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Come migliorare il finanziamento ai partiti. Le proposte di The Good Lobby

Di Federico Anghelé

The Good Lobby e Transparency International Italia hanno lanciato alcune proposte per migliorare l’attuale finanziamento alla politica, partendo dalla considerazione che di per sé né un sistema con fondi pubblici né uno solo con fondi privati sono garanzia di integrità e privi di rischi. A contare davvero sono l’implementazione della legge e le dosi di trasparenza che si decide di mettere in campo. L’intervento di Federico Anghelé direttore The Good Lobby

L’inchiesta di Fanpage che ha messo in luce presunti finanziamenti illeciti (e politicamente scomodi) a candidati di Fratelli d’Italia alle elezioni amministrative ha fatto emergere una serie di problemi.

Il primo, è che gli italiani sono sempre più assuefatti agli scandali, che evidentemente non scuotono le loro coscienze né spostano i loro voti, come dimostra l’avvenuta elezione in consiglio comunale a Milano dei destinatari di fondi perlomeno dubbi. Il secondo è che – nonostante il clamore giornalistico dell’inchiesta resa pubblica a pochi giorni dal primo turno delle amministrative – la politica non ha nessuna voglia di correre ai ripari e sanare una delle tante ferite che avvelenano la nostra vita pubblica e minano la già compromessa fiducia nelle istituzioni. Ma soprattutto, a più di sette anni dalla legge che ha messo in soffitta il finanziamento pubblico ai partiti, continuiamo a collezionare gravi casi di cronaca che ci inducono a pensare che il finanziamento privato alla politica non solo non sia la panacea ai nostri mali pubblici, ma che vada anche profondamente ripensato.

Prima che siano le sentenze della magistratura a farlo, The Good Lobby e Transparency International Italia hanno appena lanciato alcune proposte per migliorare l’attuale finanziamento alla politica, partendo dalla considerazione che di per sé né un sistema con fondi pubblici né uno solo con fondi privati sono garanzia di integrità e privi di rischi. A contare davvero sono l’implementazione della legge e le dosi di trasparenza che si decide di mettere in campo.

La legge cosiddetta “Spazzacorrotti”, che sulla carta ha cercato di mettere ordine a una materia caotica e all’assenza di prescrizioni efficaci (non) inserite nella legge voluta dall’allora premier Letta che all’inizio del 2014 cancellò il finanziamento pubblico, ha ancora evidenti lacune. La prima riguarda la mancanza di risorse adeguate per la “Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei partiti” a cui spetterebbe il compito di verificare la consistenza dei dati sui fondi ricevuti dai partiti politici. Perennemente sotto organico e priva di mezzi sufficienti a svolgere il proprio ruolo, non riesce neppure ad avere a disposizione i dati e le informazioni necessarie per controllare, in particolar modo sulle fondazioni politiche e su tutti quei soggetti terzi (associazioni, comitati ecc. ecc.) proliferati negli ultimi anni quali veicolo di raccolta fondi.

Ovviamente va rafforzato il ruolo della Commissione dotandola di risorse adeguate, ma vanno iniettate potenti dosi di trasparenza, per far sì che i dati sul finanziamento alla politica siano disponibili a tutti, in modo organico, così come avviene negli Stati Uniti o in Gran Bretagna, in cui il database della Electoral Commission è un esempio che andrebbe preso a modello. Si tratta di un sito web costantemente aggiornato che riguarda candidati, titolari di cariche elettive, forze politiche su cui confluiscono tutti i dati riguardanti i fondi ricevuti, ma anche doni e altre utilità. Uno strumento simile sarebbe indispensabile anche nel nostro Paese, in cui oggi una parte dei dati sono disponibili sul sito del Parlamento in maniera non pienamente accessibile e sui siti dei partiti, confusamente divisi tra pagine nazionali, siti locali, resi online con formati per lo più inutilizzabili. The Good Lobby e Transparency Italia propongono il varo di un unico sito web “istituzionale”, con le informazioni pubblicate in formato aperto e riutilizzabile, allo scopo di consentire un monitoraggio costante ed efficace delle entrate e delle uscite della politica nel suo complesso.

Va poi aggiunto che i dati ad oggi pubblicati sui contributi ricevuti dalla politica – in assenza di chiare indicazioni da parte del legislatore – non sono uniformi tra loro. Ci sono esempi di partiti che pubblicano informazioni di dettaglio dei loro finanziatori e altri che pubblicano invece solo nome e cognome, impedendo di fatto un reale controllo dell’identità del soggetto erogante. Crediamo che l’equilibrio tra la privacy delle persone e il diritto alla conoscenza debba essere risolto una volta per tutte e che occorrano regole chiare per la pubblicazione di informazioni omogenee sui finanziatori che ne permettano una reale identificazione.

Per evitare poi che il finanziamento privato alla politica si traduca – come la cronaca insegna – in un’indebita attività di lobbying, in cui soggetti del mondo business donano a partiti e fondazioni politiche nella speranza di avere in cambio un occhio di riguardo da parte del legislatore, The Good Lobby e Transparency Italia propongono un solido rafforzamento del 2xmille come strumento “democratico” di finanziamento della politica. Un maggiore coinvolgimento dei cittadini permetterebbe infatti di allargare la base dei donatori evitando il rischio che esse siano dipendenti soprattutto dai fondi di alcuni grandi donatori privati in grado di condizionarne l’operato. Lo strumento del 2xmille è un finanziamento pubblico indiretto che mette al centro la volontà e la sensibilità della cittadinanza. Per questo andrebbero lanciate campagne ad hoc per pubblicizzarne l’uso, andrebbero aumentate le risorse disponibili a copertura delle mancate entrate fiscali. E il sistema andrebbe allargato anche alle nuove forze politiche e non solo agli attori più consolidati.

Tutte queste misure andrebbero pensate e introdotte tenendo conto delle difficoltà di chi oggi amministra i conti dei partiti. Per questo andrebbe avviato subito un tavolo tecnico che permetta di arrivare a soluzioni  “legali” che garantiscano un bilanciamento tra la sopravvivenza dei partiti e l’emergente bisogno di trasparenza e integrità: si potrebbe partire da un lavoro congiunto tra esperti, società civile e tesorieri delle forze politiche.

Non dimentichiamoci che la politica ha dei costi consistenti – dalle spese del personale, al mantenimento delle sezioni territoriali, fino ai compensi agli esperti per l’elaborazione di proposte politiche – che non possono essere ulteriormente compresse, pena il definitivo svilimento dei partiti e la loro definitiva trasformazione in cartelli elettorali. Trovare risorse adeguate per la politica e controllarne i flussi finanziari sono elementi essenziali per la tenuta democratica del nostro Paese.

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