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Obiettivi (dichiarati e non) di Mario Draghi. La bussola di Ocone

Ecco i due problemi atavici che ingessano il nostro sistema e che Draghi potrebbe aiutare a risolvere instradando lungo la dritta strada i partiti, che comunque rappresentano la sovranità popolare e che prima o poi dovranno riprendere in mano completamente le redini del comando

Può dirsi che il governo di Mario Draghi abbia un fine palese e due obiettivi più ascosi. Non che il presidente del Consiglio questi ultimi se li sia proposti esplicitamente, ma certo l’augurio che le persone di buon senso si fanno è che, grazie anche all’ampia maggioranza che sorregge l’esecutivo, si possano creare grazie a lui quelle condizioni che ne apprestino, almeno in prospettiva, la soluzione.

Dell’obiettivo palese, e cioè il superamento dell’emergenza epidemiologica e la ripartenza grazie ai fondi europei, è inutile qui parlare. Più importante è invece concentrarsi su quei due problemi atavici che ingessano il nostro sistema e che Draghi potrebbe aiutare a risolvere instradando lungo la dritta strada i partiti, che comunque rappresentano la sovranità popolare e che prima o poi dovranno riprendere in mano completamente le redini del comando.

Mi riferisco in primo luogo a quella generale riscrittura dei poteri e dei ruoli in seno allo Stato che col tempo sono andati vieppiù complicandosi e confondendosi. Il tutto in un turbinio di competenze e limiti non definiti fra i poteri che rendono in qualche modo ingovernabile la macchina. Riscrittura che ovviamente deve avvenire lungo un asse democratico-liberale, occidentale, evitando quella radicale e nuova “normalità” istituzionale paventata ieri sulle colonne de La Stampa da Natalino Irti (e oggi ripresa da Massimo Cacciari). Certo, la via maestra sarebbe stata quella proposta da Marcello Pera di una nuova costituente a questa riscrittura delegata ed eletta su base proporzionale. Per il momento però possiamo realisticamente accontentarci di quanto ha cominciato a fare Draghi con i suoi comportamenti, rispettosi del parlamento e delle forze politiche ma decisionistici nell’atto finale della decisione che pertiene all’esecutivo. Ed è in quest’ottica che va anche letta quella che è parsa come un’ostinazione draghiana sul green pass. In verità, sul passaporto vaccinale si possono avere dubbi come li ha il sottoscritto, ma, dopo aver ascoltato le parti sociali e i partiti, la decisione presa deve essere univoca, non negoziabile ulteriormente come è avvenuto in passato. Anche e soprattutto, direi, per una questione di assunzione e imputazione di responsabilità, che è elemento importantissimo in una democrazia efficace e ben funzionante.

L’altro obiettivo non dichiarato, quello di una legittimazione reciproca fra le forze politiche, per superare una conflittualità basata sulla delegittimazione morale dell’avversario, esso purtroppo sembra lontano dal configurarsi positivamente. Questa campagna elettorale per le comunali che stiamo vivendo ha assunto toni esasperati e ha visto colpi bassi che in una democrazia matura non dovrebbero esserci o assumere le forme deleterie che hanno assunto. Il problema di maturazione delle forze politiche è ben lontano dal realizzarsi e la prossima campagna per l’elezione del Capo dello Stato rischia di lasciare sul terreno morti e feriti. Almeno che non sia ancora una volta Super Mario a trovare una soluzione indolore per il Paese e supportata da tutti. C’è ovviamente da augurarselo.

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