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A 60 anni dalla morte, lo spirito di Einaudi ancora ci guida. Scrive Gancia (Lega)

Di Gianna Gancia

Il commento di Gianna Gancia, eurodeputata dalla Lega, che da presidente della provincia di Cuneo, si offrì di supportare il completamento della digitalizzazione delle opere del primo Presidente della Repubblica

Il 30 ottobre del 1961 moriva Luigi Einaudi. Era nato il 24 marzo del 1874, a Carrù, nel cuneese. La “Provincia granda”, come si chiamava da sempre. Per Einaudi era il luogo della sua storia, dei suoi valori. 

Veniva da famiglia molto modesta. Il padre era un esattore delle imposte locali, e Luigi ricordava ancora una ciotola di legno, rabberciata, nella quale il padre raccoglieva le monete delle imposte.

Einaudi fu il più grande economista del Novecento. Fu il più grande liberale. Rispettato da tutti, anche dai suoi avversari ideologici. Anche da Antonio Gramsci e da Palmiro Togliatti, che furono suoi studenti all’Università di Torino.

Benito Mussolini costruì tutta la sua visione autoritaria e corporativistica contro il liberalismo e il liberismo di Einaudi, ma non osò mai impedirgli di pensare e di scrivere. Esattamente come avvenne per Benedetto Croce, l’altra figura titanica del liberalismo del Novecento.

Einaudi diventò ministro del Bilancio nel governo De Gasperi. Diventò poi governatore della Banca d’Italia. Lo diventò per la sua incomparabile competenza. Lo diventò perché aveva una credibilità internazionale senza pari, per un’Italia Paese sconfitto che cercava faticosamente il suo posto nel nuovo ordine mondiale.

Le pressioni su Einaudi perché si mettesse a stampare carta moneta, perché non badasse ai rischi dell’inflazione ma compiacesse i politici che volevano distribuire denaro facile, furono spaventose. Da parte dei socialisti e dei comunisti, ma non solo da parte loro.

L’erede di Quintino Sella disse di no. Lo disse con tutto il peso del suo prestigio, e della sua credibilità internazionale. La lira rimase stabile, senza inflazione. Fu la base del cosiddetto “miracolo italiano”. Nel 1953 il prodotto interno lordo dell’Italia era tornato allo stesso livello di quello del 1938. Nessun Paese europeo, neanche i vincitori della guerra, era riuscito a fare quello che l’Italia di Einaudi e di Alcide De Gasperi era riuscita a fare.

Nel 1948 Einaudi venne eletto presidente della Repubblica. Lui che, con la straordinaria trasparenza e senso della Patria che aveva avuto, di contro ad ogni opportunismo politico, aveva detto che avrebbe votato per la monarchia nel referendum del 1946.

Quando gli annunciarono che sarebbe stato eletto presidente della Repubblica, disse che non era lui la persona che lo meritava, ma Marcello Soleri. Straordinaria figura di liberale piemontese, che aveva provato eroicamente ad opporsi alla presa di potere di Mussolini. Soleri gli scrisse che era troppo vecchio e malato. Solo dopo la rinuncia di Soleri, che morì di lì a breve, Einaudi accettò, e divenne presidente.

Einaudi non fu solo il primo presidente della Repubblica. Fu il presidente che determinò per sempre il ruolo della presidenza della Repubblica. Un ruolo che dovette inventare ex novo. Vi riuscì magnificamente, perché aveva un senso della patria e dello Stato eccelso, che superava le contrapposizioni – e anche le miserie – della politica del momento.

Einaudi fu uno scrittore prolifico. Fin dai giovanissimi anni, e fino a dopo che lasciò la presidenza della Repubblica. Scrisse di ogni argomento. Da giovanissimo, della storia della proprietà terriera nel Comune di Dogliani (dove poi, con i sudati guadagni, comprò la tenuta di San Giacomo, dove produceva e ancora si producono vini).

Einaudi aveva previsto di raccogliere tutti i suoi scritti in una opera omnia, che avrebbe dovuto essere pubblicata da suo figlio, Giulio Einaudi. Si pubblicarono solo sei volumi, che comprendevano i suoi scritti per il Corriere della Sera. Non si pubblicò più niente. È triste dirlo, ma la verosimile ragione per la quale le opere di uno dei più grandi intellettuali del Novecento, padre della Repubblica, non vennero pubblicate, fu che la casa editrice che avrebbe dovuto farlo reputò che non era funzionale al Partito comunista italiano.

Così, le opere del maestro di Gramsci e di Togliatti, diventarono indisponibili.

Nel 2011 si commemorarono i cinquant’anni della morte di Einaudi, a Dogliani. Dove vi è una biblioteca a lui dedicata, molto bella, progettata da Bruno Zevi. Chi commemorò Einaudi al Comune di Dogliani, alla presenza del Presidente della Repubblica dell’epoca, si recò alla biblioteca, e trovò che di Einaudi vi erano non più di una decina di libri.

Eppure Einaudi era stato uno scrittore prolifico. Per più di sessant’anni. Che nella biblioteca a lui dedicata vi fosse una così scarsa presenza delle sue opere non era un problema bibliografico. Era un problema morale.

La Fondazione Luigi Einaudi di Roma, che era stata voluta dallo stesso Einaudi, ai primi anni Novanta aveva prodotto un innovativo progetto per digitalizzare tutti i suoi scritti. Il progetto venne iniziato, ma non completato, per mancanza di fondi.

Avendo avuto conoscenza di questo progetto, come presidente della Provincia di Cuneo mi offrii di supportare il completamento della digitalizzazione delle opere di Einaudi.

Il progetto venne completato, e in tempi brevi. Più di 40.000 pagine di Einaudi sono oggi disponibili online: www.luigieinaudi.it

Sono disponibili agli studiosi. Sono disponibili agli studenti, per i quali sono stati fatti dei percorsi di lettura didattici.

È un caso unico tra i padri della nostra Patria. Che mi auguro non resterà unico.

Per commemorare il cinquantesimo della morte di Einaudi, promossi anche delle Lezioni Einaudi a Cuneo. Vennero tenute da illustri studiosi, tra i quali Francesco Forte (il successore sulla cattedra di Einaudi a Torino), Alberto Quadrio Curzio, Enrico Colombatto, Angelo Maria Petroni. Studiosi di diverso orientamento ideologico, ma uniti dall’ammirazione per uno dei più grandi statisti ed intellettuali della nostra storia. Il cui insegnamento ci è ancora di guida.

(Nella foto il presidente della Repubblica Luigi Einaudi con la signora Ida Einaudi nello studio al Quirinale)

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