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Sotto la cupola. Giovagnoli spiega l’intesa Biden-Francesco

Di Agostino Giovagnoli

Una stagione è finita, un’altra è ancora da scrivere. In Vaticano Joe Biden archivia lo scontro frontale di Trump e trova in papa Francesco un sostegno politico e personale. Restano le distanze sulla Cina, e tramonta per l’America l’idea di un papa “cappellano d’Occidente”. Il commento del prof. Agostino Giovagnoli, storico dell’Università Cattolica di Milano

Joe Biden è andato in Vaticano convinto dell’importanza dell’incontro e contento di vedere nuovamente papa Francesco (la prima volta come Presidente). “È bello essere di nuovo qui” ha detto quando è arrivato con una delegazione molto nutrita e di altissimo livello. Ha poi scherzato con chi lo ha accolto in Vaticano e ha consegnato al Papa al papa doni con una forte impronta personale. A Francesco ha detto “Lei è il più grande combattente per la pace che abbia mai conosciuto” e i suoi elogi sono stati rilanciati dal comunicato della Casa Bianca.

I suoi sentimenti hanno probabilmente trovato corrispondenza nel Papa: l’incontro, molto cordiale, è durato 75 minuiti – 90 con lo scambio di doni – contro i 52 di Obama e il 30 di Trump, come hanno annotato puntigliosamente i cronisti. Insomma, un incontro ben riuscito, al di là delle aspettative.

Biden aveva un interesse specifico: su di lui pesa il giudizio di una parte dell’episcopato americano, che lo mette sotto accusa perché accetta la legislazione sull’aborto (pur essendo personalmente contrario). Il Papa, ha riferito dopo l’incontro, gli ha detto di essere contento che sia un buon cattolico e che riceva l’eucarestia.

Con ogni probabilità è stato autorizzato a rendere pubblica questa parte del colloquio: il papa è contrario alla strumentalizzazione politica che i vescovi americani compiono minacciando Biden di privarlo dell’accesso all’eucarestia. C’è chi ha sottolineato che Biden e Francesco sono uniti dall’ ostilità di una parte dell’episcopato americano di cui soffrono entrambi.

Sono aspetti importanti ma non spiegano tutto. Fra i due c’è anzitutto una forte intesa personale: si sono già incontrati più volte e Francesco ha anche pregato con Biden per la morte del figlio. Ci sono inoltre motivi reali di convergenza politica, ad esempio sugli impegni che deve prendere il G20 in materia di clima e di vaccini per i paesi poveri. Su punti di divergenza come l’atteggiamento del governo americano verso gli immigrati al confine messicano o la maldestra gestione del ritiro dall’Afghanistan, è probabile che Biden capisca e condivida – almeno in parte – le preoccupazioni del papa, anche se le sue scelte vanno in un’altra direzione.

Infine – last but not least – questo incontro completa la svolta dell’atteggiamento americano verso la S. Sede iniziata con la precedente visita di Blinken in Vaticano. Biden ha chiuso l’incredibile stagione trumpiana, durante la quale il Segretario di Stato Mike Pompeo veniva a Roma impartendo lezioni di morale al papa, accusato di disinteresse per la libertà religiosa dei cattolici in Cina.

Dopo la visita di Biden, il comunicato della Santa Sede ha puntualizzato che “non si è mancato di fare riferimento anche alla tutela dei diritti umani, incluso il diritto alla libertà religiosa e di coscienza” e anche il card. Parolin, si è fatto sapere, ha parlato con l’interlocutore americano di libertà religiosa, ribadendo così che Roma ha molto a cuore questo tema.

Ma è probabile che i motivi pastorali dell’atteggiamento di papa Francesco verso questo grande Paese asiatico continueranno a non convergere con gli interessi della politica americana nei confronti della Cina. Non dovrebbero però più ripetersi episodi di arroganza così singolari anche sotto il profilo strettamente diplomatico. E, soprattutto, sembra di capire che gli Stati Uniti non cercheranno più di imporre alla Santa Sede di allinearsi alla loro politica verso la Cina o in altre situazioni cruciali. Che rinunceranno cioè a pretendere un Papa cappellano dell’Occidente.


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