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Salute, perché occorre programmare anche oltre il Pnrr

Presentato il rapporto dell’Istituto per la Competitività (I-Com) sui temi della salute: a rallentare la riforma del sistema sanitario nazionale ha molto contribuito la questione dei grandi incompiuti tra cui i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), le linee guida nazionali sulla telemedicina e la riforma sulle sperimentazioni cliniche

Molise a parte, che costituisce un caso particolarissimo, sono il Veneto e la Toscana le regioni italiane con i migliori servizi sanitari territoriali. Partendo dalle principali variabili riportate nell’Annuario statistico del Servizio sanitario nazionale, i ricercatori dell’Istituto per la Competitività (I-Com) hanno elaborato un indice sintetico che fotografa le disparità regionali in termini di servizi sanitari territoriali. Al quarto posto si posiziona l’Emilia-Romagna con 56 punti mentre nella seconda parte della classifica troviamo con 30 punti la Lombardia i cui risultati dipendono in larga parte da un sistema molto sbilanciato sui servizi ospedalieri anziché sulla componente territoriale. A grande distanza, con 21 punti, si posiziona il Lazio, seguito solamente da Valle d’Aosta (14), Calabria (11) e provincia autonoma di Bolzano (7).

Sono questi alcuni dei dati principali che emergono dal rapporto dal titolo “Programmare dopo la tempesta. Quali modelli di governance e cura per il Ssn post pandemia” condotto da I-Com e presentato oggi nel corso di un’iniziativa a cui hanno preso parte, tra gli altri, il consigliere del ministro dello Sviluppo economico Giovanni Tria, il direttore sanitario dell’Istituto Malattie infettive Lazzaro Spallanzani Francesco Vaia, il dirigente generale RGS-MEF e coordinatore del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali Angela Adduce e il consigliere del direttore generale dell’AIFA Luca Arnaudo.

Lo studio – curato dal presidente dell’istituto Stefano da Empoli e dal direttore dell’area innovazione Eleonora Mazzoni e promosso con il contributo non condizionante di Biogen, Bristol Myers Squibb, Gilead, Gsk, Janssen, Sanofi e Servier – pone l’accento sulla necessità di identificare gli ambiti di intervento e gli strumenti di programmazione necessari a rilanciare il Servizio sanitario nazionale oltre il Covid­19, anche alla luce delle risorse e delle azioni previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Secondo il rapporto I-Com, a rallentare la riforma del sistema sanitario nazionale ha contribuito pure l’annosa questione dei grandi incompiuti. Tra questi, per citarne alcuni, vi sono i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), le linee guida nazionali sulla telemedicina e la riforma sulle sperimentazioni cliniche. Nel primo caso, ad esempio, l’aggiornamento c’è stato ed è avvenuto con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 2017. Le novità previste, tuttavia, non sono ancora diventate operative in assenza dei decreti che fissano le tariffe massime dell’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, così da non rendere fruibili le nuove prestazioni. Il grande assente, in sintesi, è il cosiddetto decreto Tariffe, senza il quale l’accesso ai nuovi LEA di fatto non sarà garantito.

Nel campo della telemedicina, invece, è stato posto un importante tassello per favorire la piena evoluzione del sistema sanitario italiano verso il modello della “Connected care”: si tratta dell’approvazione a dicembre 2020 dell’accordo Stato-regioni sulle “indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni di telemedicina”. In pratica con questo documento la telemedicina è stata riconosciuta ufficialmente dal Servizio sanitario nazionale. Anche in questo caso, però, sono numerosi i nodi ancora da sciogliere.

A tal proposito, “Bene l’approvazione delle linee guida nazionali sulla telemedicina ma velocità di attuazione insoddisfacente. L’assegnazione delle risorse del Pnrr alla fine del 2023 riflette la scarsa ambizione nel traghettare il servizio sanitario verso il futuro”, ha sottolineato il presidente I-Com da Empoli. Che ha poi ricordato le principali criticità che devono essere superate: “Sullo sfondo si deve mettere urgentemente mano a gravi criticità come l’interoperabilità tra i tantissimi database esistenti e le competenze digitali del personale da rafforzare sensibilmente. Se non le aggrediamo con l’adeguata risolutezza, la sanità digitale rimarrà in gran parte sulla carta”.

E ancora il cosiddetto decreto Lorenzin, ossia la legge numero 3 del 2018 che avrebbe dovuto avviare una grande riforma della sanità con una delega al governo su un ampio ventaglio di materie e una serie di novità normative: tra queste, la tutela dell’indipendenza delle sperimentazioni cliniche e la semplificazione burocratica in tale campo. A ostacolare la sua entrata in vigore è ancora una volta la mancanza dei necessari decreti attuativi, che dovrebbero essere circa 22, e che rischiano di rimandare una grande occasione di riforma per il Servizio sanitario nazionale.

Il rapporto I-Com, infine, si concentra anche sul tema delle risorse a disposizione del sistema sanitario. Nonostante si rilevi un aumento del finanziamento corrente a carico dello Stato, che è passato da 71,3 miliardi di euro nel 2001 a oltre 121 nel 2021, secondo le elaborazioni dell’istituto, i fondi previsti per la sanità italiana in termini reali si sono ridotti: dal 2008 al 2018 il tasso medio annuo di crescita composto (Cagr) degli investimenti fissi lordi si è attestato su un valore negativo pari a -2,3%.

“Dopo anni di tagli e definanziamenti, si è aperta finalmente una nuova stagione fatta di riforme e investimenti, anche grazie alle risorse straordinarie previste dal Pnrr”, ha affermato il ministro della Salute Roberto Speranza nel messaggio inviato all’istituto in occasione della presentazione dello studio. “Le opportunità di oggi” – ha continuato ancora – sono senza precedenti e abbiamo bisogno di un grande Patto-Paese per costruire un Servizio sanitario nazionale davvero strutturato e capace non solo di rispondere a nuove potenziali emergenze ma anche di andare incontro ai bisogni di prevenzione, cura e assistenza di ogni cittadino. È questa la sfida più importante del nostro presente”.

“Il Servizio sanitario nazionale dopo la tempesta dovrà essere diverso da quello che abbiamo conosciuto finora”, ha commentato l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato, nel suo video-messaggio. A suo avviso, “occorrono innanzitutto una grande rivoluzione digitale e una velocizzazione di tutti i processi verso la telemedicina, la teleassistenza e il trasferimento di immagini a distanza”. E poi, ancora, “professionisti sanitari dell’assistenza domiciliare: dobbiamo innovare e riformare profondamente il sistema a partire dal territorio e dalle cure primarie se vogliamo veramente arrivare a una sanità di prossimità”.

“La mancata ristrutturazione del Servizio sanitario nazionale si è tradotta, di fatto, in continui tagli che a oggi hanno pregiudicato la gestione della crisi sanitaria dovuta all’epidemia da Covid-19”, ha concluso Mazzoni di I-Com. Secondo la ricercatrice, “non bisogna perdere il treno del Piano nazionale di ripresa e resilienza: i pilastri su cui puntano gli investimenti previsti dal Pnrr per la Missione salute vanno nella direzione giusta, ma si tratta di riforme profonde in un Servizio sanitario nazionale che vanta un grande potenziale, ma mostra altrettante disuguaglianze”.

COVID-19, PERCHÉ LA TENUTA DEL SISTEMA SANITARIO PASSA DAL TERRITORIO di Eleonora Mazzoni


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