Skip to main content

Buoniste, analogiche, mosce. Le campagne social ai raggi x

Le amministrative ai tempi del governissimo Draghi si chiudono con una campagna social molto soft e poco digitale. Con tutti i partiti (meno uno) al governo i toni si sono abbassati e i riflettori pure. L’analisi di Martina Carone (Youtrend)

Ormai nel nostro Paese ogni appuntamento elettorale (e ogni campagna che lo precede) viene preso come un momento di conferma o sanzione dell’operato della politica da parte dei cittadini. Anche queste elezioni non han fatto eccezione, e – sebbene alcune di queste siano sembrate scontate nel risultato fin dal principio – sono state al centro dell’attenzione politica e mediatica per settimane.

Nonostante questo, però, le innovazioni (politiche, comunicative e di posizionamento) sono state poche, al punto tale da aver lasciato la sensazione che questi appuntamenti elettorali, che coinvolgono oltre mille comuni, tra cui i cinque principali (Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli) siano state un po’ un’occasione sprecata.

Dal punto di vista della comunicazione elettorale, il contesto post pandemico avrebbe potuto dare spazio ad alcuni elementi di novità che, volenti o nolenti, siamo ormai abituati a vedere nella campagna elettorale permanente in cui siamo immersi da anni: eravamo ormai abituati ad una maggiore centralità delle strategie di campagna digitale, in cui i candidati si sfidano (anche sui social) per mantenere alta l’attenzione su di sé e raccontare virtualmente la campagna e la propria proposta politica.

Nonostante questo, di innovazioni non se ne sono viste, e anzi i tentativi di emergere – come la social soap “30 giorni a casa Raggi”, in cui la sindaca uscente veniva ritratta nella sua quotidianità – sono risultati forse più cringe che capaci di stimolare attenzione da parte degli elettori.

Poche strategie digitali, poco innovative, complice anche il fatto che su molti territori quella che si è vista è stata una competizione poco serrata, dal vivo come sui social media; fa eccezione Roma, sfida in cui, secondo un’analisi YouTrend, gli attacchi reciproci sono stati diversi e variegati.

Ma, a ben vedere, la comunicazione poco scoppiettante di queste elezioni riflette in fondo quelle che sono delle difficoltà politiche: sotto l’aspetto della competizione e dei posizionamenti, queste non sono state campagne elettorali dure.

Potrebbe infatti essere emersa la difficoltà, per alcuni dei candidati, di scagliarsi contro quei competitor che in fondo sono l’espressione di una controparte che siede negli stessi scranni governativi, rendendoli avversari sul territorio ma interlocutori di governo: in questo senso, la dimensione nazionale è stata appannaggio di quelle parti politiche non direttamente coinvolte nell’attività del governo Draghi, complice anche il fatto che il richiamo alla dimensione nazionale ha però fatto emergere più di una difficoltà.

Prima fra tutti, nella coalizione di centrodestra, in cui la definizione tardiva dei candidati ha portato, ad alcuni di questi, uno svantaggio competitivo, dovuto sia ad un gap di notorietà rispetto ai competitor già noti agli elettori e, soprattutto, ad incarnare – più che una vera e propria proposta politica – un compromesso figlio di una mediazione interna serrata in cui si contrappongono due leadership molto forti che oggi però subiscono qualche contraccolpo: da una parte Matteo Salvini, in difficoltà per le voci rumorose interne al partito, per le vicende che han riguardato il suo staff; dall’altra Giorgia Meloni, colpita dell’inchiesta che Fanpage ha rivolto all’interno del suo partito.

Le forze di centrosinistra, così come il MoVimento 5 Stelle e le altre realtà protagoniste di questa competizione, hanno invece tutto l’interesse affinché questa tornata elettorale abbia tutta l’attenzione mediatica possibile: essendo la dimensione locale quella in cui possono esprimere maggiore solidità, hanno spinto i candidati (spesso emersi dalle primarie) dando loro rilevanza nazionale e richiamando, spesso, le esperienze governative.

Secondo una delle regole base della strategia politica quando una delle parti si sente in svantaggio, questa cercherà di abbassare il più possibile le aspettative per preparare il terreno a quella che potrebbe essere una sconfitta ma che tale non deve sembrare.

Il centrodestra sembra aver fatto sua questa massima, lavorando per abbassare le attenzioni e le aspettative. Sarà interessante vedere, a seconda dei risultati, quali saranno – se ci saranno – i contraccolpi sul versante nazionale. Occhi aperti, quindi, anche per questo.


×

Iscriviti alla newsletter