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Facebook, Instagram e WhatsApp down, ecco quanto è costato ogni minuto

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Durante il blocco della piattaforma, Mark Zuckerberg ha visto ridotto il suo patrimonio di circa 7 miliardi. Ma non è l’unico ad avere subito perdite economiche. Dall’India al Perù, i disagi hanno colpito le telecomunicazioni e anche la scuola

200.000 dollari ogni minuto. È questo il calcolo, approssimativo, delle perdite economiche di Facebook durante lo storico blackout di ieri. Questa quantificazione tiene conto del report della CNBC, in cui si sostiene che il gruppo guidato da Mark Zuckerberg guadagna 201.937 dollari al minuto.

Tuttavia, i disagi registrati ieri dagli utenti di Instagram, WhatsApp e Facebook per più di cinque ore, potrebbero essere costati molto di più, non solo alla piattaforma.

Alla chiusura della Borsa di New York, le azioni di Facebook erano cadute di circa il 4,9%: da 343,01 dollari a 323,23 dollari al Nasdaq, provocando perdite nel mercato per circa 10,2 miliardi di dollari. Nell’ultimo mese, il titolo Facebook ha registrato perdite per circa il 15%, dopo le rivelazioni di alcuni dipendenti al Wall Street Journal sui problemi della piattaforma.

“Siamo consapevoli che alcune persone hanno problemi per accedere alle nostre applicazioni e prodotti – ha scritto Facebook su Twitter -. Stiamo lavorando affinché tutto torni alla normalità il prima possibile, e chiediamo scusa per qualsiasi inconveniente”.

Secondo l’agenzia Bloomberg, il blackout di ieri ha ridotto il patrimonio di Zuckerberg di 7 miliardi di dollari, portandolo al quinto posto nella lista dei Billionaires. Dal 13 settembre, quando viaggiava sui 140 miliardi di dollari, il fondatore del social network più popolare al mondo ha perso 19 miliardi.

Ma non è l’unico. Imprenditori di tutto il mondo, che svolgono operazioni commerciali quotidianamente usando la piattaforma, hanno subito perdite ieri. NetBlock, organizzazione che monitora la sicurezza informatica, calcola che il blackout di ieri è costato 160 milioni di dollari all’ora.

“L’impatto della chiusura è stato di grave e vasta portata – sottolinea il The New York Times –, portando a effetto domino imprevisti come l’impossibilità per le persone di accedere ai siti web di shopping o di accedere alle loro smart tv, termostati e altri dispositivi connessi a internet”.

In alcuni paesi come Myanmar e India, per esempio, Facebook è sinonimo di internet. “Più di 3,5 miliardi di persone in tutto il mondo utilizzano Facebook, Instagram, Messenger e WhatsApp per comunicare con amici e familiari, distribuire messaggi politici e condurre affari”, si legge sul Nyt.

Le lezioni della scuola a distanza in Perù, invece, sono state costrette a fermarsi. José Carlos Vera, ex direttore di gestione del Ministero dell’Istruzione peruviano, ha spiegato che i disagi dei social network colpiscono la didattica della scuola in pandemia: “Nel nostro Paese ci sono 64.000 istituti educativi, il che significa che 4,5 milioni di famiglie accedono al servizio educativo […] e sappiamo che il 92,5% di queste famiglie ha come principale strumento di connessione “Imparo a casa” sul cellulare”, che si appoggia, appunto, dai servizi social.

L’occasione è ghiotta per chi chi critica da tempo le Big Tech. Come Thierry Breton, Commissario europeo per il mercato interno e i servizi, che su Twitter ha scritto: “Nello spazio digitale globale, tutti potrebbero sperimentare un disservizio. Gli europei meritano una migliore #resilienza digitale tramite regolamentazione, concorrenza leale, connettività più forte e sicurezza informatica. Lavori in corso. #DSA #DMA #EUCyberResilienceAct”.

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