Un’offensiva informatica ha paralizzato per diverse ore i distributori di carburante in molte città, compresa la capitale Teheran. Le similitudini con un attacco di luglio contro il sistema ferroviario perpetrato da un gruppo di oppositori al regime
Automobilisti in attesa presso le stazioni di servizio di tutto l’Iran. Un attacco informatico ha mandato in tilt il sistema, pesantemente sussidiato dallo Stato, dei distributori di benzina in differenti città iraniane, compresa la capitale Teheran, costringendoli alla chiusura.
L’attacco, che non è stato rivendicato da nessun gruppo, ha reso inutilizzabili le carte elettroniche emesse dal governo che molti iraniani usano per acquistare carburante grazie alle sovvenzioni pubbliche. La situazione è attesa a un ritorno alla normalità nel giro di 24 ore.
L’offensiva cibernetica è avvenuta una settimana prima del secondo anniversario delle manifestazioni del Movimento verde avvenute nel novembre 2019 e seguite da una forte repressione del regime. Allora le forze di sicurezza avevano arrestato migliaia di persone e secondo Amnesty 304 sarebbero state uccise. Inoltre, l’attacco è avvenuto nel giorno del compleanno del defunto scià Mohammad Reza Pahlavi, nato il 26 ottobre 1919, che, colpito dal cancro, fuggì dal Paese nel 1979 poco prima della rivoluzione islamica.
In alcune città, sui tabelloni digitali è apparsa la scritta “Dov’è il nostro petrolio, [Ali] Khamenei?”, un messaggio diretto alla Guida suprema.con riferimento al caro prezzi carburante che affligge il Paese. Inoltre, gli hacker hanno fatto apparire sulle machine il messaggio “cyber-attack 64411”, il numero dell’ufficio della Guida supremo. Lo stesso mostrato in occasione dell’attacco di luglio contro il sistema ferroviario.
“Questo attacco è stato probabilmente effettuato da un Paese straniero. È troppo presto per dichiarare da quale Paese e in che modo è stato fatto”, ha detto Abolhassan Firouzabadi, segretario del Consiglio supremo del cyberspazio dell’Iran, alla televisione di Stato. Nel passato recente l’Iran ha dichiarato di essere in massima allerta per gli attacchi cibernetici e ha ripetutamente puntato il dito contro gli Stati Uniti e Israele. Che, a loro volta, hanno accusato il regime degli ayatollah di compiere offensive informatiche sia contro di essi, sia contro gruppi di opposizione.
Non è la prima volta negli ultimi mesi che un settore critico per l’economia iraniana viene colpito da un attacco cibernetico. A inizio luglio il sistema ferroviario iraniano era finito nel mirino di – probabilmente – un gruppo di hacktivisti, Indra, che da qualche anno si batte contro i Pasdaran e l’ayatollah Khamenei.
Gli attacchi hanno qualcos’altro in comune, le condizioni difficili in cui versa l’Iran, sotto la morsa delle sanzioni americane e alla ricerca delle condizioni per rientrare, assieme agli Stati Uniti, nell’accordo nucleare Jcpoa. Il tutto, avverrebbe, come sottolineato su Formiche.net nei giorni scorsi nonostante l’arrivo al potere a Teheran di Ebrahim Raisi, “presidente conservatore che però potrebbe tenere un approccio pragmatico su certe questioni – anche perché il ritorno in compliance dell’accordo dovrebbe riaprire all’Iran diverse possibilità commerciali. Davanti a ciò – alla possibilità che la Repubblica islamica trovi un accordo con Paesi ideologicamente nemici e tramite questo si risollevi – le forze reazionarie si muovono. Gli attacchi alle basi di al Tanf o Erbil, così come quelli alle sedi diplomatiche di Baghdad, servono per mantenere alto il livello di tensione e mostrare un lato non potabile dell’Iran”, notavamo.