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Da Generazione Z a Generazione C, un secolo brevissimo fatto di crisi

È arrivato il tempo di studiare contromisure tecnologiche e socio-economiche tempestive e adeguate d’intensità alla crisi che stiamo affrontando, senza avere paura di mettere mano all’intervento dello Stato

Continuando di questo passo, la Generazione Z potrebbe essere ribattezzata Generazione “C”, dove C rappresenta le crisi, economiche, demografiche, sociali, sanitarie, umanitarie che questa sta affrontando (assieme a tutti noi, un po’ più giovani o un po’ più vecchi). Peccato che l’entusiasmo e le aspettative per l’arrivo del nuovo millennio erano tali da somigliare per molti aspetti all’ottimismo che aveva accompagnato l’inizio del Novecento, con la sua splendente belle époque, salvo poi naufragare in una lunga serie di nefasti eventi. Dovremmo forse abbassare le aspettative per tali cambi di data?

Nel nostro “secolo brevissimo” (per parafrasare Hobsbawm), l’idillio è stato spezzato praticamente sul nascere già nel 2001 con l’attacco alle Torri gemelle, ciò che è diventato il primo dei tre eventi di cesura negli ultimi vent’anni. Dopo il 2001, il mondo, che diventava progressivamente un luogo sempre più piccolo e collegato, ma anche più diffidente, ha quasi sempre subito gli effetti negativi della globalizzazione (anche perché di quelli positivi difficilmente ce ne accorgiamo).

Nel 2008, la grande crisi economica innescata da quella dei mutui subprime americani ha coinvolto tutto il mondo mettendo in ginocchio interi paesi ed intere economie. Quanto avvenuto, parallelamente al progredire delle innovazioni tecnologiche, ha portato alla nascita di nuove economie, definite della condivisione, ed ad un più ampio concetto di sostenibilità che lasciava presagire una reale svolta dopo la tempesta. Nel 2020 poi, è arrivata una doppia crisi, sanitaria ed economica, dalla quale stiamo solo parzialmente venendo fuori, essendo quella sanitaria tutt’altro che risolta sia nei paesi più sviluppati sia in quelli meno sviluppati.

Mentre viviamo ancora gli effetti congiunti di tutti questi tre eventi, già si prospetta una nuova crisi sistemica di cui non riusciamo ancora a comprendere né i contorni né la portata.

In conseguenza della pandemia, dei lockdown e dell’intermittenza dell’attività di varie catene produttive l’intera supply chain globale ha subito prima uno stop di massa e poi una ripartenza asincrona e a singhiozzo che ha causato a sua volta altri stop & go qua e là. Ciò ha causato – e lo farà ancora di più nei prossimi mesi – notevoli problemi alle catene di approvvigionamento, alla scarsità di materie prime e all’aumento stesso dei loro costi. Dalle “terre rare”, ai chip fino al gas naturale, al petrolio e persino al grano nessuno di questi prodotti basilari sembra essere escluso dalla contrazione che ci attende. Secondo i dati rilevati da TrueNumbers, ad esempio, il prezzo del grano è salito del 41% nell’ultimo anno e già oggi vediamo tastiamo in bolletta i primi rincari del costo dell’energia – particolarmente gravosi per un Paese come il nostro che di fatto ne importa il 100%.

Non è del tutto inverosimile, quindi, che potremmo trovarci con case fredde e le dispense semi vuote in virtù anche di un aumento dell’inflazione che – secondo stime Fmi – proseguirà almeno per un altro anno. Tutto ciò, proprio mentre la popolazione italiana diventa sempre più vecchia e la sostenibilità sociale è messa a dura prova. Nel frattempo, c’è già chi sta facendo scorte di pasta e benzina.

Dopo lo scenario da film apocalittico con la pandemia quello che ci aspetta è quello da film post apocalittico in stile Mad Max o Waterworld? Francamente, ne faremmo tutti volentieri a meno ed è arrivato allora il tempo di studiare contromisure tecnologiche e socio-economiche tempestive e adeguate d’intensità, senza avere paura di mettere mano all’intervento dello Stato.



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