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Cosa farà il presidente coreano dai gesuiti a Roma

Il presidente della Corea del Sud, Moo Jae-in, inaugurerà a Roma una mostra allestita da un suo connazionale, lo scultore Kwon Daehun, che ha per tema il rapporto doloroso tra le due Coree. La notizia è stata data in esclusiva a Formiche.net dal rettore della Chiesa di Sant’Ignazio, Vincenzo D’Adamo, che insieme alla comunità di gesuiti  coordinata da Massimo Nevola, si occupa da anni di quella che è l’ex-cappella del primissimo collegio romano della Compagnia di Gesù

Domani, 29 ottobre 2021, a Roma, nella bellissima chiesa di Santi’Ignazio di Loyola – proprio a due passi dal Pantheon – avrà luogo un evento storico. Il presidente della Corea del Sud, Moo Jae-in, inaugurerà la mostra dell’artista Kwon Daehun, suo connazionale e professore presso il dipartimento di scultura dell’Università di Seul. Il titolo della mostra è “Barbed Wires, Heralds of peace”, ovvero, “I Fili Spinati, Annunciatori di pace”. Si tratta di un progetto artistico promosso da Yoong-Man Park, chairman di Doosan Infracore, da sempre attento alle relazioni tra la Corea del Sud e il resto del mondo.

La mostra, come è facile intuire dal titolo, è composta da opere che Daehun ha creato utilizzando il filo spinato che separa le due Coree. Si tratta di 136 Croci, consacrate il 7 ottobre scorso nella cattedrale di Seul, dal cardinale Andrew Yeom Soo-jung. L’artista ha scelto la croce: segno paradossale di un’ingiustizia assoluta, che si risolve però nella riconciliazione più inattesa, e nella speranza di un inizio radicalmente nuovo. Il messaggio è chiaro, e si apre pure alla più laica delle intelligenze, perché interpella l’esperienza di ogni uomo provato dalla sofferenza, e incarna il bivio perenne in cui si trovano le comunità lacerate da tensioni costanti e conflitti atavici.

La visita del presidente Moo Jae-in, in Italia per il G20, è sicuramente il frutto del lavoro ben riuscito dell’ambasciatore della Corea del Sud presso la Santa Sede – e della stima che questi nutre per la comunità gesuita di Sant’Ignazio – ma è pure comprensibile se si legge attentamente la biografia del presidente. Figlio di rifugiati nord-Coreani, Moo Jae-in ha lavorato per anni come avvocato specializzato in diritti umani, prima di diventare, nel maggio del 2017, il secondo presidente cattolico nella storia del Paese. Nel 2018, a meno di un anno dal suo insediamento, è stato il primo presidente sud-Coreano ad entrare in Corea del Nord, riprendendo il confronto diplomatico con il dittatore Kim Jong-un.

La chiesa di Sant’ignazio è da sempre teatro di eventi culturali di rilievo internazionale, e questa volta, come già altre volte in passato, al grande valore artistico dell’iniziativa si affianca quello politico e diplomatico. Chi frequenta Sant’Ignazio sa che lì si incontrano ogni giorno poveri e ricchi, ministri e mendicanti, musulmani, ebrei e cristiani, seduti intorno alla stessa tavola. Tutti quanti, senza distinzione di ceto, o lingua, o cultura, si ritrovano coinvolti nell’unico grande servizio all’uomo che continuamente vi si celebra: quello che va dalla mensa dei poveri all’accoglienza di un capo di governo, eppure rimane sostanzialmente lo stesso.

In questo scenario secolare e particolarissimo si attende l’arrivo di Moon Jae-in. La storia della Compagnia di Gesù, tra l’altro, è costellata di figure che hanno rappresentato un ponte tra l’Oriente e l’Occidente. Da Matteo Ricci a Francesco Saverio e fino ai martiri del ‘900. Ancora oggi, dopo aver regalato un papa alla Chiesa, quest’ordine apostolico continua la sua missione in Oriente e in Occidente, costruendo ponti e offrendo spazi d’incontro  tra paesi, persone e storie che si aprono al paradosso della croce: quel punto in cui si riconosce che nello sguardo del nemico si nasconde, pur sempre, il volto del fratello. La mostra sarà aperta fino al 7 novembre ed è completamente gratuita.

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