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Dal G20 di Roma dipenderà il successo o il fallimento della Cop26

I leader riuniti in Italia dovrebbero sancire la più forte coesione sul fronte climatico. Ma la Cina va a carbone, e nella sua trincea ci sono l’Australia e l’India che difendono le  miniere. Mosca difende l’export di gas e petrolio. Draghi può contare sul sostegno europeo e di Joe Biden che arriva con in tasca il pacchetto da 555 miliardi appena approvato

No, non è proprio un bel clima. Non c’è terrestre ad ogni latitudine che non sappia che la temperatura media della Terra sta toccando vette a noi  umani sconosciute. E non c’è scienziato ad ogni latitudine che non ammetta che tutti i principali indicatori degli ecosistemi terrestri – atmosfera, oceani, ghiacci – stanno mutando a velocità mai osservate, a partire dall’innalzamento del livello del mare con un più 20 centimetri nell’ultimo secolo e un’accelerazione più che doppia negli ultimi 10 anni, che caratterizzerà tutto il XXI secolo con inondazioni costiere nelle aree basse, direttamente proporzionale allo scioglimento dei ghiacci e all’aumento di temperatura media globale.

Nel decennio 2011-2020 la temperatura è stata di 1,09 °C superiore a quella del periodo 1850-1900. Mai così rapida da 200 anni, e mai così elevata da 6.500 anni. E le catastrofi climatiche non sono mai state così frequenti e con vittime e danni gravissimi in tutti i continenti per ondate di calore, siccità prolungate, furiosi incendi e tifoni, cicloni e alluvioni con il corredo di frane nel 90% delle aree mondiali. Con un riscaldamento globale più alto a 2°C, le proiezioni climatiche sono inequivocabili: si faranno più critiche le condizioni per l’acqua e per l’agricoltura nelle regioni più povere del pianeta.

L’attuale ritmo di immissione di gas killer in atmosfera continua però senza freni, e gli scienziati mettono in guardia dal “rischio imminente di toccare 1,5 gradi” perché siamo siamo già a quota 1,2 e le nuove stime sono pessimiste. Fermarci in tempo però è possibile per evitare già intorno al 2030, una decina di anni prima del previsto, un aumento “senza precedenti di eventi meteorologici estremi” e la temperatura in salta anche a più 2,7 gradi centigradi, quasi doppiando la soglia-Maginot “sotto i 2 gradi” sulla quale sei anni fa si attestarono i 195 potenti della Terra firmando il 12 dicembre 2015 l’accordo di Parigi, prendendo però impegni durati il tempo di un disegno sulla sabbia.

Non c’è proprio da stare tranquilli. E se il tipping point delle quantità di carbonio sparate con tranquilla incoscienza in atmosfera sarà raggiunto e forse superato non riusciremo più a tornare allo stato iniziale, e la realtà affiora ogni giorno con i peggiori eventi meteo-climatici che sono alert drammatici.

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi da oggi non ha un compito facile. I leader del G20 giunti a Roma per la due giorni sotto la presidenza di turno italiana, dovrebbero sancire la più forte coesione sul fronte climatico, facendo l’impossibile per restare “entro i 2 gradi” e avviare la transizione energetica green con l’obiettivo di zero emissioni killer nel 2050. Ma la Cina va a carbone e ritiene che eventuali impegni di riduzione di gas climalteranti debbano iniziare solo nel 2030 e l’azzeramento delle emissioni solo dal 2060, e nella sua trincea ci sono l’Australia e l’India che difendono le  miniere di carbone.

Mosca difende l’export di gas e petrolio, e altre e varie convenienze regionali peseranno nel sull’asse euro-atlantico che ha ormai acquisito come ineludibile la data del 2050 come limite entro il quale raggiungere l’obiettivo di emissioni zero e del 2030 per le riduzioni di emissioni di metano dal 30% in su. Un grado e mezzo è impresso comunque nel documento come obiettivo irrinunciabile e, almeno sulla carta, i Venti si sono impegnati anche a de-finanziare nuovi impianti a carbone e a stanziare 100 miliardi di dollari per le energie pulite nei Paesi in via di sviluppo.

Draghi proverà a cercare la massima coesione alla presenza di leader globali come il presidente statunitense Joe Biden, il francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel al suo ultimo vertice, il premier indiano Narendra Modi, il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, e i presidenti della Commissione e del Consiglio Ue, Ursula von der Leyen e Charles Michel. In videoconferenza i presidenti di Cina e Russia, Xi Jinping e Vladimir Putin.

E conta soprattutto sul sostegno europeo e del presidente americano Joe Biden che arriva con in tasca il pacchetto da 555 miliardi appena destinato alla lotta ai cambiamenti climatici. Tutti arrivano con le ferite della dura lezione degli effetti della pandemia climatica – ondate di calore e incendi furiosi, città devastate da alluvioni-lampo, desertificazione e carestie, maree e sollevamento dei mari – e questo, si spera, potrebbe innescare azioni concrete.

E Roma sarà la cartina di tornasole del successo o del fallimento della COP26 di Glasgow, la conferenza clima delle Nazioni Unite programmata dal 31 ottobre al 12 novembre 2021. Draghi da presidente di turno del G20, valorizzerà dunque gli elementi di coesione su questioni cruciali come la battaglia contro il Covid-19, e tenterà di ridurre le divergenze sulle azioni per il clima per evitare il plateale flop che si prospetta a Glasgow.

Nel frattempo all’ultimo sesto drammatico report  appena presentato dall’Intergovernmental Panel on Climate Change, la task force indipendente di 2000 scienziati dei maggiori centri di ricerca di 195 Paesi istituito dalle Nazioni Unite nel 1988 per valutare l’evolversi del clima a livello globale, con anche i nostri climatologi del Cnr e del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, si sono affiancate le denunce dell’inerzia globale come l’ultima dell’Unep, il Programma Onu per l’Ambiente, che indica solo 11 paesi che finora hanno formalizzato con una  legge nazionale l’obiettivo di riduzione, e bolla gli impegni del resto del mondo come “vaghi, ambigui e spesso non coerenti”, avvertendo i negoziatori di Glasgow che senza impegni concreti delle singole nazioni con tagli verificabili alle emissioni-serra la febbre del Pianeta aumenterà vittime, crisi e bancarotte.

Il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres lancia l’ultimo Sos: “Siamo al codice rosso per l’umanità. I campanelli d’allarme sono assordanti e le prove inconfutabili: le emissioni di gas serra dovute alla combustione di combustibili fossili e alla deforestazione stanno soffocando il nostro pianeta e mettendo a rischio immediato miliardi di persone”. Non è più “crisi climatica” ma “emergenza climatica” con l’unico spiraglio realistico e possibile di riuscire a tenere assolutamente il livello sotto i 2°C con riduzioni immediate, rapide e su larga scala delle emissioni nei prossimi 20 anni, altrimenti anche i 3°C saranno probabili e forse saliremo verso i catastrofici più 4 o 5°.

Non c’è però un piano B, e l’unica chance per ridurre i rischi presenti e futuri è impegnarsi a raggiungere la “neutralità carbonica” – CO2 emessa pari a quella assorbita -, nel 2050. Perché l’evoluzione di tutti gli indicatori climatici è più veloce dei modelli previsionali, e la spaventosa realtà che fa definire gli effetti meteo-climatici dall’IPCC come “inevitabili e irreversibili…molti senza precedenti in migliaia, se non centinaia di migliaia di anni, e alcuni tra quelli già in atto, come il continuo aumento del livello del mare, irreversibili in centinaia o migliaia di anni”, è ben visibile anche nella Catania devastata da cicloni  ormai tropicalizzati.

Le nostre città devono adattarsi al clima che cambia, passando a piani-clima di resilienza e prevenzione continua con la certezza di poter ridurre i danni investendo molto meno di quanto potremmo spendere in futuro per ripararli. La Commissione europea accelerato l’impegno a ridurre le emissioni del 55% rispetto ai livelli del 1990 entro fine decennio. Questo significa per noi anche far crescere lavoro ed economie in modo sostenibile, sostenuti dai clamorosi pacchetti finanziari climatici “Fit for 55” dell’Unione, e dal nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Tutto spinge a rinnovare settori industriali ed energetici e sistemi di mobilità. Decarbonizzazione, difese e adattamento al dissesto climatico fa rima anche con business per migliaia di nostre aziende che sono l

In grado di rispondere alle richieste di prodotti e soluzioni per contrastare le nostre due grandi crisi: climatica e socio-economica.


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