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Possiamo imporre il diritto italiano all’Egitto? L’importanza della sentenza Regeni

Di Pietro Paganini e Raffaello Morelli

La decisione della Corte di Assise sulla vicenda del giovane ricercatore risponde ad un principio procedurale cardine del convivere in una democrazia liberale tra individui liberi. L’opinione di Pietro Paganini e Raffaello Morelli

Possiamo imporre il diritto italiano all’Egitto? La decisione della Corte di Assise sul caso Regeni è una lezione di politica e di cultura pubblica perché risponde ad un principio cardine della Democrazia Liberale. Alle logiche emotive e burocratiche dobbiamo preferire la capacità di attenersi ai fatti.

La Corte di Assise di Roma ha rimandato al Giudice per l’Udienza Preliminare (che aveva chiesto di procedere) le carte del processo Regeni, a causa della mancanza di prove che siano state davvero notificate le imputazioni ai quattro alti ufficiali egiziani della National Security.

PERCHÉ È IMPORTANTE

È una sentenza fondamentale in termini di politica e di cultura pubblica perché risponde ad un principio procedurale cardine del convivere in una democrazia liberale tra individui liberi.

È uno spartiacque  tra il rispettare le regole scelte dai cittadini e voler trasformare la società  in scontri senza regole di interessi emotivi  tra parti contrapposte, specie se potenti.

La tragica vicenda del trentenne ricercatore cattolico triestino (inviato al Cairo da una università inglese per svolgere attività informative sui sindacati egiziani) è stata trattata a prescindere dalle circostanze di fatto e dai meccanismi di diritto.

Si è unicamente considerato il comprensibile dolore dei familiari, l’offesa alla dignità nazionale (magari agitata apposta) e lo sdegno acritico diffuso dai mezzi di comunicazione sull’onda di un giudizio negativo condiviso circa le attività dei servizi egiziani.

Le burocrazie pubbliche, non sopportando l’offesa ricevuta con la tragedia Regeni, hanno pensato di poter aggirare l’evidente ostruzionismo dell’Egitto, celebrando a Roma il processo in contumacia. Una scelta semplicistica per fare giustizia  almeno a casa nostra.

La giustizia non può essere ridotta ad un processo di piazza, fatto di supposizioni di parte senza rispetto delle norme. Altrimenti anche la giustizia non scaturirebbe da un confronto tra le parti bensì dalle convinzioni unilaterali.

Le  convinzioni unilaterali  escludono in partenza il dato che la vita reale è composta di individui diversi e che la libertà non sta nel proclamare un dover essere ma nel dare a tutti i conviventi la possibilità di discutere e di scegliere, a cominciare dal diritto di difesa.

Il motto di Mussolini  era che la sola libertà è la libertà dello Stato, perché tutto è nello Stato, vale a dire in quello che si ritiene giusto, non nei dati di fatto comprovati.

Le Democrazie Liberali funzionano se si opera seguendo i meccanismi prestabiliti circa i fatti. Dunque non si può prescindere dal rispetto delle procedure vigenti che sono la sostanza effettiva dei rapporti democratici.

Questa sentenza ha spezzato un conformismo consolidato. Non a caso, i tre quotidiani più venduti hanno adottato toni luttuosi. Esprimendo concetti che distorcono l’idea del diritto.

Si vorrebbe imporre all’Egitto le leggi italiane, annientando l’uso fraudolento del diritto dello stato egiziano, che è il cortocircuito dell’idea del diritto e della sua applicazione (ma a noi italiani, chi ci ha dato il compito di parlare per gli egiziani?).

Sono pretese prive di valore costruttivo, che diffondono in Italia il germe del rifiuto della realtà. L’Italia non può avere l’automatico diritto di giurisdizione su quattro agenti segreti che ritiene di dover portare alla sbarra.

Quando lo ritiene giusto, deve prima svolgere azioni politico diplomatiche atte ad ottenerlo. Non può ­– perché  sarebbe sterile a livello internazionale e pericoloso  per il clima della libera convivenza italiana –  sostenere che della notifica di legge ai quattro imputati si dovrebbe fare a meno, in quanto  impossibile rintracciarne il domicilio a causa dell’ostruzionismo di un regime militare che protegge i suoi apparati.

Fare a meno di questa notifica sarebbe davvero mutilare il nostro Paese della sua giurisdizione e della sua potestà punitiva in sede processuale.

È una sola la via per ricordare il povero Regeni in coerenza con la nostra democrazia Libera. Attivare una ferma azione diplomatica verso l’Egitto per ottenere un esame della vicenda nelle Corti italiane o almeno a livello di una Corte internazionale. L’agitarsi emotivo è controproducente.

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