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Phisikk du role – Ottobre nero, Fanpage e due-tre cose sulla politica italiana

La storia della lobby nera, incistata nelle due famiglie politiche del sovranismo italiano, Fratelli d’Italia e Lega, come una cozza nera nello scoglio, racconta alcune cose interessanti della politica italiana e alcune altre le tace. La rubrica di Pino Pisicchio

In questo primo autunno va di moda il nero. È nero il barone dal nome doppio e sparluccicante, Roberto Jonghi Lavarini. È nera la lobby nazional popolare con l’eurodeputato di Fratelli d’Italia Fidanza come portabandiera, trasbordato dalle sfumature brunite di un’esistenza da ras regionale ad una notorietà nazionale proprio a causa del prezioso colore. È nero il finanziamento oggetto dell’indagine della procura di Milano. Sono nere le esultanze dei commensali nelle cene elettorali in cui si scandivano “boia chi molla” “Heil Hitler” ed altre chicche così.

La storia della lobby nera, incistata nelle due famiglie politiche del sovranismo italiano, Fratelli d’Italia e Lega, come una cozza nera nello scoglio, racconta due-tre cose interessanti della politica italiana e alcune altre le tace.

La prima riguarda la natura in fondo incoercibile della politica: è vero che siamo in una stagione post-ideologica, per cui destra-sinistra-centro rischiano spesso di diventare parole senza senso nei partiti (nel senso di andati via…) che, per prendere voti, possono pure giocare a fare l’asso pigliatutto senza preoccuparsi troppo dei contenuti, vestendosi a giorni alterni da Che Guevara e da Giorgio Almirante redivivi. Ma poi, alla fine, la natura prende il sopravvento e chiede di essere riconosciuta. Fratelli d’Italia alla fine della fiera è il parente più prossimo in scala discendente del Msi che si propose esplicitamente agli italiani come l’erede del pacchetto ideologico che prese effimera vita nella Repubblica di Salò.

Del resto l’immagine vettoriale del partito reca ancora, in linea di continuità col passato, la fiamma tricolore, anche se il supporto- che nelle vecchie stilizzazioni simboleggiava per gli irriducibili il feretro di Mussolini-oggi si illanguidisce in una ideografia innocua. Dunque non c’è da sgranare gli occhi con meraviglia se gruppi di nostalgici si agitano nella pancia del partito nipote del Msi, avendo una leader che nei gruppi giovanili di quel partito si è formata.

Diverso dovrebbe essere per la Lega che nel suo dna recava il germe “popolano” e “antifascista” evocato più volte dal vecchio Senatur Bossi. Ma la Lega ha cambiato da tempo le sue ispirazioni originarie quando scoprì Rodomonte (guerriero spavaldo e esagerato, cfr. Ariosto e M.M. Boiardo) e i social network (cfr. Morisi) alla ricerca del voto totale pescando con le reti a strascico nel mare del sovranismo. E poi ha spesso intinto i suoi istinti nel profondo pensiero di Borghezio, ex eurodeputato, oggi rappresentato in continuità di pensiero negli stessi scranni strasburghesi da tal Ciocca.

Certo, a guardare i protagonisti di questa storia viene più da pensare a Monicelli e alla commedia all’italiana che alla politica. Nel 1973 uscì un film del grande regista dal titolo eloquente: “Vogliamo i colonnelli” in cui si narrava di un gruppo di militari pasticcioni ( era il periodo dei golpe militari falliti in Italia e riusciti in Grecia) che si organizzavano per prendere in mano il potere con la consulenza del generale greco Automatikos. Grandissimo Tognazzi nel ruolo del deputato nostalgico on. Tritoni. Ma, a parte la gradevolezza del film ( a proposito: rimandano in tv tante schifezze ripetute fino allo sfinimento, non sarebbe male talvolta recuperare pellicole così..) e il retrogusto di fradicio, traffichino, magliaro della storia vera raccontata dal giornalista di fanpage, resta il tema del rapporto irrisolto, in casa sovranista, con queste innervature non precisamente rassicuranti.

A proposito: chapeau a fanpage: ogni tanto il giornalismo si ricordi come si fa l’inchiesta.


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