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Letta, Conte e gli altri alla partita del Colle. La bussola di Ocone

Pressing di Conte su elezioni e un nome portato avanti da Letta, cioè Paolo Gentiloni, che avrebbe pure la “benedizione” di Bruxelles. Ma il problema, Gentiloni o non, è che l’ipotesi più logica per il leader del Pd al fine di trovare voti al “centro” è quella di puntare dritto su Forza Italia, per riproporre a Roma (oggi nel voto per il Quirinale domani per altro ancora) la “maggioranza Ursula” che regge l’Unione. La bussola di Corrado Ocone

Le grandi manovre per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica sono entrate nel vivo. L’appuntamento non segnerà solamente il punto più alto di questa legislatura ma contribuirà molto probabilmente a delineare gli equilibri futuri del sistema politico.

Galvanizzato dal risultato delle recenti amministrative, Enrico Letta ha iniziato movimenti più o meno sotterranei per non arrivare impreparato all’appuntamento. E anzi per essere sin da ora il king maker della partita. Così come a destra, anche a sinistra l’imperativo è quello di rinsaldare le truppe dalla propria parte prima di iniziare la ricerca al “centro” o fra eventuali “infedeli” dei voti mancanti per raggiungere la maggioranza (che dal quarto scrutinio sarà semplice e non assoluta) dei “grandi elettori”.

Impresa non facile, dall’una e dall’altra parte, ma che a sinistra fa i conti con le difficoltà di gestione di truppe sciolte quale quelle grilline, le quali trovano un accordo su un solo obiettivo, in verità molto prosaico (segno dei tempi!): qualsiasi soluzione deve far sì che la legislatura non termini prima di settembre 2022, in modo da far maturare la pensione a molti parlamentari che difficilmente saranno rieletti.

In questo orizzonte, il grosso delle truppe grilline converge naturalmente con Enrico Letta che ha detto più volte che intende far continuare la legislatura fino alla fine naturale: ufficialmente per permettere a Draghi di terminare il suo ottimo lavoro, più sostanzialmente per provare a piazzare un “amico” della sinistra sul Colle più alto. E pazienza se il capo politico del Movimento, Giuseppe Conte, insieme forse a qualche nostalgico dem del vecchio governo, debba fare buon viso a cattivo gioco perché alle elezioni tutto sommato gli converrebbe andare il prima possibile.

Letta, in verità, un nome ieri lo aveva portato a tavola, nell’incontro di pranzo con l’ex presidente del Consiglio: quello di Paolo Gentiloni, che avrebbe pure la (non da sottovalutare) “benedizione” di Bruxelles. Sembra però che i grillini, e lo stesso Conte, non gradiscano fino in fondo. Il problema, Gentiloni o non, è che l’ipotesi più logica per Letta al fine di trovare voti al “centro” è quella di puntare dritto su Forza Italia, per riproporre a Roma (oggi nel voto per il Quirinale domani per altro ancora) la “maggioranza Ursula” che regge l’Unione. E con tutta probabilità il Letta zio, cioè Gianni, lo sta aiutando nell’operazione.

L’ala più antisalviniana dei forzisti, che annovera i tre ministri, ha fra l’altro già mostrato disponibilità, facendo indispettire non poco il Cavaliere che invece ha chiuso le porte (almeno per il momento) ad ogni ipotesi di convergenza con la sinistra ben sapendo che un appoggio alla sua candidatura (che è quello a cui lui più tiene) sarebbe impossibile da quella parte: i grillini, soprattutto, ma non solo, non si spingerebbero fino a tanto!

Non è dato sapere con certezza se Draghi aspiri al Colle già a gennaio, ma è molto probabile. Sinistra e Berlusconi per i motivi suddetti lo vorrebbero invece ancora a Palazzo Chigi. Ferma restando la fedeltà di Salvini a Berlusconi (“se si candiderà lo appoggeremo” ha detto), paradossalmente è proprio il leader della Lega che, se il tentativo (in verità difficilissimo seppur non impossibile) del Cavaliere fallisse, sarebbe l’unico a cui una soluzione Draghi tutto sommato potrebbe non dispiacere. Un Salvini che si facesse allora artefice di questa operazione guadagnerebbe in credito (internazionale) e autorevolezza e soprattutto potrebbe contare su un Capo dello Stato non ostile per i prossimi sette anni.

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