somministrato a sei mesi di distanza dalla conclusione del primo ciclo vaccinale, per le persone di più di 65 anni e soggetti (di età compresa tra i 18 e i 64 anni) fragili ad alto rischio di contrarre la malattia in forma grave, e anche per i pazienti ad alto rischio gravi complicanze e di malattia grave.

Janet Woodcock, acting commissioner della Fda, ha spiegato che “dopo aver valutato la totalità delle prove scientifiche disponibili e le valutazioni del nostro Comitato consultivo di esperti esterni, indipendenti, la Fda ha aggiornato l’autorizzazione all’uso d’emergenza per il vaccino contro il Covid-19 di Pfizer-BioNTech per consentire la somministrazione di una dose di richiamo ad alcuni soggetti”.

Albert Bourla, presidente e amministratore delegato di Pfizer, ha detto che “questa prima autorizzazione della Fda di un richiamo del vaccino contro il Covid-19 è una pietra miliare nella lotta in corso contro la malattia […] Nell’ultimo anno e mezzo, abbiamo mirato a rimanere vigili sull’evoluzione della pandemia, compresa la valutazione dell’impatto di una dose di richiamo. Riteniamo che i booster abbiano un ruolo importante da svolgere nell’affrontare la continua minaccia di questa malattia, insieme agli sforzi per aumentare l’accesso globale e la diffusione tra i non vaccinati. L’azione odierna della Fda è un passo importante per aiutare i più vulnerabili tra noi a rimanere protetti dal Covid-19”.

Domenica, l’epidemiologo del governo americano, Anthony Fauci, ha detto in un’intervista dell’emittente Cnn che è “molto probabile” che sia approvata una dose di rinforzo contro il Covid-19 per tutta la popolazione, non solo per i maggiori di 65 anni. Francis Collins, direttore del National Institutes of Health, crede che sarebbe “una sorpresa” se alla fine non verrà approvata una terza dose del vaccino anti-Covid.

Resta però il dibattito sulla necessità di questa dose di rinforzo. Per alcuni ricercatori è presto per stabilire l’urgenza, giacché gli studi sono ancora in corso. Altri invece credono che viste le varianti del virus sarà il terzo vaccino il vero scudo di protezione contro la malattia.

L’Agenzia europea per i medicinali (Ema) studia ancora la possibilità, sostenendo che il rinforzo per tutti non è ancora urgente. La Commissione europea ha dichiarato alla fine di agosto che, di fronte ad una mancata decisione unificata, la scelta di fare o meno la terza dose sarà “responsabilità degli Stati”. Sebbene Germania e Austria, per esempio, abbiano preferito vaccinare i pazienti a rischio, in Ungheria la campagna di vaccinazione della terza dose è stata aperta a tutta la popolazione.

In Francia è in corso la campagna vaccinale con la terza dose per gli anziani residenti nel circuito di case Établissement d’hébergement pour personnes âgées dépendantes (Ehpad). Per frenare la diffusione della variante Delta, l’autorità sanitaria francese ha consigliato ad agosto il rinforzo per le persone fragili e da metà settembre per gli over 60 anni.

Più generale la campagna di vaccinazione di Israele, che dalla fine di agosto ha inoculato la terza dose a tutte le persone di più di 12 anni di età, raggiungendo un’efficacia di immunizzazione del 95%, secondo gli ultimi studi. Dal mese di luglio le autorità israeliane avevano approvato la terza dose per le persone maggiori di 60 anni.

Jean-Daniel Lelièvre, capo del servizio di immunologia e malattie infettive dell’Ospedale Henri-Mondor de Créteil, ha spiegato a France 24 che “quando qualcuno si contagia di Covid 19 o si vaccina, si sviluppano anticorpi contro la malattia. Questa protezione dura alcuni mesi e dopo diminuisce gradualmente. La terza dose aumenta la dosi di anticorpi, che tornano ad aumentare il livello di protezione […] Il rinforzo è ancora più importante di fronte a forme di varianti come la delta, che sono particolarmente contagiose. La difficoltà è nel sapere a che persone somministrarle e quando, per far che sia il più efficace possibile”.

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha lanciato un appello per posticipare l’uso delle terze dosi fino alla fine di settembre, e cercare in questo modo di accorciare il divario dell’accesso ai vaccini tra i Paesi più ricchi e i più poveri. A riguardo, Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’organizzazione, ha detto: “Non resteremo in silenzio mentre imprese e Paesi che controllano il rifornimento mondiale di vaccini pensano che i Paesi più poveri del mondo devono conformarsi con gli avanzi”.

Secondo l’Oms, circa 165 milioni di dosi di vaccini sono state somministrate in tutto il mondo per circa 1,38 miliardi di abitanti. In Africa, solo il 3% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale. “In pandemia le strategie devono essere mondiali. Una politica sanitaria esclusivamente nazionale non può vincere il virus – ha detto a France 24 Gérard Dubois, presidente dell’Accademia Nazionale della Medicina francese -. Tuttavia, è vero che le implicazioni ospedaliere, mediche ed economiche sono tante, e i dirigenti sono costretti ad attivarsi per proteggere le loro popolazione […] Oggi la domanda sulla terza dose è un calcolo politico molto difficile”.

E in Italia? Il piano ad oggi è di fare il vaccino contro l’influenza insieme alla terza dose del vaccino anti-Covid 19. Il ministero della Salute studia la possibilità di preparare i cosiddetti “booster”, cioè il rinforzo di protezione dato da una nuova somministrazione a persone anziane e personale sanitario.

Da quanto si legge su Repubblica, quest’anno le autorità sanitarie volevano partire proprio dalla fine di ottobre con la campagna contro l’influenza, per cui è necessario decidere in fretta se chiedere che passi un certo periodo di tempo, magari 15 giorni, tra una somministrazione e l’altra, oppure farle insieme. Ma purtroppo, per ora, non ci sono studi su come sia meglio agire.

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